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Raffaele La Capria e i napoletani

Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati.

 

Io so. Così iniziava un famoso articolo di Pasolini. Lui sapeva o presumeva di sapere, insomma aveva un’idea precisa nella testa di quel che era il Palazzo del potere. Ma io come posso cominciare questo articolo sulla monnezza a Napoli, come posso se non con un accorato: Io non so. Io non so, non capisco, eppure vorrei sapere, per scrivere, per far sentire il mio cordoglio per quel che avviene a Napoli, perché, pur non vivendo a Napoli da più di mezzo secolo, Napoli fa parte di me, della mia memoria, e dunque tutto ciò che avviene a Napoli, nel bene e nel male, mi riguarda. Tempo fa, più di dieci anni fa, avevo scritto: “Napoli è una città intellettualmente vivace, dicono. Mostre, convegni… poi esci dalla mostra e dal convegno e ti ritrovi con sdegno in una strada così lontana dalla cultura a causa della lordura, che inevitabilmente sei portato a pensare: Ma non sarebbe meglio, in nome della cultura, cominciare prima a pulire il vico (vicolo) e poi occuparsi del Vico (autore de “La Scienza Nuova”)? “ Ma questi sarcasmi che allora compensavano la mia indignazione oggi non bastano più, torna meglio quel detto di Nietzsche: “Nessuno mente più dell’indignato”.

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Allora per non assumere la parte dell’indignato riprendo il discorso da dove lo avevo lasciato e ricomincio: Io non so. Io vorrei sapere, ma non so. Io non so perché a Napoli si sia arrivati al punto in cui si è, non so come è potuto avvenire, per quali meccanismi perversi si è potuto arrivare, sotto lo sguardo del sindaco, dei commissari, degli amministratori e dei circa due milioni di abitanti che conta la città, fino al punto in cui si è. Com’è stato possibile? Qualcuno avrebbe dovuto spiegarcelo. Ma io ho letto i giornali, ho letto molti articoli, ho letto quello di Saviano su la Repubblica, ho capito che c’entra anche (e quando mai no?) la camorra, ma come effettivamente stanno le cose, nessuno, né i giornalisti, né Saviano, né chi ha amministrato in questi anni la città, ha saputo dirlo. Questa incapacità di sapere, questa nube che confonde le cose, questa mancanza di analisi dei fatti accaduti, è già essa stessa un dato negativo. Perché se non si sa bene come è potuta avvenire una certa cosa, come si può non farla più accadere? Come sì può trovare il rimedio? Come si può riportare l’emergenza alla normalità, là dove è la normalità lo stato d’emergenza?

 

Leggo i giornali e leggo la dichiarazione di Bassolino che lealmente dichiara la sua parte di responsabilità “per non essere riuscito nei tempi giusti a costruire i termovalorizzatori”. Ma perché, gli domando, con la stessa lealtà non dici quali sono le ragioni per cui non sei riuscito a costruirli? Quali le cause? Perché non le hai individuate in tempo? Che vuoi dire «nei tempi giusti”? Se sapevi quali erano i tempi giusti perché li hai oltrepassati? Chi, che cosa, ti ha impedito di intervenire in tempo? Sono queste le risposte che mi aspetterei per sapere qualcosa di più.

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E ora dalla dichiarazione di Bassolino passo a quella di Prodi: “Il governo si assume tutte le responsabilità riguardo a questa emergenza perché sta mettendo in gioco il Paese. Tutti ci osservano e non voglio che l’Italia dia quest’immagine negativa di sé». Bravo Prodi, vedremo cosa saprà fare in breve per cancellare l’immagine negativa che l’Italia sta dando di sé a tutta l’Europa, vedremo cosa si metterà in atto, dopo queste sue dichiarazioni, per fare sparire in tempi brevi la monnezza dalle strade di Napoli. E non solo per cancellare l’immagine che l’Italia dà di sé davanti all’Europa, ma anche perché la monnezza, soprattutto quando viene imprudentemente bruciata nelle strade, porta malattie, tumori e altre gravi conseguenze per la salute dei napoletani e gli abitanti della Campania. E infetta i prodotti dell’ agricoltura. Ma riprendendo le parole di Prodi vorremmo allargarne il significato e dire a Prodi come a qualsiasi altro rappresentante del governo: non è questa assunzione di responsabilità che l’Italia tutta avrebbe dovuto storicamente e da sempre prendersi nei confronti delle regioni meridionali del Paese? Se ne accorgono solo ora, in un momento di emergenza come questo, che Napoli è anche Italia, nonostante il parere contrario del senatore Calderoli? Se nel bel corpo d’Italia la punta della gamba è lasciata andare in cancrena non è tutto il corpo che ne soffre e s’ammala? Oppure rimediamo come vorrebbe Calderoli con una bella amputazione? Dopo queste domande rivolte a Prodi è d’obbligo rivolgerne anche una, e grande, a tutti i napoletani. Cari napoletani, è difficile trovare gente attaccata alla propria città più di voi.

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Raffaele La Capria, Francesco Rosi e Antonio Ghirelli

Quest’ amore è proclamato non solo da versi e canzoni che vanno per il mondo, ma anche da rimpianti, ricordi, nostalgie, da una continua produzione di libri, di incisioni, di gouaches, fotografie, che tramandano la decantata bellezza della nostra città. So di napoletani che da lontano sognano Napoli e so di altri che per averla dovuta abbandonare sono morti. E allora come si spiega che voi abbiate assistito senza batter ciglio e con suprema indifferenza, quasi si trattasse di una città nemica da distruggere, a tutti gli scempi che negli anni hanno devastato la nostra città fino a renderla irriconoscibile? E ora assistiate a questa estrema derisione della monnezza, che se fosse accumulata in un punto farebbe una montagna più alta del Vesuvio? Quando la monnezza ha cominciato ad apparire nelle strade, perché nessun occhio l’ha guardata, si è allarmato, ha denunciato, o fatto qualcosa per fermarla in tempo? Fu distrazione, negligenza, abitudine, abulia, parassitismo, o fu mancanza di senso civico, di spirito di iniziativa, di classe dirigente, di coraggio intellettuale, di orgoglio, di cultura, di amore infine. O di che altro? Vogliamo domandarcelo una buona volta?

(Corriere della Sera 2008)


 

 

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