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La guerra santa di piazza Mercato

La storia del franco algerino Ryad Hannouni  aprì gli occhi a tutti e ci fece capire che il terrorismo islamico passa da Napoli, “lavora” a Napoli, organizza le sue mosse a Napoli. Hannouni fu arrestato dalla Digos il 2 ottobre 2010. E grazie al suo arresto, fu scoperta una cellula che aveva intenzione di compiere attentati in Francia: in dodici furono presi fra Napoli, Marsiglia e Bordeaux . Ha spiegato il magistrato Michele del Prete della Dda di Napoli che per lungo tempo si è occupato di antiterrorismo. “E’ accertato e provato che a Napoli si sono spesso create condizioni favorevoli per ottenere appoggi logistici, scambio di armi e documenti falsi. Sempre in collaborazione con la camorra ovviamente”. Molti i gruppi militanti islamici che hanno agito su Napoli: il gruppo Jamail Tal islam, il gruppo Gcim ( gruppo combattente islamico marocchino) e i militanti del Gia, gruppo islamico algerino. Ora una nuova storia napoletana. Un gruppo di jhadisti frequentatori della moschea di Piazza Mercato.   Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

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È un genio della matematica, il giovane tunisino che nei mesi scorsi ha messo in allarme i servizi di intelligence a Napoli e nel resto d’Italia. Lettera43.it è riuscita a ricostruirne l’identikit: è il capo di un gruppo di simpatizzanti dell’Isis che, a ridosso della strage di Charlie Hebdo, ha ripetutamente lanciato nel pescoso mare dei social network l’amo della propaganda jihadista. Molti hanno abboccato, altri non si sono lasciati infatuare dalle promesse dell’emissario del Califfo su Facebook e Instagram.

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Ma il suo passaggio, dalle parti del Vesuvio, non è rimasto inosservato. Con lui hanno “lavorato” quattro connazionali. Tutti ferventi predicatori d’odio e frequentatori della moschea di piazza Mercato. La più grande e sorvegliata della città dove da tempo si gioca una pericolosa partita tra informatori, agenti segreti e doppiogiochisti. Chokri – il nome è di fantasia – è arrivato a Napoli nel 2011. Figlio di una famiglia facoltosa di Tunisi, fin dalla più tenera età ha dimostrato una spiccata attitudine per le scienze naturali. Con l’adolescenza si è avvicinato al Corano e alla scuola ultraortodossa del Salafismo sunnita diventandone un profondo conoscitore. A 20 anni, o giù di lì, si è iscritto all’Università “Federico II” laureandosi dopo quattro anni col massimo dei voti in Matematica.

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Chi lo conosce lo descrive come un ragazzo taciturno e gentile. Molto appassionato di informatica e amante delle sfogliatelle di una delle più antiche pasticcerie del centro storico. Durante il percorso accademico, la sua formazione religiosa ha subìto però un’accelerazione improvvisa e imprevista. “La regione Campania è un centro nevralgico per i flussi migratori”, spiega un esperto del Viminale, “e per la logistica e l’organizzazione dei centri paramilitari mediorientali. In alcuni quartieri, non è difficile entrare in contatto col sottobosco criminale nordafricano che unisce alla fede per Allah la religione del denaro facile. Napoli è la più grande agenzia di contraffazione di documenti d’Europa. Qui è possibile acquistare di tutto”.

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E forse non è un caso che, proprio di fronte al luogo di preghiera islamica, nel 2011, sia stata scoperta una stamperia clandestina nella quale il titolare, Brahim Chougred, riusciva a riprodurre permessi di soggiorno, passaporti italiani e marocchini, carte d’identità e patenti italiane e marocchine, carte di circolazione, certificati di proprietà del Pra, contratti di assicurazioni automobilistiche e tanto altro ancora con un grado di accuratezza fino a oggi insuperato dagli altri falsari.

Chokri, frattempo, all’attività di ricerca aveva unito l’impegno “religioso” proprio nel centro di culto di piazza Mercato. Ha incontrato altri coetanei e avviato un percorso di “radicalizzazione” religiosa. A poco più di 25 anni, è diventato il capo carismatico di una piccola cellula di sostenitori dell’estremismo islamico. I tunisini hanno iniziato a interessarsi al mondo sottosopra di al-Baghdadi e alle campagne di conquista dell’esercito dell’Isis. Scrivevano molto (troppo, forse) su Facebook, condividendo i post più cruenti della guerra di religione che si sta combattendo nelle alture tra l’Iraq e la Siria.

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In occasione dell’attentato terroristico del 7 gennaio 2015 nella redazione del settimanale satirico francese, i cinque hanno attaccato violentemente l’Imam di piazza Mercato. Colpevole – secondo loro – di aver espresso solidarietà alle vittime dell’agguato e di aver condannato il ricorso alla violenza. È stata una scena rimasta impressa nella mente degli islamici napoletani.

“Hanno iniziato a inveire appena concluso il sermone”, spiega un marocchino presente a quell’incontro, “rivolgendo accuse molto gravi all’Imam e apostrofandolo come un ‘fiancheggiatore’ degli infedeli e dei cristiani. Subito dopo, sono andati via. Non si era mai vista una cosa del genere”. Dopo quell’affondo, il genio della matematica che aspira al martirio non si è più fatto vedere. Indecifrabile come un’equazione con troppe incognite, è sparito dai radar.

(Simone Di Meo, Lettera43.it)

 

 

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