De Laurentiis e De Magistris stadio San Paolo-2

La cittadella e il cesso

di Ernesto Santovito

Venticinque anni fa abbiamo speso 1.250 miliardi di lire, una sbarazzina Gianna Nannini cantava “notti magiche” ed un giovane Luca Cordero di Montezemolo doveva consegnarci un’Italia mondiale, almeno nelle strutture sportive. Ma, ahimè, Italia ’90 è stata archiviata come il campionato mondiale dello spreco e delle ennesime occasioni perdute. L’emblema è il San Paolo.

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Aurelio De Laurentiis

“Questo stadio è un cesso. Mi vergogno. E paghiamo anche un fitto molto alto, troppo alto. Anche il Coni ce l’ha detto del resto  ”. Aurelio De Laurentiis ha sferrato il suo attacco, senza andare per il sottile. Come è nel suo non stile. L’affair San Paolo divide il presidente del Napoli ed il sindaco. “Noi siamo la Napoli vincente. De Magistris davvero non lo capisco. E dire che l’ultima volta che l’ho visto ci siamo anche abbracciati…”  

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Luigi De Magistris

“Un cesso? Allora facesse presto a mettere i soldi per farlo diventare un salotto. Se non intende farlo si gira pagina. Ho cominciato a lavorare ad un piano di riserva, un modello creativo unico, tutto napoletano, con finanziamenti in parte pubblici e in parte il crowd funding. Entro fine 2015  dobbiamo chiudere la partita, in un modo o nell’altro”. De Magistris non ci sta a farsi prendere a  cazzotti. E neanche ad essere accomunato alla Napoli perdente.

Uno accanto all’altro, inseparabili allo stadio. Nelle partite casalinghe il posto alla destra del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis c’era sempre lui, il sindaco Luigi De Magistris. Dem & Del, quattro anni fa erano uniti da un progetto ambizioso, la Cittadella dello Sport e del divertimento. L’architettura del progetto semplice, una sinergia già sperimentata: il Comune mette le aree, i privati il progetto e le fonti di investimento. In pratica un’operazione tipo Centro direzionale.

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Dem & Del, insieme per la Cittadella

Il libro dei sogni. Una nuova vita per quell’area che da Fuorigrotta arriva a Bagnoli, con il San Paolo che doveva essere cuore pulsante. Una Cittadella che doveva vivere di palestre e piscine, benessere e tempo libero. Un polo del divertimento e dello sport  che partendo dalla Mostra d’Oltremare doveva comprendere Edenlandia, lo zoo, la nuova Bagnoli ed Agnano con l’ippodromo e le Terme. Un circuito del tempo libero con attività culturali, ludiche e sportive.  E, naturalmente, nello stadio attività commerciali nel segno dell’intrattenimento, una catena di negozi, non solo sportivi, ristoranti, pizzerie e, una moderna sala multicinema, sulla falsariga delle esperienze di grandi stadi nel mondo.

Poi è finita come è finita. Come al gioco dell’oca dopo quattro anni si è tornati al punto di partenza. Il San Paolo, terzo in Italia per capienza dopo il Meazza di Milano e l’Olimpico di Roma, è stato inaugurato nel 1959, siamo alla preistoria degli impianti. Ristrutturato in occasione dei Campionati europei del 1980 e poi in occasione dei Mondiali di calcio ospitati dall’Italia nel 1990.

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L’erba dello stadio vicino è sempre più verde

Il San Paolo è un dibattito sempre aperto. Con un “manifesto in difesa dell’architettura moderna” sottoscritto da (Raffaele Aragona, Corrado Bèguinot, Pasquale Belfiore, Raffaele Cercola, Fabrizio Cocchia, Ugo Carughi, Sergio Fedele, Franco Fronzoni, Stefano Gizzi, Luigi Labruna, Paolo Macry, Giuseppe Mariconda, Gerardo Mazziotti, Gilberto Marselli, Aldo Masullo, Massimo Pica Ciamarra,Massimo Rosi, Riccardo Rosi e Michele Serio) sono scesi in campo un gruppo di intellettuali napoletani.

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“Ribadiamo la nostra decisa contrarietà a tutti i progetti che prevedono di inglobare lo stadio all’interno di osceni involucri che cancellerebbero per sempre dal panorama cittadino una delle opere più significative dell’architettura moderna mondiale. E che impedirebbero l’inserimento tra i beni contemplati dal Decreto Legge numero 42 del 22 gennaio 2004 “di un’opera che può essere messa in relazione con la migliore produzione architettonica italiana e internazionale per la essenzialità della concezione che coniuga felicemente gli aspetti strutturali e quelli espressivi in una sintesi assoluta.

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Ci rivolgiamo pertanto a quanti hanno a cuore le sorti delle memorie cittadine di arte, di storia e di cultura perché chiedano con noi che lo stadio sia recuperato come “cittadella dello sport” per essere destinato alle quotidiane attività ludiche e sportive della gioventù napoletana e alle manifestazioni nazionali e internazionali di atletica leggera.  Le piste realizzate ai bordi del campo di calcio non sono mai state utilizzate nei 56 anni di vita del San Paolo.  Lo stadio del Calcio del Napoli, con le attrezzature commerciali e di svago necessarie per una gestione economica della struttura, va realizzato fuori dalla cinta urbana, nella zona meglio servita dalle reti stradali e ferroviarie della città metropolitana, istituita anche perché possa accogliere tutte le grandi infrastrutture necessarie a una città di oltre tre milioni di abitanti.”

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