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Squartati

di Nico Pirozzi

È lecito ritenere la Campania terra franca della camorra e, più in generale, dl malaffare? La vicenda del voto inquinato a Quarto è un campanello d’allarme o il naturale epilogo di un male che affonda le sue radici nel passato? Cosa e quanto condiziona la camorra in Campania?

 

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Potrei dire quasi tutto, giusto per non far torto a nessuno. No. Alla luce del suo livello di infiltrazione e di complicità, da un lato, e di inefficacia dell’azione di contrasto da parte dello Stato, dall’altro, la camorra condiziona tutti gli aspetti del vivere sociale in Campania (e di una grossa parte del Paese). Cominciamo col dire che ha condizionato lo sviluppo di una regione che, salvo rare eccezioni, è ostaggio di una classe dirigente incapace, che alla meritocrazia ha sempre preferito il criterio dell’appartenenza.

La mancanza di serie politiche di sviluppo ha così compromesso l’economia, avvelenata da investimenti di illecita provenienza e dall’asfissiante presenza dei clan, quando l’impresa ha avuto i crismi della legalità; l’assenza di prospettive ha finito con il condizionare il voto degli elettori, prigionieri di logiche di potere baronale, dove il diritto è stato spesso inteso come una concessione del potere.

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Quarto

In questa sorta di effetto a cascata non ha avuto vita facile la cultura, che prigioniera del disagio e della scarsa qualità dell’istruzione scolastica non è mai stata in grado di rappresentare un momento di rottura e riscatto per centinaia di giovani e meno giovani. Morale della storia, quest’insieme di contraddizioni hanno finito con il condizionare la vita stessa degli individui, per i quali si sono prospettate due sole alternative: accettare le regole dell’esistente o andar via. Potremmo fermarci qui, per descrivere una realtà che tutti conoscono, ma che in troppi fingono di non vedere o capire. Se le cose stanno in questi termini come è stato possibile sperare che a questa logica sfuggisse un partito, o – a maggior ragione – un’amministrazione?

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Il consiglio comunale di Quarto

Detto in altro modo, è come credere che esorcizzando il male sia possibile escluderlo dalla propria vita. Aggiungo anche che non so (e non mi interessa nemmeno sapere) se il sindaco di Quarto o il consigliere De Robbio abbiano avuto legami con la camorra, perché sarebbe come voler dare un nome ai milioni di microrganismi che hanno generato un’infezione che ha causato la morte del malato. Per un medico o uno scienziato, questo sarà anche importante, lo ammetto. Ma per la stragrande maggioranza di cittadini onesti, che quotidianamente devono fare i conti con una realtà infetta e putrida, conoscere il nome del killer che li ha condannati a morte, poco conta.

Se ciò è vero, non si può certo negare che il voto inquinato, pur rappresentando una delle principali cause di cattiva amministrazione, è pur sempre conseguenza (e quindi, effetto) di precedenti e mai rimosse contraddizioni. E a questo punto torniamo sulla vicenda Quarto.

Via Consolare campana

Via Consolare campana

Per rendersi conto di ciò che è accaduto in quest’angolo della provincia di Napoli, basta andare a Quarto: un paesone di quasi cinquantamila abitanti, sorto all’interno di una depressione di origine vulcanica, che fino a meno di settant’anni fa era una frazione agricola della confinante Marano. E, prim’ancora, parte di quella straordinaria opera di ingegno passata alla storia con il nome di Consolare Campana (la strada che collegava il porto dell’antica Puteoli alla via Appia e a Roma). Nel giro di tre decenni (dal 1971 al 2001) Quarto ha quintuplicato i suoi abitanti, passando dai poco più di ottomila abitanti censiti nel 1971 ai quasi quarantamila di trent’anni dopo. Questo a discapito di un territorio che – come gran parte della provincia di Napoli – è letteralmente affogato nel cemento della camorra (e nel malessere di una popolazione costretta a una qualità della vita prossima allo zero).

La discarica di Pianura

La discarica di Pianura

Quella stessa camorra che da almeno cinquant’anni è la vera padrona di Quarto. E, restando in zona e senza voler far torto a nessuno, di tutta l’area flegrea, dell’intero comprensorio a nord di Napoli e dell’agro aversano e domizio: a occhio e croce un terzo dell’intera popolazione campana distribuita in un’area circoscritta a non più di una cinquantina dei 550 Comuni della regione e a sei dei trenta quartieri di Napoli. È qui, in quest’area ben definita, sospesa tra le rovine della città delle Fabule Atellane, le Vele di Scampia, la mega discarica di Pianura e l’antica Silva Gallinaria, il focolaio dell’infezione. Quella stessa infezione, che dopo aver contagiato l’intera regione si è esteso alla Penisola e, grazie anche alla globalizzazione, all’intero pianeta.

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L’arresto di Francesco Schiavone

Difatti, è qui, in quest’angolo di Campania dove lo Stato si è dato alla latitanza e la camorra si è fatta Stato, che hanno trovato consenso e protezione i vari Schiavone, Zagaria, Iovine, Polverino, Mallardo, Di Lauro, Nuvoletta, Scotti, Abbinante e via dicendo; è qui che ha visto la luce quel mostro chiamato “Terra dei fuochi”; ed è sempre qui che i Casalesi hanno “intombato” milioni di tonnellate di rifiuti tossici e nocivi, e la politica ha “confinato” almeno quattro milioni di tonnellate di ecoballe che continuano a generare profitti a sei zeri ai vari clan. Sarà anche un caso ma è sempre qui che ha avuto uno dei suoi principali rubinetti di voti il pentapartito, fino a un quarto di secolo fa, Forza Italia e il Pdl, per quasi vent’anni; sarà anche un caso ma è qui che si concentra almeno la metà degli 86 consigli comunali della Campania sciolti per mafia, dal 1991 ad oggi.

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Il sorridente arresto di Antonio Iovine

Sarà anche un caso ma è sempre qui che la camorra ha registrato la sua più importante e significativa metamorfosi, identificabile in quella che è oggi una sorta di triade di poteri: criminale, economico e politico. Difficile da decifrare e, ancor di più, da contrastare.

Sarà anche un pregiudizio ma pensare di fare politica qui, in queste terre dove anche la speranza è contaminata, è mera follia. Non fosse altro che qui, in quest’angolo di Campania che ha cancellato l’aggettivo “felix” da tempo, la parola politica è scomparsa dal dizionario da almeno cinquant’anni, nel silenzio assordante di quelle stesse istituzioni che oggi si meravigliano dell’ovvio.

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Un pensiero su “Squartati

  1. Gennarino

    Riguardo alla cultura, credo che le persone, i ragazzi soprattutto, la vedano più come un mezzo per trovare lavoro anziché come una crescita personale. Ed alcuni sono sfiduciati. Alcuni accettano con rassegnazione l’idea di andare in un’altra regione. Per lavoro, ancora una volta non come crescita personale che potrebbe farli tornare a casa per formare una cooperativa con cui dare lavoro a chi non ha voluto o potuto allontanarsi.

    Replica

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