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Dalla camicia nera alla camicia rossa

 di Piero Ostellino

La Resistenza non ha cancellato le responsabilità culturali e politiche di chi era stato fascista e, dopo la caduta del fascismo, si era rapidamente trasformato in un (falso) difensore delle libertà conquistate. È questo il pesante lascito culturale e politico della Resistenza sulla nostra giovane e imperfetta democrazia. Sono venuti al pettine i nodi non risolti nel 1945, quando gli italiani si illusero, e contrabbandarono l’illusione, che, avendo sostituito la camicia nera che aveva indossato fino a quel momento con quella rossa, la democrazia fosse automaticamente tornata in Italia

renzi-ducPerché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità. Un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti, dimenticati. Per riproporre interviste e reportage dei giorni nostri.

Contestato Panebianco , interrotta la lezione

Contestato Panebianco , interrotta la lezione

 

L’aggressione da parte di facinorosi di estrema sinistra ad Angelo Panebianco, impedito dai loro schiamazzi di tenere lezione, ricorda che non c’è stata e ancora non c’è una chiara demarcazione fra i metodi di una certa sinistra e quelli che erano stati del fascismo.

Sono venuti al pettine i nodi non risolti nel 1945, quando gli italiani si illusero, e contrabbandarono l’illusione, che, avendo sostituito la camicia nera che aveva indossato fino a quel momento con quella rossa, la democrazia fosse automaticamente tornata in Italia. In realtà, la Resistenza aveva semplicemente sconfitto il fascismo, ma non aveva ancora instaurato la democrazia nel nome della quale la stessa Resistenza pure era stata combattuta, almeno da una sua parte, quella cattolica, liberale, repubblicana, socialista.

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Piero Osatellino

 

 

Per creare le condizioni di un’autentica forma mentale democratica sarebbe stato necessario riflettere su ciò che era stato il fascismo, perché fosse durato tanto a lungo e quali fossero stati i fondamenti culturali di chi aveva combattuto nella Resistenza da una certa parte, quella comunista, pur meritoria.

La mancata riflessione ha finito col rivelare una correlazione fra i metodi squadristi del fascismo e l’intolleranza della sinistra di matrice comunista, allergica alla libertà d’opinione altrui e convinta che in Europa Orientale l’occupazione militare sovietica avesse instaurato democrazie superiori e non semplici dittature. Il fatto che l’Urss avesse contribuito internazionalmente alla caduta del fascismo non ha fatto del suo sistema politico una forma di democrazia superiore a quella borghese.

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È, perciò, del tutto inutile prendersela ora con i quattro facinorosi che hanno aggredito il professore liberale, e condannarli moralmente e politicamente se non si riflette sull’esito della Resistenza e su ciò che ha significato la caduta del fascismo ad opera di una opposizione che propugnava la nascita anche in Italia di una democrazia popolare che del fascismo aveva la stessa natura totalitaria.

La Resistenza non ha cancellato le responsabilità culturali e politiche di chi era stato fascista e, dopo la caduta del fascismo, si era rapidamente trasformato in un (falso) difensore delle libertà conquistate. È questo il pesante lascito culturale e politico della Resistenza sulla nostra giovane e imperfetta democrazia. La verità è che nel 1948 l’Italia è stata salvata dal voto delle donne, che hanno scelto in massa la Democrazia cristiana e i partiti ad essa alleati, allontanando lo spettro di una trasformazione del Paese in una democrazia (si fa per dire) di tipo sovietico per cui si era battuta la Resistenza comunista.

(Piero Ostellino, il Giornale)

 

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