di Franz Krauspenhaar
Sfilano le facce, ah quello è Bettazzini, il marito di, è l’unico che non ha tracce di sudore né di sconvolgimento. È un mercante di sangue e di carne, è un simmenthaliano convinto, garretti e soci sono stati il suo pasto nella sua prima vita, quando giocò bene ma non troppo nel calcio storico fiorentino.
Ora gli schiavi arricchiti già si lamentano. Hanno caldo, hanno freddo, hanno il fuso, hanno la lampada di Aladino rovesciata come una clessidra. A mia madre chiedo chi sia la conduttrice al patibolo di cotanti eroi del nostro tempo. Come me, dice che la conosce ma non ricorda chi sia. La nostra condanna di contemporanei è di conoscere un sacco di persone senza ricordarli. Sono facce, sono figurazioni carnali, sono ombre a colori sugli schermi, sono pesci in un acquario.
A me, ora che ci penso, pare di aver riconosciuto una soubrette ora allo sfascio, la faccia rivoltata dalla chirurgia plastica. Una pazza incazzosa che fu nell’interregno tra una valletta è una starlette. Nelle sabbie mobili della carriera.
Siamo al tramonto dei reality, è questione di tempo. Questo è uno dei più tristi: famosi solo di nome, che non mangiano, o fanno finta di mangiare meno di quello che mangiano, in un’isola del Centroamerica, per farsi di nuovo ricordare. L’impresa vera è quella.
genio, sempre