di Adolfo Mollichelli
Di nuovo lassù. Spalletti che canta amico war non sarà contento, E’ il calcio bellezza. Che a volte ha aspetti comici. Ma sì, ridere fa bene alla salute. Come il rigore provocato da Angella su Maggio che è stato un incrocio di sgambetti. Come la parata goffa di Scuffet sull’esecuzione floscia di Jorginho. E però, il brasiliano-italiano stando a Napoli ha imparato l’arte di arrangiarsi e allora ha tramutato in gol l’assist del portiere udinese, lento come una lumaca.
Non è un caso che Scuffet (che nome curioso) sia stato messo da parte per ben sette partite consecutive. Fino all’arrivo di Oddo. Era stato individuato come un secondo Buffon. Per ora, gli somiglia fisicamente e svagatamente.
Prezioso, il Jorginho goleador a puntate. Perché permette agli azzurri di sbancare una piazza che raramente è stata festante. Bissata la vittoria nella casa dei Pozzo che si chiama Dacia come quell’auto che nessuno voleva, neanche in regalo.
C’era da aspettarsela una partita vibrante da parte dei friulani. Quando si cambia tecnico si ha quasi sempre una scossa. Da Del Neri a Oddo il giovane dev’essere stato come uno choc in positivo. Ma non è bastato. Perché la banda sarriana si presenta con quella faccia un po’ così, furbesca e fintamente svagata, caratteristica della quale gli antagonisti di turno hanno imparato a diffidare.
E quindi chiusi e compatti i friulani che spesso in qualche modo sono riusciti a sporcare le linee di passaggio, quei triangoli magici ed euclidei che affascinano e dannano. Una timida guardata a vista di Fofana, che ha il ciuffo dietro, su Hamsik che è già affaticato di suo e quindi maginot o sigfrido laddove era possibile.
Sfibrato per lunghi tratti da una contesa che sembrava infarcita di troppi vorrei ma non posso m’è venuto in soccorso il ricordo di Nereo Rocco, il paròn dalla saggezza infinita. Che diceva: chi vorrei nella mia squadra? Un portiere che pari, un assassino in difesa, un genio a centrocampo, un mona che la butti sempre dentro e altri sette che corrano.
Tornando al presente, deduco: Reina ha parato due tiri, niente di che. Il killer in difesa (Koulibaly) il suo l’ha fatto e senza neppure doversi dannare più di tanto.
Ma il genio a centrocampo stavolta era alla ricerca continua della lampada senza mai trovare la caverna giusta. E quanto al mona che la butti dentro, neanche a parlarne.
Eppure, ce n’erano ben tre lì davanti: imprecisi e svogliati. O semplicemente spompati. Così s’è finito col correre sul prato della Dacia come in una campestre. Anche per colpa degli avversari, spigolosi e nel complesso scarsetti assai. Tant’è che ho pensato: ma vuoi vedere che i nostri eroi – inconsciamente, per carità – hanno in mente quegli altri bianconeri che incroceranno di venerdì?
Può darsi. Certo che i discepoli di Euclide-Sarri hanno abituato male gli spettatori: triangoli, quadrilateri, rombi, esagoni, pentagoni. Figure disegnate a velocità quasi supersonica, altrimenti si arrabbiano i miei amici delle Frecce Tricolori.
Poche volte c’è stato il sussulto emotivo. A tratti s’è intravisto il possibile timore di andare incontro al colpo duro, quello da kappaò. Perché non tutti i furlani, ma qualcuno sì andava alla ricerca del tackle fuori ordinanza.
Come quel tizio strano che risponde al nome di Adnan che con rabbia s’è strappato la maglietta di dosso. E volete che qualcuno degli azzurri, magari quelli un po’ acciaccatelli non abbiano pensato: ma questo pazzo può farci del male, meglio girargli al largo.
Cambia che ti passa. Così canta zio Maurizio. Ma stavolta non è andata come le altre volte, con i freschi in campo a regalare la magìa istantanea, di cui è esperto il polacco tosto e geniale che si chiama Zielinski. E così, la storia già finita è diventata una storia infinita. Con il risultato sempre in bilico e con l’offerta gradita di chef Oddo che ha pensato di esibire una Lasagna scipita. Che Reina e compagni hanno giudicato senza ricotta e polpettine.
Risultato ineccepibile a capo di una contesa strana. Che ha fruttato una vittoria, un’altra, che servirà a tirare un po’ il fiato sempre da primi della classe.
Senza squilli ma con la solita forza interiore che fa sì che si superino i momenti così così senza perdere la bussola e, soprattutto, punti.
L’Inter dell’amico war è stata ricacciata dietro, sulla seconda poltrona. Venerdì si presenterà l’occasione di far sprofondare nel limbo i bianconeri esacampioni che sono ancora alla ricerca della formazione ideale. Ma tant’è. Due filosofie a confronto. Quella del conte Max che odia i numeretti e le formule. E quella di zio Maurizio che quando nessuno l’ascolta sussurra Euclide sono io. Ne sono certo.
Dottor Mollichelli, i suoi articoli sono quanto di meglio ci possa essere per comprendere e compendiare la partita del Napoli. La sua sagacia, la cultura e l’ironia, nonchè la sua grande competenza calcistica sono qualcosa di irrinunciabile per meglio gustarsi la giornata di campionato. La ammiro profondamente. Sinceramente grazie.