Valerio Caprara

Valerio Caprara

Professore di Storia e critica del cinema all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” e dal 1979 critico cinematografico del quotidiano “Il Mattino”. Presidente della Campania Film Commission.

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Overdose zuccherina con Siani

di Valerio Caprara

Mettiamola così: da una parte l’uomo dagli occhi azzurri e l’espressione malandrina e l’attore padrone della battuta e della scena, il personaggio mai volgare, un po’ comico e un po’ romantico, il vendicatore nazionale del botteghino perduto e il beniamino della napoletanità che sta per officiare nel tempio del San Carlo lo spettacolo scritto con Maradona e interpretato dallo stesso in memoria e onore dello scudetto vinto dagli azzurri; dall’altra i critici che passano per essere astrusi, arcigni e invidiosi del successo.

b6c35c4c-a145-4683-a201-139531d022e1Dunque il confronto è impari per chi vuole giudicare “Mister Felicità”, il terzo film diretto e interpretato da Siani, anche perché la ricetta è sempre quella di un passatempo light incorniciato in un paesaggio favolistico: stavolta l’antieroe vive mantenuto dalla sorella Dell’Anna in Svizzera, incontra il guru del “pensiero positivo” Abatantuono e grazie a un equivoco cerca di fare soldi spacciandosi per lui con lo pseudonimo del titolo.

000932 Una campionessa di pattinaggio caduta in depressione rappresenterà l’occasione giusta per guarire (senza rinunciare alle stimmate della patria fannullaggine) anche se stesso. Qualche duetto con l’ormai ciclopico e sempre più inceronato Abatantuono è divertente, la Dell’Anna è una presenza gradevole e la Signoris immette un po’ di cattiveria per preservare il film dall’overdose zuccherina.

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Quello che sorprende, però, è un inopinato pressapochismo produttivo, evidenziato da notevoli zigzag di sceneggiatura che danno l’impressione di essere il frutto di una serie di aggiusti, cambi e/o rammendi. Così, nonostante il coraggio con cui Siani rinuncia a rifugiarsi nelle ambientazioni nostrane in cui nuoterebbe come un delfino nell’oceano, il ritmo batte spesso a vuoto e gli scatti della trama talvolta s’ingarbugliano a scapito delle risate che comunque non mancano in quanto legate all’autosufficienza del talento. Tanto che il mattatore pronuncia la battuta finale guardando in macchina, come nelle farse vintage del dopoguerra. Se sta bene al pubblico che altrimenti non va il cinema, anche per noi è ok.

 

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