di Maurizio Borra* e Giuseppe Crimaldi*
Abbiamo voluto rifletterci bene prima di intervenire, prendendoci alcuni giorni prima di dire la nostra. Quando, con il presidente della Federazione Italia-Israele Maurizio Borra, ci siamo sentiti al telefono per decidere se pubblicare o meno un comunicato sulla questione di “Gerusalemme Capitale”, alla fine abbiamo deciso di non lasciarci andare a dichiarazioni impulsive: anche perché ciascuno – prima di aprir bocca – dovrebbe non solo contare fino a dieci, ma soprattutto tenere connessa la lingua al cervello. Ma adesso non possiamo più tacere. Ed è giunto il momento di dire quello che pensiamo.
Ne sono successe di cose in quest’ultima settimana. Oltre alla decisione dell’amministrazione americana (Trump non ha fatto altro che ufficializzare una risoluzione del Congresso degli Stati Uniti presa già venti anni fa, sottoscrivendo le parole di due suoi predecessori alla Casa Bianca), abbiamo registrato, nell’ordine:
1) l’infiammarsi del conflitto israelo-palestinese, con la consueta chiamata alle armi di Hamas contro Israele
2) la immancabile scia di sangue, con agguati terroristici a Gerusalemme, lancio di razzi da Gaza su Sderot
3) l’altalenante posizione dell’Alto Rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione Europea, Federica Mogherini (con uno stop and go di dichiarazioni ovviamente tese a lisciare il pelo del lupo, cioè del mondo islamico)
4) l’ennesima provocazione del dittatore turco Erdogan: uno che di diritti umani sì che se ne intende (fa arrestare politi, oppositori, giornalisti indipendenti), un”vero democratico”
5) l’ennesima riunione inutile delle Nazioni Unite, strabiche come sempre quando c’è da dare addosso a Israele
6) il faccia a faccia tra Benjamin Netanyahu ed Emmanuel Macron all’Eliseo
Ed è proprio questo l’aspetto più emblematico della vicenda che dovrebbe farci riflettere, e che ci ha fatto riflettere: Macron dice che “la pace è in pericolo”. Ovviamente per colpa della decisione di Trump di spostare a Gerusalemme l’ambasciata Usa. Se non ci fosse da piangere, ci faremmo una bella risata: “Il mondo è sull’orlo della guerra, la pace è in pericolo”.
Qualcuno ricordi a questo giovane, improvvisato cantore di cetra travestito da statista e che se la spassa sui Campi Elisi di cosa sia la Corea del Nord; o gli illustri i disastri francesi (ed europei) nell’Africa; oppure la catastrofe che si vive in paesi come lo Yemen, la Libia, la Nigeria, tutti scenari attivi come vulcani in eruzione che eruttano lava cenere e lapilli dei quali nessuno pare volersi accorgere.
Qualcuno gli ricordi i sacrifici dell’Italia, nell’accogliere i profughi mentre a Ventimiglia i suoi gendarmi usano il manganello e i gas urticanti per allontanare gli extracomunitari in cerca di una vita migliore. C’è poco da fare: il Mal Francese colpisce ancora.
Ma quello che più ci ha addolorati e feriti è l’atteggiamento dell’Italia. Paese che ha sottoscritto quell’odioso “I disagree”, e cioè una sostanziale presa di distanza dalla decisione americana su Gerusalemme. Contro Israele si sono schierati, nella migliore tradizione europea, anche la Svezia e il Regno Unito. Tutti uniti nella condanna di Israele e della decisione del Congresso americano di due decenni fa poi messa in pratica da Donald Trump.
Dopo il boicottaggio, le bizzose delibere dell’Unesco e le roboanti dichiarazioni antistoriche, ecco concretizzarsi un atto diplomatico di rara e grave irresponsabilità. Una scelta della quale non si sentiva proprio la mancanza, come nei giorni scorsi ha correttamente sottolineato “Il Foglio”.
Nel frattempo sono ripresi gli attentati terroristici. Da Gerusalemme a New York. Ed altri ancora – temiamo – ne arriveranno presto. L’Europa, cieca e sorda, ridotta a un manipolo di governanti inginocchiati di fronte all’Islam irriverente, violento e antidemocratico, se la prende con Israele: cioè con l’unica propaggine di quell’Europa ridotta a frontiera-gruviera. E attenzione: qui la politica, intesa come posizioni di destra e di sinistra, c’entra veramente poco.
Per questo la Federazione delle associazioni Italia-Israele non ci sta e non si associa al coro stonato delle vecchie “prefiche” travestite da statisti e governanti: quelli sempre pronti a dare addosso e a criticare Israele e gli stati Uniti.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. La storia è piena di errori e di sviste clamorose: commessi dagli architetti agli ingegneri, dagli scrittori e giornalisti, dai politici ai condottieri. E purtroppo quasi mai l’errore ci dona l’opportunità di iniziare a diventare più intelligenti. Anzi: più andiamo avanti e più ci accorgiamo di quanto perniciosa sia la deriva “occidentale” contro l’aggressione islamica e islamista.
Scrisse un giorno Alfred Adler: “Che cosa fai quando impari a nuotare? Fai degli errori, non è vero? E cosa accade? Fai altri errori, e quando tu hai fatto tutti gli errori che è possibile fare senza affogare (e alcuni di loro anche più e più volte) cosa scopri? Che sai nuotare? Bene – la vita è la stessa cosa che imparare a nuotare! Non aver paura di fare degli errori, perché non c’è altro modo per imparare come si vive”.
Ebbene aveva torto.
(*presidente e vicepresidente della federazione delle Associazioni Italia Israele)