Marco Catizone

Marco Catizone

Avvocato, scrittore satirico e giornalista pubblicista. Scrive di politica, teatro e cultura su blog, siti e riviste on line.

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Sotto il segno del De Luca

di Marco Catizone

“Il nome di un uomo non è come un mantello che gli stà penzolante e che gli si può strappare o cacciare di dosso, ma una veste perfettamente adatta, o come la pelle concresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui” ( J. W. Goethe).

“Non mi interessa quello che dite di me, l’importante è che scriviate giusto il mio nome”     (P.T.Barnum, fondatore del Circo Barnum).

“Bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa”. (Dal film “Harry Potter”).

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Nati sotto deluchiana stella, dioscuri mai germani, fratelli d’omonimia, genia campana, vezzo letterario allo story-telling, inventiva a catafottere, carattere e verbosità; dell’uno scripta (manent), dell’altro aereo vezzo al luciferino guizzo, apotropaico mezzo di profilassi in guisa d’abbranco alla strozza altrui, i De Luca Brothers sono in missione per conto di Dio: il Verbo è per uno incarnato afflato, per l’altro unghia incarnita da infiggere nelle membra altrui, a rincorsa perenne del destino all’ombra d’un nomen (omen).

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Vincenzo De Luca

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Errii De Luca

Annus horribilis (forse) per entrambi, il De Luca (Erri) ed il De Luca (Enzo), col primo a giudizio per apologia d’insurrezione, per esortazione orale al sabotaggio, nel nome del “No Tav”, contra legem per via di Parola e segno fermo;  l’altro eletto a supremo scranno, in quel di Palazzo anfitrione e vanto, finalmente Governatore del contado, alfiere controvoglia (d’altri, sia chiaro) del PD renziano in terra di pizza&mandolino&putipù (a sentir le genti oltre il Garigliano).

Dell’uno conosciamo la logorrea scrittorea et letteraria, un libercolo all’anno o giù di lì, prima e dopo i pasti, per favella poetica un tanto al pezzo, per diffondere l’ars col metro in mano: tot pagine, tot plot, una fila di parole di guisa sterminata che a metterla assieme ci fai ramengo due volte il giro di boa in Val di Susa, avanti e ‘ndre; dell’altro sappiamo vita, morte (augurata agli altri) e simil-miracoli, signorotto locale d’esportazione, fattosi da sé, ben oliando il meccanismo di spartizioni e potere da blandire: nulla si crea e nulla si distrugge, è principio termodinamico, viepiù politicante in terra di Neapolis, è dato certo che per salire al soglio, più d’uno scoglio è dato arginare; ca va sans dire, il 2015 per i De Luca è stato solco a spartiacque.

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Erri, lo scalator

De Luca Erri assolto alfine in quel di Torino da accuse infamanti per un fiero paladino di libertà espressive in punta di Costituzione, con l’articolo 21 in giusta lancia, appellando intelletto e volontà al disprezzo dell’omologazione imperversante, del pensiero unico attenuante nella ferma  “convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua”, come vuole Fratello Sole affianco a Sorella Luna , immolando sé medesimo, novella Ifigenia, pur di veder trionfar giustizia et libertade: Giordano Bruno avvamperebbe ancor per l’emozione, sicut olim, ita et  nunc.

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De Luca, il governatore

La sua nemesi, il gemello captivo  , l’Altro, prigioniero del suo personaggetto, del copione di getto scrittogli da un Bukoswki in crisi d’astinenza, è invero a contrariis ancor ostaggio delle beghe e frattaglie da Tribunalia et alia generis , pastoie a marinare di carte e ricorsi bollati, da Corti e Palazzi d’ingiustitia,  alla recherche della verginità politica perduta (o mai avuta), del sigillo liminare al barnum grandguignolesco, in mistica attesa da Manna ( inteso come Guglielmo, homunculus da strettoie e strette di mano all’ombra di corridoi in fiore) a colar da cielo, plumbeo come nova inchiesta a girar nel Pignatone pantagruelico, in quel di Roma che tanto ben gli Procura; ma il caudillo mascellonico non perde il piglio e la fregola, il suo personale carretto del vincitore è sempre per la scesa, le fondamenta del suo feudo regionale son ben coese, il burbero destrorso sinistroide, il Pol Pot piddino che sguaina canini e noncuranza facendo strali del revanchismo progressista orfano di sé stesso, non perde la bussola e punta al core del suo destino: il Potere è business, e il De Luca ha la sciassa doppiopetto giusta all’occasione, s’arrende sempre all’evenienza, arpiona il suo ego da satrapo coatto alla ciorta di turno.

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De Luca-Severino, satira & politica

Per ‘O Sceriffo l’anno venturo s’apre a sipario verso traguardi a portata di ghigno, solleticando il vellicolo di Monacielli e Bona ‘Mbriana, con un po’ di “mazzo” che audax iuvat, è risaputo, le querelle di tribunali e Corti Superiori potrebbe alfine giungere a sintesi mirabile et perfecta: potrebbe essere assolto prima della pronuncia della Consulta attesa per metà 2016, elidendo alla base il nodo gordiano della sua (ab origine) incandidabilità, ovvero ex post, della sua illegittima permanenza al Potere. La Corte Costituzionale infatti affronterà il caso del governatore Piddino picciò della Campania non prima di marzo-aprile: rimane il processo aperto innanzi alla Corte d’Appello di Salerno per la condanna di prime cure ( abuso d’ufficio), per la nomina del fidelissimo Di Lorenzo a project manager del termo-brucia-distruggi-cancella-elimina-scamazza-tore del feudo salernitano, e nel caso fosse assolto, la Corte Costituzionale con le carte del procedimento ci farà i cuppetielli per ridipingere la volta del Palazzo della Consulta.

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De Luca e Renzi, lo sceriffo e il boy scout

L’obiettivo finale rimane pur sempre il controllo totale, esercitando la satrapia con polso collerico e para-dittatoriale, da ras invasivo e pervicace, pronto alla pugna ed all’esilio (altrui) per segnare il punto e piantar banderilla: come a Salerno non tramontava mai il Re Sole, così il futuro Regionale è ben lungi dall’esser fosco; nel Renziliaro postmoderno, postdemocratico e terzorepubblicano De Luca rimane pur sempre alleato prezioso per San Matteo da Pontasseive, che al Sud cerca la sponda per rimanere in sella ancora un anno e forse più: ben vengano allora le vecchie armature, pure ammaccate in sede processuale, per sedute d’armi impolverate e rabberciate alla men peggio, se portano in dote controllo e territorio, rete e consenso, prebende e rassicurazioni.

Ben vengano i brindisi di buona fine e proficuo inizio, magari alzando i calici al cielo nel classico prosit , ma ad acqua potabile,  per festeggiare come conviensi la norma che ha spostato la gestione delle pubbliche acque in capo all’Ente Idrico Campano, soggetto unico di governo dell’ATO (ambito territoriale ottimale) regionale, scalzando di botto (di fine anno, appunto) circa cinquecento comuni campani dal governo delle proprie acque. E buon pro, ci faccia. Auguri.

 

 

 

 

 

 

 

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