Enzo La Penna

Enzo La Penna

Giornalista. Lavora all’agenzia Ansa. Ha collaborato con i quotidiani Napolinotte, Paese Sera e La Stampa

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Moro, il mistero della Fermezza

di Enzo La Penna

In coincidenza dei quarant’anni dal sequestro di Aldo Moro e dell’uccisione dei cinque uomini della scorta, proliferano – come è giusto che sia – le rievocazioni, gli articoli, i commenti su quel tragico evento, cruciale nella storia del paese. E gli scaffali delle librerie tornano a riempirsi di volumi che raccontano i retroscena dei 55 giorni che separano il rapimento dall’omicidio dello statista democristiano.

 BIO-ALDO MOROTutti in massima parte si soffermano sugli aspetti oscuri della vicenda che sono alla origine della definizione di “caso Moro” (o “affare Moro”, con un’eco da Francia fin de siecle), espressione che racchiude in maniera efficace il concetto di mistero irrisolto. Sì, perché tra innumerevoli il “caso Moro” è quello forse maggiormente segnato da dietrologie, da letture in chiave complottistica, tanto da contendere, in questa gara a chi la spara più grossa, il primato alle ricostruzioni fantasmagoriche del delitto Kennedy e dell’11 settembre.

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Un’orgia di interpretazioni che relegano in secondo piano, e spesso spingono a derubricare al rango di semplice dettaglio, il dato essenziale della vicenda: il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro furono progettati ed eseguiti da una organizzazione terroristica denominata Brigate Rosse, composta da militanti imbevuti di ideologia, convinti di applicare con le loro azioni i principi del leninismo e di rappresentare l’avanguardia del proletariato il quale, in seguito ed a causa dell’atteggiamento sempre più repressivo adottato dallo Stato in risposta agli attentati, nella fervente immaginazione brigatista avrebbe messo in moto un processo rivoluzionario (Lenin li avrebbe magari bollati come dilettanti della Rivoluzione, ma questo è un altro discorso).

Curcio Balzerani

Balzerani e Curcio

Una organizzazione che aveva già ucciso o ferito o sequestrato (e continuerà a farlo ancora per pochi anni) esponenti politici -soprattutto democristiani – industriali, dirigenti di fabbrica, poliziotti, carabinieri, agenti penitenziari, magistrati, professori universitari, giornalisti, avvocati, amministratori locali, militari (uno anche della Nato) e persino un sindacalista comunista.

Nel mirino non solo i rappresentanti e i “simboli” della “borghesia”. Tra i nemici delle Br infatti vi era il Partito comunista (anche se una volta sola colpito in un suo militante), marchiato con l’accusa di “revisionismo” e additato come un poderoso ostacolo alla Rivoluzione per la sua aspirazione di arrivare al governo del paese secondo le regole della democrazia, ovvero attraverso l’accordo con la Dc che va sotto il nome di compromesso storico. Una aspirazione che, una volta realizzata, avrebbe seppellito per sempre il sogno rivoluzionario. Moro, che di quella politica era stato un fautore, divenne naturalmente uno degli obiettivi principali da colpire.

4_Aldo-Moro-1978Il presidente della Dc non fu vittima dunque di agenti dei servizi, di forze occulte, di emissari di potenze straniere ma di militanti con nomi e cognomi che si professavano comunisti e avanguardie rivoluzionarie, di cui si conoscono le biografie e i percorsi intrapresi prima di abbracciare la cosiddetta lotta armata. So bene che questo non piacerà molto agli autori e agli appassionati lettori di spy story, ma così è.

Le ipotesi complottistiche sono fiorite soprattutto intorno alla domanda (non irrilevante): perché la vita di Moro non fu salvata? Ma anche su questo va sgomberato il campo da spiegazioni arzigogolate. Moro non fu eliminato perché arrivò un ordine da Mosca o da Washington o dal capo di 007, ma perché saltò la trattativa tra lo Stato e le Br che chiedevano un riconoscimento politico da raggiungere attraverso la scarcerazione dei loro compagni detenuti (alla fine proposero anche di liberare l’ostaggio in cambio di una sola prigioniera e gravemente ammalata).

moroE la trattativa non andò in porto solo per l’opposizione del cosiddetto Partito della Fermezza, il cui pilastro era costituito da Pci che non poteva dare legittimità a un gruppo di terroristi che si richiamavano al comunismo, il che avrebbe rischiato di vanificare tutto il faticoso percorso avviato dal Pci fin dal dopoguerra per accreditarsi come forza sinceramente democratica in grado di rassicurare pertanto quei settori della società che paventavano il pericolo rosso.

immagini.quotidiano.netIl Pci fu dunque irremovibile, mentre meno granitica fu la posizione della Dc, al cui interno non pochi erano favorevoli a ogni tentativo pur di salvare la vita di Moro. Una linea, quest’ultima, seguita con tenacia solo dai socialisti e dai radicali e da alcuni rappresentanti del mondo cattolico. Per concludere: Moro fu sequestrato dalle Br e ucciso dalle Br perché prevalse il Partito del “Con i terroristi non si tratta”. Occorre aggiungere che all’interno dello Stato e della Dc effettivamente vi furono molti che preferirono un epilogo così tragico pur di evitare l’effetto devastante di un Moro che una volta in libertà avrebbe raccontato tutte le magagne del potere (come si era intuito dalle sue lettere dalla prigionia).

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Enzo La Penna

Il caso Moro non è un mistero. E la vera vicenda oscura – in parte pur ‘essa ormai rischiarata – resta quella di uno Stato che in nome della Fermezza accetta di far ammazzare uno dei suoi maggiori esponenti e tre anni dopo invece tratta con camorristi e faccendieri per la liberazione di un assessore regionale. Ma pure questo è un alto discorso.

 

 

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