di Marcello Lala
Chi conosce Belgrado sa che il Gay Pride ormai non sconvolge più l’esistenza dei Serbi ormai da anni. Ma quella che si è disputata qualche giorno fa, se pur con qualche incidente provocato da qualche nostalgico omofobo nazionalista, ha avuto un significato particolare. Perché questa volta si è trattata di una manifestazione abbracciata dalle massime istituzioni del Paese.
Certo, si dirà: ora la Serbia ha una premier dichiaratamente lesbica Ana Brnabic, come potrebbe essere diversamente? Comprensibile anche, quindi, la massiccia presenza di politici, una testimonianza chiara di come sia cambiato il Paese nel campo dei diritti umani e soprattutto i diritti delle minoranze. Un percorso lungo difficile che però anno dopo anno sta registrando grandi ed importanti progressi.
Oggi Belgrado è come tutte le grandi capitali europee, la società serba è al passo con i tempi. Incontrare ragazzi e ragazze dichiaratamente gay, transessuali non è più una cosa difficile e chi si dichiara non lo fa più a rischio e pericolo della propria vita.
Parliamoci chiaro: è ovvio che c’è ancora tantissimo lavoro da fare. Non si registrano più aggressioni fisiche ma non certo tutti la pensano allo stesso modo. Ma qualcosa, innegabilmente, sta cambiando. Dal gay pride sono nate una serie di proposte (prime fra tutte la legge sulla identità di genere e quella sulle unioni civili) che hanno strappato l’impegno delle maggiori forze politiche.
Passi da gigante,insomma, verso l’Europa dei diritti civili e del rispetto delle minoranze che Belgrado vuole fare e vuole rispettare in attesa di una adesione a pieno titolo alla UE.