Valerio Caprara

Valerio Caprara

Professore di Storia e critica del cinema all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” e dal 1979 critico cinematografico del quotidiano “Il Mattino”. Presidente della Campania Film Commission.

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Gomorra su Sky
Televisione di qualità

di Valerio Caprara

Il frastuono mediatico, come accade in casi simili, è stordente e non è quindi il caso d’impancarsi a grillo parlante in nome e per conto della critica. Qualche riflessione, però, è bene aggiungerla, non fosse altro per il rispetto dovuto alla moltitudine di telespettatori che hanno (in quasi 700000) notato “la differenza”. Eh sì, perché la prima cosa notevole a proposito delle  puntate di “Gomorra.

La serie” trasmesse su Sky è che la produzione, gli sceneggiatori e il regista Sollima –in tempi non sospetti da noi segnalato come maestro in fieri- sono riusciti a fare percepire come il linguaggio televisivo possa ritrovarsi allo stesso livello di quello filmico a condizione che si liberi dalle abituali sciatterie, le abituali melensaggini e le abituali cauzioni politicamente corrette assegnate d’ufficio alla fiction generalista.

Ribadiamo il concetto perché c’interessano poco le guerre dell’audience condotte a seconda delle convenienze: il successo pesa in relazione alla materia, altrimenti avrebbero ragione coloro che si prostrano ai gusti di massa più beceri o, al contrario, coloro che degnano d’attenzione solo rari reperti vidimati dagli unti dalla grazia intellettuale. In concreto le prime puntate ci consentono di tenere alla giusta distanza le diatribe –per carità comprensibili che riguardano esclusivamente il quesito “ la visione giova o meno a Scampia, a Napoli, alla nostra gente?”.

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La storia non solo italiana del cinema ci ha, infatti, addestrato a premettere che un film, a prescindere dal male o dal bene che rappresenta, va giudicato per la sua qualità. Intesa non in astratto, per carità, ma come l’insieme di specifiche prerogative (qualcuno aggiungerebbe, con surplus cinefilo, artistiche) che possono trasformare, quando ci riescono, la riproduzione in narrazione, la cronaca in Storia, la sociologia in poetica, le psicologie individuali in pathos collettivo. Non abbiamo remore a dire che nel senso di questa chiave di lettura, implicita nel suo imprinting, consideriamo Saviano un prometeo della cultura.

gomorra-la-serieIl primo capitolo è apparso, per la verità, ancora imbastito, frenato drammaturgicamente dalla necessità –tipica del regime seriale- d’inserire i personaggi in un contesto e dotarli di un background caratteriale. Ma già il secondo si struttura su una scansione di ritmi e dialoghi che risulterebbe “solo” spettacolare, se non fosse sostenuta com’è dalla scelta strategica delle inquadrature, la sofisticata percezione fotografica degli arredi e dei luoghi, la coespressibilità delle musiche e le scespiriane incarnazioni degli attori: Cerlino e D’Amore su tutti, ma con Esposito e la Calzone a un’incollatura. Questo, dunque è cinema, con la sua suggestione, la sua adrenalina, la sua ambiguità inevitabile perché non può staccarsi dallo schermo per discuterci sopra.

Se è indispensabile aprire il gioco dei paragoni, “Gomorra” di Garrone resta per noi insuperabile, ma è anche vero che Sollima e la sua squadra hanno ancora molte puntate a disposizione per predisporci a un giudizio che in ogni caso non risponderà alle richieste più rozze.

Roma, prima della nuova serie tv di Sky, ''Gomorra''

 

Non è pensabile, infatti, che al the end la serie danneggi o aiuti qualcuno o qualcosa, ma per ora è evidente come il piglio sia quello alto, ambizioso, destabilizzante, catartico in grado di consentire a più spettatori possibili di decidere da soli se la saga criminale vada tramandata o censurata come nel fascismo e il comunismo, se la nostra imperfetta eppure vitale civiltà sia irredimibile, se il male assoluto abbia più potere d’attrazione del bene relativo, se il rispetto della legalità rientri –sulla falsariga del profetico “Arancia meccanica” di Burgess e Kubrick- nella dimensione del libero arbitrio, dell’educazione coatta o dello slogan demagogico, se dalle più oscure tenebre sia possibile uscire alla luce per respingere il killer più pericoloso che sta dentro di noi.

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