Valerio Caprara

Valerio Caprara

Professore di Storia e critica del cinema all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” e dal 1979 critico cinematografico del quotidiano “Il Mattino”. Presidente della Campania Film Commission.

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Jurassic mangia Jurassic

di Valerio Caprara

Con la regia attenta di  Colin Trevorrow ecco  “Jurassic World”,  il quarto titolo della saga iniziata nel 1993 dal geniale Spielberg su input  di John Michael Crichton . La cattiva società che pensa solo ai soldi e gioca con i diritti della natura ha dotato il parco dei sadici divertimenti di nuove spaventose attrazioni…

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Certi critici comunicano d’essersi annoiati a morte. Gli spettatori refrattari al genere lo ignorano sprezzantemente. Parlare di “Jurassic World”, in effetti, vale per i più saggi che vorrebbero sapere solo se il film risponda o meno ai requisiti in base ai quali l’hanno scelto e pagato una marea di biglietti. Rispetto a questa forse angusta, ma inequivocabile istanza il quarto titolo della saga iniziata nel 1993 dal geniale Spielberg su input dello scrittore Crichton non lascia adito a dubbi: i ritmi sono frenetici, le musiche tonitruanti, gli effetti adeguati ai prodigi della computergrafica ramo motion capture, gli attori divertono divertendosi e le bestiacce spaventose, ma in fondo accattivanti non aspettano altro che essere riprodotte nei modellini cari ai bimbi dell’intero globo.

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Chiaramente prendersela con la sceneggiatura light (per non parlare dei confini della credibilità sorpassati in tromba) sarebbe un esercizio facile facile, ma non si capisce a beneficio di chi o che cosa: anche perché i critici di cui sopra che adesso stroncano “Jurassic World” al grido di “Jurassic Park era tutt’altra cosa” dicono il falso perché stroncarono la Dinosauroland spielberghiana con gli stessi argomenti anche 22 anni orsono.

Alla regia il servizievole Colin Trevorrow non sogna alcun Oscar e si limita a eseguire lo spartito che, particolare non trascurabile, non è un reboot –cioè un riavvio o nuovo inizio- bensì un seguito che si ricollega al prototipo scartando le pessime evoluzioni dei capitoli usciti nel ’97 e il 2001.

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La cattiva società che pensa solo ai soldi e gioca con i diritti della natura –il moralismo ambientalista non costa niente e rende molto- ha dotato il parco dei sadici divertimenti di nuove attrazioni, tra cui quella della grinzosa e maligna Indominus Rex, erede geneticamente modificata nonché ingrassata dal 3D dell’ex cariatide assassina T-Rex: gli si contrapporranno, dunque, senza un attimo di tregua l’addestratore figo Chris Patt e la direttrice replicante delle sophisticated comedy anni ‘30 Bryce Dallas Howard (in tacchi alti anche quando deve darsela a gambe nella giungla) con al seguito due paperineschi nipotini.

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A Isla Nublar, peraltro, non c’è spazio per la lamentosa nostalgia cinéfila tanto è vero che il dinosauro più grosso fa sobbalzare a un certo punto dalla sedia emergendo di scatto dall’acqua e pappandosi un enorme squalo (beffardo riferimento a quello che tramanda il primo trionfo del ventisettenne Spielberg) appeso sopra la piscina.

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