Valerio Caprara

Valerio Caprara

Professore di Storia e critica del cinema all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” e dal 1979 critico cinematografico del quotidiano “Il Mattino”. Presidente della Campania Film Commission.

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La favola di Sciuscià

di Valerio Caprara

Bello, bellissimo eppure “preso dalla strada” . L’adolescente dal volto pulito e l’espressione dolcemente malinconica che interpreta uno dei malmessi protagonisti del capolavoro neorealista “Sciuscià” (premio Oscar del ’47 al miglior film straniero) era stato davvero scelto per caso da Vittorio De Sica nel luglio del ’45, nel corso di uno di quei pittoreschi provini in grado di mobilitare tanti giovani e meno giovani romani alla disperata ricerca di un posto al sole nella Cinecittà del dopoguerra; però allora come adesso nessuno potrebbe assimilarlo alla schiera degli stracciati e dolenti marginati che secondo una pigra opinione sarebbero gli unici testimonial dell’albo d’oro del glorioso movimento.

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Sciuscià

Franco Interlenghi, scomparso venti giorni fa,   non solo ha rappresentato più volte e con successo il personaggio romantico, idealista, affascinante e spesso un po’ smarrito della commedia umana ricostruita con sapienza dai maestri italiani del dopoguerra, ma si è anche ritrovato a corroborare con la propria costante applicazione e spontanea duttilità la saldatura anche sul piano degli attori e delle recitazioni tra i titoli alti e impegnati e quelli semplici e popolari che ha permesso al neorealismo di nutrire e modellare la produzione successiva, più attenta alle ragioni del botteghino e decisa a contendere il primato alla calata dei film-culto stranieri e in primis hollywoodiani.

002112011174006_media1Nato a Roma il 29 ottobre 1931, Interlenghi si sottrae ai ghirigori delle biografie cinematografiche proprio perché l’episodio che ha indirizzato la sua vita avviene a quindici anni, quando il suo sfortunato lustrascarpe diventa nel mondo uno dei simboli dell’innocenza ferita, ma non distrutta dalla furia degli eserciti e dei soldati che hanno imperversato nell’intero paese e nella “città aperta” in particolare.

interlenghi-905-675x905Curiosamente in quel primo e bruciante approccio a una notorietà allora e in seguito gestita con schiva discrezione, è il teatro a concedergli i maggiori onori: notato e apprezzato dal leader, insieme a Ettore Giannini, del nuovo teatro sprovincializzato Luchino Visconti, Interlenghi è tra i protagonisti di ben tre memorabili allestimenti del regista milanese. Prima in “Rosalinda o come vi piace”, andato in scena all’Eliseo nel ’48, poi in “Morte di un commesso viaggiatore” (sempre all’Eliseo nel ’49) e infine in ” Troilo e Cressidra”‘ rappresentato a Firenze nello stesso anno, l’attore si divincola ancora di più dal falso mito del verismo autobiografico e raffina la tecnica reggendo la sfida di colleghi sperimentati come Gassman, Fantoni e Ferzetti.

franco-interlenghiSolo il grande schermo, in ogni caso, riesce a valorizzare e a circonfondere di un glamour particolare, ma mai sfrontato il sorriso accattivante, i capelli neri volentieri spioventi o spettinati e gli occhi chiari di colui che diventa in breve uno dei volti più conosciuti dei titoli che si susseguono nel rinfrancato circuito nazionale. Come premesso, il bello è che si tratta dello stesso puntuale professionista sia quando si esibiscono gli eroi mitologici di “Fabiola” di Blasetti (’49), sia quando va in scena il tragicomico esodo dei vacanzieri verso Ostia di “Una domenica d’agosto” (’49), sia quando sciocca il pubblico “Processo alla città” di Zampa (’52), il primo film veristico sul predominio camorristico a Napoli, sia quando inizia la serie ridanciana dei “Don Camillo” (’52), sia quando la frenesia calcistica accampa i suoi primi diritti in “Gli eroi della domenica” (’53) di Camerini.

franco-interlenghi33Ma il peso del passato è tutt’altro che superfluo, perché quel ragazzo trasparente nella sua grazia serve, eccome, agli autori che volano più in alto: basta guardare e riguardare, come fanno legioni di cinefili, tre cult del ’53 come “La provinciale” di Soldati, “I vinti” di Antonioni e soprattutto ” I vitelloni” di Fellini in cui non a caso interpreta Moraldo, l’alter ego del regista che abbandona la provincia per inseguire il sogno del cosmopolitismo cittadino.

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Franco Intelenghi e Antonella Lualdi

Sposato dal ’55 con la collega Antonella Lualdi, da cui ha le figlie Stella e Antonellina diventate anch’esse, sia pure con minor fortuna, attrici, Interlenghi accetta senza lamentarsi di proseguire la carriera con ingaggi meno importanti e finanche con presenze da caratterista di livello, ma nessuno può dimenticarlo in film di nuovo importanti come “La contessa scalza” di Mankiewicz, “Ulisse” di Camerini, “Addio alle armi ” di Vidor, “Viva l’Italia” di Rossellini.

inter.jpgDopo qualche pausa sempre più lunga, la sua passione gli ha permesso di farsi ammirare anche dalle generazioni successive di spettatori, tanto è vero che in “Miranda”, “Il camorrista”, “Romanzo criminale”, “Pummarò”, “Le amiche del cuore”, “La notte prima degli esami” e persino nel televisivo “Don Matteo 4″ non fa la bella statuina, ma riesce a trasmettere la modestia del talento e lo spirito di un cinema italiano non ancora diviso in comparti incomunicabili. Quello che induceva, per esempio, nel ’56 una gloria del neorealismo come lui a farsi complice scatenato e godibile di due big di diverso conio iconoclasta in “Totò, Peppino e i fuorilegge”.

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