Valerio Caprara

Valerio Caprara

Professore di Storia e critica del cinema all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” e dal 1979 critico cinematografico del quotidiano “Il Mattino”. Presidente della Campania Film Commission.

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Due coppie e un pesce rosso

di Valerio Caprara

“Dobbiamo parlare” diretto ed interpretato da Sergio Rubini (con Fabrizio Bentivoglio, Isabella Ragonese, Maria Pia Calzone) analizza alcune delle più comuni patologie di coppia. Il rimpallo all’acido muriatico risulta a tratti divertente e a tratti pretenzioso, a tratti sincero e a tratti forzato, la stessa sorte che tocca ai sobri contrappunti poetici piazzati ai margini dell’ossessivo ring logorroico

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Certo la sorpresa e l’interesse sarebbero stati maggiori se non si fosse visto di recente l’assai simile “Il nome del figlio”, senza voler tirare in ballo l’elenco di precedenti (capeggiato ovviamente dal “Carnage” polanskiano) ben vivo nel ricordo di ogni cinefilo.

In ogni caso “Dobbiamo parlare”, dodicesimo film di Sergio Rubini regista, è un tentativo coraggioso di allargare l’orizzonte delle recenti commedie qualunquisticamente corrette con un surplus drammaturgico d’umorismo nero messo al servizio di un gioco al massacro d’origine e respiro teatrali.

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Il film, una volta esplicitato l’intento di scrutare al cine-microscopio alcune delle principali patologie di coppia, utilizza i pochi metri quadrati di un appartamento romano anche per lanciare qualche acida frecciata contro lo stato delle cose nostrane, con particolare attenzione rivolta alle presunte differenze morali o addirittura antropologiche tra i salotti (le camere da letto, le cucine ecc.) borghesi di sinistra e quelli di destra. La sua forza e la sua debolezza stanno, come si sarà subito intuito, nell’ingente responsabilità affibbiata ai quattro attori che occupano ininterrottamente la scena e la devono saturare con una serie di performance (spesso strabordanti) personali, esponendosi quasi uno alla volta allo sguardo e all’umore degli spettatori trasformati in giudici da talk show.

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Dunque Rubini e Ragonese convivono in un attico bello e scomodo nel cuore della capitale dove, quando stanno per uscire con destinazione una mostra di Basquiat vengono letteralmente invasi dagli amici Bentivoglio, cardiochirurgo infaticabile quanto intrattabile, volgare e sottaniere e Calzone, consorte algida, avida e arrabbiata. La scoperta dell’ultima tresca del vip destrorso da parte della iena in tailleur procederà, così, per tutta la notte in un tourbillon di frustrazioni, recriminazioni, crisi retrospettive e confessioni vendicative punteggiato da urla, sbraiti, sfoghi e persino qualche schiaffo.Sogguardando la placida indifferenza di una Roma apparentemente intatta dai virus dei conclamati romanzi criminali, l’apologo tende a suggerire che, specialmente nell’eterno e talvolta gratificante duello uomo-donna, le parole in eccedenza disturbano e la sincerità è un’arma a doppio taglio.

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Premesso che non risulta del tutto convincente il così stretto rapporto d’amicizia tra coppie un po’ troppo distanti per età, il rimpallo all’acido muriatico risulta a tratti divertente e a tratti pretenzioso, a tratti sincero e a tratti forzato, la stessa sorte che tocca ai sobri contrappunti poetici piazzati ai margini dell’ossessivo ring logorroico. Se risulta, del resto, pleonastico il pesce rosso che parla e commenta con la voce del complice Albanese, Bentivoglio è spassoso, inarrestabile, irresistibile ancorché sempre in bilico sull’abisso romanesco macchiettistico, la Calzone appare sempre più grintosa nel meritarsi notorietà e stima troppo a lungo differite e Rubini e Ragonese con la loro capacità di sfumature si dimostrano in linea con l’ottimo stato di servizio davanti alla macchina da presa.

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