di Valerio Caprara
Il nuovo film di Le Guay coltiva l’ambizione di mettere in evidenza quanta debolezza risieda anche nella presunta normalità dei sani e dei superattivi anziani.E, purtroppo, così che finisce di retrocedere nell’ovvio
Gli ammiratori a buona ragione delle commedie francesi fuori standard saranno parzialmente delusi da Florida, il nuovo film del Le Guay autore degli imperdibili Le donne del 6° piano e Molière in bicicletta.
Il cinema cosiddetto medio, infatti, non è una bestemmia a patto, però, che la furbizia accattivante non prenda il sopravvento sulla linearità dello stile e la sincerità dei sentimenti, fenomeno che infiacchisce non poco le brillanti premesse di questo racconto di senilità avviata a dissolversi nella nebbia dell’Alzheimer.
Il magnifico Rochefort non manca di fornire il valore aggiunto al personaggio dell’over ottantenne Claude, imprenditore ritiratosi a confortevole vita privata e in principio accudito alquanto distrattamente dalla figlia.
Mano a mano che le ombre della terrificante malattia trasformano le marachelle del protagonista in atti inconsulti e/o pericolosi, Florida coltiva l’ambizione di mettere in evidenza quanta debolezza risieda, invece, nella presunta normalità dei sani e dei superattivi; ma è purtroppo così che il film retrocede nell’ovvio e che l’ambizione di alludere agli immortali modelli scespiriani si spegne nelle numerose gag, alcune centrate, altre meno.
Accanto a Rochefort, la Kiberlain rende credibile il personaggio della figlia e alquanto commoventi i suoi tentativi di accompagnare delicatamente il film nelle ultime illusioni del vecchio ex ganimede, anche se le situazioni divertenti non mancano sino alla fine e riguardano soprattutto le ingombranti presenze e prestazioni delle badanti.