di Ottorino Gurgo
Dire che nel nostro paese gli uomini della politica non riscuotono molte simpatie e vengono considerati come una categoria se non addirittura spregevole, certamente da guardare con sospetto, è affermazione ovvia sino alla banalità e non sempre da condividere, come da non condividere sono tutte le generalizzazioni
Ma vi sono occasioni nelle quali anche chi, come chi scrive, non è portato ad unirsi a generici “crucifige”, ha motivo di restare sconcertato ed è costretto a riflettere su quei giudizi e su quelle condanne.
A indurci a questa amara riflessione è un’inchiesta condotta con dovizia di particolari, da un collega d’indubbio talento, Claudio Marincola, il quale ha illustrato quello che ha definito “il business del cambio di casacca” ovvero del sempre più frequente passaggio di parlamentari dai gruppi nei quali sono stati eletti ai gruppi misti di Camera e Senato.
Dall’inchiesta di Marincola risulta che quel parlamentare, che approda al gruppo misto, incassa ogni anno 22 mila euro in più da aggiungere al suo già consistente stipendio.
In somma, all’origine della “transumanza” che negli ultimi tempi ha fatto registrare una crescita esponenziale, non vi sono ragioni ideali, esami di coscienza, ripensamenti morali, ma solo il desiderio di incrementare ulteriormente i propri lauti guadagni.
E qui ci sembra opportuno ricordare uno studio recente dal quale si evince che, nonostante Grasso e Boldrini, presidenti delle nostre assemblee legislative, non si stanchino di predicare una linea di risparmio e di sobrietà, i parlamentari italiani restino i più pagati tra i loro omologhi in Europa.
A rendere possibile questo primato concorrono soprattutto i rimborsi che, nel nostro paese, non devono essere rendicontati, sono introiti esentati e, di fatto, finiscono con il costituire un vero e proprio secondo stipendio.
La possibilità che questi elevatissimi emolumenti (un parlamentare guadagna più di cinque volte lo stipendio nazionale medio) vengano ridotti sono pressoché allo zero. E quando qualcuno si azzarda a sollevare il problema, la risposta che ottiene da coloro (e sono naturalmente i più) che non vogliono che le loro prebende siano toccate, è sempre la stessa: “Un buono stipendio serve a garantire l’autonomia e l’indipendenza degli eletti. E, in secondo luogo, non dimentichiamo la regola secondo cui, come in tutti i settori, la qualità va pagata”.
C’è di più. Secondo una bozza preparata dalla maggioranza a Montecitorio, gli stipendi dei dipendenti di Camera e Senato potrebbero presto lievitare cosicché, per il grado più alto dell’amministrazione, il segretario generale, l’aumento mensile netto potrebbe essere di 2000 euro mensili mentre, per i livelli più bassi, arriverebbe a 160 euro. Il tutto dovrà essere ancora definito, ma quel che appare certo è che aumenti ci saranno.
Siamo, dunque, in presenza di autentici fenomeni di “bulimia parlamentare” che, per lo più, vengono nascosti ai cittadini, ma che costituiscono – diciamolo senza infingimenti – un’autentica vergogna nazionale.
Si parla continuamente di riforme, ma vien da chiedersi se ci sarà mai qualcuno in grado di porre mano ad una riforma di questo autentico Eldorado, fuori di ogni realtà, che è il Parlamento con i suoi privilegi, i suoi maxistipendi, le sue vantaggiose prerogative che lo rendono estraneo alla realtà del paese e sempre più lontano dai cittadini..