di Manuela D’Alessandro
Sul sito del ministero della Giustizia il braccialetto elettronico viene così descritto: “E’ un mezzo elettronico destinato al controllo delle persone sottoposte agli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare che si applica alla caviglia e permette all’Autorità giudiziaria di verificare a distanza e costantemente i movimenti del soggetto che lo indossa. Nel caso di alterazione o manomissione del braccialetto, è previsto il ritorno in carcere e una pena aggiuntiva”.
Il “Personal identification device” arrivò in Italia agli inizi del duemila, il Viminale ne noleggiò 400 con l’entrata in vigore del decreto legge numero 38 del 2 febbraio 2001. In primo momento l’utilizzo delle cavigliere elettroniche era previsto solo nelle province di Milano, Torino, Roma, Napoli e Catania. Poi nel 2003 Telecom sottoscrisse un altro accordo, che prevede la fornitura di 400 braccialetti in tutta Italia
Tre ordinanze fanno una una prova. Tre casi di cronaca delle ultime settimane: gli arresti del sindaco di Lodi Simone Uggetti, dell’immobiliarista Danilo Coppola e dell’ex sindaco di Como, Stefano Bruni.
Storie di presunte gare truccate e bancarotte accomunate dal fatto che, quando il gip deve decidere tra il carcere e i domiciliari, enfatizza l’inutilità del braccialetto elettronico. Ma diamo la parola ai giudici.
Partiamo dall’ordinanza riguardante la recente vicenda del sindaco di Lodi Simone Uggetti (giudice per le indagini preliminari di Lodi Isabella Ciriaco). “la misura degli arresti domiciliari con lo strumento del braccialetto elettronico si rivela inidonea a garantire le esigenze cautelari, essendo pur sempre fondata sulla spontanea osservanza delle relative e più blande prescrizioni da parte di chi via sottoposto”.
Esaminiamo ora l’ordinanza riguardante la vicenda giudiziaria dell’immobiliarista Danilo Coppola.
Il giudice per le indagini preliminari di Milano è Livio Cristofano: “la misura domiciliare coi controlli di tipo elettronico risulterebbe del tutto inefficace ed inidonea a impedire o ostacolare la reiterazione dei reati tenendo conto della loro tipologia che non necessita di presenza fisica nei luoghi di influenza (…)”.
Ordinanza Bruni (gip di Milano Maria Cristina Mannocci): “il controllo elettronico non può impedire i contatti con l’esterno, né la fuga, ma può solo comunicare l’ormai avvenuto abbandono del luogo di detenzione domiciliare”.
Questi monili sono costati oltre 100 milioni di euro pubblici. Dovevano liberare le carceri, come accade in altri paesi. Ma in Italia non si può.