di Gerardo Verolino -
Il video di quel signore grassottello che in mutande, tal Catello, accetta la scommessa di Mario Balotelli e si tuffa col suo motorino in mare per intascare 2000 euro, e che sta circolando ovunque dando un ennesimo colpo a quel poco che resta, nell’immaginario collettivo, di dignitoso e civile in città, è lo specchio fedele di cosa, col suo carico di tribalismo, lazzaronismo e trogloditismo (certo non solo questo), sia la Napoli che ci lascia in eredità, dopo otto anni, Luigi de Magistris
De Magistris che si affaccia al balcone di Palazzo San Giacomo e “parla” al suo popolo
Luigi De Magistris
È la Napoli del matrimonio tra Tony Colombo e Tina Rispoli, la vedovadi un affiliato di camorra, le cui immagini ultratrash hanno fatto il giro d’Italia. È la Napoli della pizza o della bruschetta più lunga del mondo. Delle fiere del baccalà e delle sagre strapaesane da vattelappesca. Dei pic-nic chiassosi fuori Palazzo San Giacomo. Del turismo di massa che ha invaso il centro storico gentrificandolo e cambiandogli, in peggio, l’aspetto vedendo spuntare miriadi di friggitorie, pizzetterie, b & b, negozi di scadenti cianfrusaglie Made in Cina, al posto delle tipiche e caratteristiche botteghe artigiane. Quella della delle inaugurazioni dei bar, delle pizzerie, delle taverne, delle tripperie a cui il sindaco non manca mai.
Gerardo Verolino
O quella dei colpi sparati alle porte o delle bombe fatte esplodere a scopo intimidatorio dalla camorra verso gli stessi esercizi commerciali, da Poppella a Sorbillo, a cui fa seguito il solito rito della solidarietà del sindaco che non porta a niente se, dopo poco chiude, il salumiere Scarciello taglieggiato dalla camorra e il parrucchiere Castelluccio per lo stesso motivo, i quali accuseranno proprio il sindaco di non essere servito a niente.
È la Napoli dei piatti rotti a ripetizione alla Trattoria di Nennella davanti a un sindaco, non in imbarazzo, ma in visibilio. La Napoli dei molesti e insopportabili schiamazzi notturni della movida più sfacciata, impudente e impunita del mondo, per cui un vicepresidente d’Aula, si permette di dire in segno di irrisione ai cittadini: “Tappatevi le orecchie”.
De Magistris da Nennella festeggia rompendo piatti e bicchieri
Delle coreografiche quanto inutili regate pro migranti. Della più pervasiva, insolente, soffocante presenza di parcheggiatori abusivi, venditori di calzini, postulanti di ogni genere che si sia mai vista. Dei mercatini della monnezza al Vasto. Delle auto in doppia e terza fila. Dei motorini che sfrecciano sui marciapiedi. Del Lungomare Liberato, ma dalle persone perbene, e riempito da un esercito di tamarri che per un nonnulla vengono alle mani. Delle baby gang che seminano il panico sugli autobus e che quegli stessi mezzi prendono di mira alle fermate usandoli come tiro al bersaglio dei lanci di pietre.
Il matrimonio trash di Tony Colombo
Dei viaggiatori che non fanno il biglietto e che di fronte al controllore dicono: “Gli stranieri fanno i comodi loro, e io, napoletano, devo pagare?”. Dei soliti borseggiatori che, indisturbati, scorribandano sulle linee. Degli autisti picchiati.
Dei vigilanti ammazzati di botte dal branco delle nostre stazioni dei treni che, da luogo di accoglienza e socializzazione, sono diventate lugubre terre di nessuno, spesso vandalizzate, e da percorrere di corsa pieni di paura. Delle strade “scassate” dai cantieri infiniti e che come la teoria del vetro rotto di Kelling invogliano a comportamenti anti-sociali e al “gusto per la devastazione”.
Ahed Tamimi, la Palestinapoli di De Magistris
Delle facciate dei muri imbrattate dei disegni di madonnari e graffitari, intrisi di bieco ideologismo politico, spacciate per grandi opere d’arte, che nella vulgata popolare, servirebbero a “riqualificare dal degrado”. Delle stese di camorra e della gente innocente che muore per strada per la caduta di un albero, di un cornicione di un palazzo o di una pallottola vagante in pieno giorno.
È la Napoli dove, dal centro alla periferia, trovi cumuli di immondizia sotto il Sole senza che nessuno protesti come a Roma. Dove resistono i venditori del “pacco”, i giocatori delle “tre carte” e i più stravaganti truffatori di strada. Quella dove si cerca di vendere ancora come brand vincente l’immagine consolatoria e rassicurante del pazzariello “venite, venite!”, lo stereotipo più mortificante per attirare i turisti promettendogli che troverà il Sole, il mandolino, la sfogliatella e il babà, in un’orgia mortificante di stereotipi.
Certo, la città lasciata da de Magistris, non è solo questo. È anche quella delle file ai musei e delle Universiadi. E non tutti i comportamenti sociali devianti, grotteschi o incivili dipendono da lui. Ma è indubbio che nessun sindaco ha caratterizzato come lui, ben oltre la pur martellante propaganda di Bassolino, la sua azione amministrativa con quella della città. Nessuno ha utilizzato i mezzi di comunicazione in modo così massiccio trasmettendo il messaggio che voleva: del sindaco creatore che plasma la città secondo le sue idee.
La crociera pro migranti nel golfo
E allora, quando il sindaco va ad un comizio e si rivolge al presidente del Consiglio dicendogli “Cacati sotto”, o va ad una festa dei centri sociali, e non, per dire ad un’ambasciata, e balla il “trenino” coi militanti, o quando si traveste da Re, indossando la maglia del Napoli e ponendo sul capo una corona di cartone, o quando non prende le distanze, in modo netto e chiaro e senza offrire alibi, ai violenti che sfasciano la città per la visita del leader della Lega, Salvini, o quando, ad un concerto pop, sale sul palco, e balla, descamisado e tarantolato, in modo sconcertante come un ragazzino invasato, o quando, il giorno della vittoria elettorale, sale sul balcone del Municipio e fa il gesto dell’ombrello alla folla, che messaggio sta inviando al popolo napoletano?