di Giulio Di Donato
Le élites con Hillary, il popolo con Trump. Un po’ come se dicessimo società civile contro la “casta” o meglio, le caste. È così? E comunque non è che il popolo abbia sempre ragione. Nel ’22 Mussolini non andò al potere con un colpo di Stato, lo fece tre anni dopo con il 65 per cento dei voti e 375 deputati. Lo stesso nel ’33 per Hitler. Gli Stati Uniti non sono né l’Italia del ’22 né la Germania del ’33 e Trump, ad occhio e croce, ha poco a che vedere con il duce ed il fuhrer
È stato eletto regolarmente da quell’America che gli europei conoscono poco e non amano, profonda, piatta, indecifrabile, violenta, nazionalista, giustizialista, machista e un po’ razzista, quella dei film dei fratelli Coen o di Tarantino o di Michael Cimino, non certo di Woody Allen, e non è detto che faccia sfracelli. Reagan, per esempio, non li fece.
Però la preoccupazione per uno che piace al ku klux klan, che in tutta la campagna elettorale ha urlato “Hillary in galera”, che vagheggia neo nazionalismi e neo protezionismi, di infiacchire la Nato, di costruire muri e di segregare islamici, che nominerà tre membri della Corte Suprema e che può contare su Senato e Congresso repubblicani, la preoccupazione dicevo, resta, eccome. E non certo perché si consideri la sua elezione con la puzza sotto il naso dell’intellettualismo e dei radicalismi elitari allevati da una certa “sinistra” miope e velleitaria.
Com’è potuto accadere? “The Donald” ha sfidato le élites, l’establishment, il “politicamente corretto” (e corrotto) o almeno così percepito, ha interpretato quell’America muta, gonfia di rabbia e di rancore, insoddisfatta e impaurita, che ancora arranca nella crisi e si sente sbiadita nella sua identità, come il Clint Eastwood del film “Gran Torino” o il Michael Douglas di un “Un giorno di ordinaria follia”. Insomma l’”altra” America, non New York o San Francisco, non Madonna o Lady Gaga o Sting, una America non battuta e/o ignorata da media e star system.
E se le elezioni (e la politica) sono ormai un lungo (e brutto) reality show e la democrazia una “tele-web-crazia”, perché stupirsi del successo di un bullo-miliardario-geniale-cinico-accattivante e televisivo? A proposito Grillo è saltato sul carro di Trump ma il grillismo non era cosa diversa dal trumpismo? Certo, con in comune il “vaffa’n..” ma il resto? Il comico ha idee confuse.
A proposito, mentre succede tutto questo, la sinistra che fa? In Ue non so se ancora c’è, in Italia ci sarebbe ma si autodistrugge su una modesta riforma costituzionale. Votare no serve solo a portare acqua al mulino del confuso e malsano trumpismo italiano. Da una tragedia annunciata ad una farsa indigesta.