Antonello Grassi

Antonello Grassi

Giornalista e scrittore. Ha lavorato per molti quotidiani, ultimo il Quotidiano della Basilicata di cui ha diretto la redazione materana

Gargani, Renzi e Grillo hanno già perso 
 Populismo e demagogia non portano da nessuna parte in Italia come in Europa 
di Antonello Grassi

Gargani, Renzi e Grillo
hanno già perso

di Antonello Grassi

Secondo i sondaggi, nel Sud si profila una partita a due: Renzi contro Grillo. Uno dice di incarnare la nuova Italia; l’altro giura, addirittura, che cambierà faccia all’Europa. Onorevole Gargani voi del Ncd-Udc come pensate di convincere l’elettorato meridionale a votare per voi? “Noi non abbiamo bisogno di promettere nulla. E anche se avremo meno voti di loro le dico che già ci consideriamo vincitori delle prossime elezioni”.

Sta scherzando? “Niente affatto”.

Ma in che senso: vincitori? “Nel senso che populismo e demagogia non portano da nessuna parte; e non vogliamo averci niente a che fare. Noi ragioniamo, creiamo i presupposti per costruire, non per demolire come vuole Grillo. Il quale cerca di trarre vantaggio da una situazione di oggettiva difficoltà del Paese e dagli errori compiuti, è vero, dall’Unione europea. Ma lo fa per rafforzare il suo partito, consapevole del fatto che alle Europee ha molte più chance si crescita di quante ne avrebbe alle Politiche. Demagoghi e populisti passano, io resto”.

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Settantanove anni compiuti meno di un mese fa, Giuseppe Gargani vanta il maggior numero di legislature trascorse a Strasburgo, essendo stato eletto per la prima volta nel 1999. Originario di Morra de Sanctis, in Irpinia (paese nel quale un suo fratello corre per la poltrona di sindaco), Gargani è stato un protagonista non secondario della stagione d’oro della Democrazia Cristiana, partito nel quale ha militato fin dagli anni Cinquanta ricoprendo ruoli politici e istituzionali di rilievo. Dopo lo scioglimento, nel 1994, del Partito Popolare ha aderito a Forza Italia prima di passare, nel 2010, all’Unione di Centro. Alle Europee del 25 maggio è candidato nella circoscrizione Sud per la lista Ncd-Udc.

Onorevole Gargani e Renzi, invece? “Promette, promette. Non fa che promettere e dire che lui ci mette la sua faccia. Come se questo bastasse. Come se questo dovesse rassicurarci sulla effettività dei suoi programmi, delle sue proposte”.

Che cosa ha la faccia di Renzi che non va? “Niente, ma a noi servono programmi, non facce. Le persone dovrebbero affermarsi sulla base di una proposta condivisibile, quando alle loro spalle c’è un percorso culturale, se esprimono un pensiero frutto di uno progetto collettivo. In Renzi non vedo alcuna collegialità. E non se ne può più di personalismi. Ecco perché ribadisco che, anche se avremo un risultato modesto, siamo i vincitori. Perché noi, addiferenza degli altri, ragioniamo. Ragioniamo, poi proponiamo e quindi facciamo. E ci sentiamo totalmente partecipi della cultura europea: l’unica che ci può portare fuori dalle attuali difficoltà”.

Sì, ma quando interviene la piazza…“Certo, la piazza è un luogo in cui hanno gioco facile le suggestioni. Metti molte persone insieme e si crea una situazione in cui si instaura questo stato di emozione collettiva, che può sfociare in rabbia. Eppure quando siamo in grado di parlare singolarmente con le persone, come qualche volta ci capita, riusciamo a convincerle delle nostre ragioni. E a far capire loro che la protesta, come ci insegna la storia, non porta da nessuna parte”.

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Gargani e Assunta ALmirante

Va bene, ma il sentimento antieuropeo, anche nel Mezzogiorno, è reale. Nei suoi incontri con la gente non ha questa impressione? “Ad essere diffidenti nei confronti dell’Europa sono soprattutto i più anziani. I giovani, in gran parte, si sentono europei. Mi risulta direttamente. Pensi al fenomeno Erasmus. L’Università europea è ormai una realtà: e i giovani che ne fanno parte sono ormai abituati a muoversi in una dimensione che non è più quella dell’Italia di una volta. Già si sentono cittadini europei”.

Ciò non toglie che l’Europa unita, finora, non ha mantenuto le sue promesse. “Certo, perché la Ue è oggi un insieme di Stati e Governi, non un’unione comunitaria, cioè capace di svolgere una politica che faccia gli interessi di tutti i suoi membri”.

Qual è il problema numero uno della Ue?  “L’obbligo di contenere il debito entro il tetto del 3 per cento del Pil. Un vincolo che impedisce agli Stati di spendere per creare sviluppo e promuovere investimenti, e che sta paralizzando i nostri Comuni. Sono due anni che, in Parlamento, ci stiamo battendo per far saltare questo sbarramento. E sicuramente questo sarà l’obiettivo principale della prossima legislatura. Il fatto è che abbiamo la moneta ma non una politica monetaria; e, da sola, la moneta risponde soprattutto ai mercati. Occorre un’autorità politica che non faccia capo a questo o a quel governo, ma che sia espressione dell’intera Europa. Altrimenti è fatale che la Germania, che è il Paese più forte, continuerà a comportarsi da padrona. Ma nella prossima legislatura non sarà più così. Il Parlamento sta acquisendo maggiori poteri di controllo nei confronti della Commissione”.

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Beh, poi c’è la questione dei fondi strutturali. “Sì, ma se i fondi europei non hanno funzionato non è soltanto colpa dell’Europa. Se non si riesce a programmare e a spendere bisogna prendersela con le classi dirigenti del sud, incapaci di formulare progetti adeguati e accedere (o spendere) i finanziamenti. L’unica regione virtuosa, in questo campo, come sempre, è la Basilicata”.

Ma l’Europa che cosa fa per il Sud? “Mette a disposizione fondi strutturali per tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo. L’Europa sa che il Mediterraneo rappresenta un’area di grande importanza strategica; che lì si gioca il futuro del mondo; che la Sponda Sud rappresenta il crocevia politico ed economico dei prossimi anni. E’ soprattutto in virtù di questa prospettiva che l’Europa del Sud può superare l’handicap con il Paesi del Nord. Noi non vogliamo l’Europa a due velocità. Noi vogliamo un’Europa perfettamente integrata”.

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Angela Merkel

Sì, ma non vi mette in imbarazzo stare allo stesso tempo con la Merkel, nel Ppe, e contro per la sua politica di rigore? “E’ chiaro, come dicevo prima, che se non c’è omogeneità politica, gli interessi della Germania tendono a prevalere. Ma gli stessi tedeschi stanno cominciando a capire che un’Europa complessivamente debole non conviene neanche a Berlino. D’altra parte non si può pensare di fare l’Europa contro o senza la Germania, così come non si può farla senza l’Italia. E le elezioni del 25 maggio rappresenteranno una svolta. O l’Europa rivede radicalmente le proprie strategie oppure le difficoltà sul mercato mondiale diverranno insostenibili”.

Che cosa ne pensa di iniziative giudiziarie come quella che riguarda l’Expo di Milano? “Penso che la nostra è una società smembrata, penso che è andato perduto quel senso di solidarietà che ha caratterizzato altre fasi del nostro Paese. Senza solidarietà, senza sussidiarietà non c’è armonia. Penso che sono saltati tutti i valori e non saranno certo la demagogia e il populismo a restituirceli. Anzi. Invece della pacificazione si fomenta l’odio.
E’ cambiato il modo di far politica? “Una volta, in tutte le sfere della vita civile, si poteva essere avversari leali, oggi si è nemici. Non soltanto in politica, l’obiettivo di ognuno sembra essere la distruzione dell’avversario.”
La corruzione è davvero il male dei mali? “Certo, la corruzione in una società democratica è insopportabile: ma tutto quel che si è detto e fatto negli ultimi venti anni a che cosa è servito? Ad alimentare il rancore. Bisognerebbe capire che quello della corruzione non è un problema giudiziario ma la spia della crisi di una società che ha smarrito se stessa e, dico io, il valore della solidarietà. Non è affidandosi ai giudici che la si estirpa. Non è la magistratura che determina la moralità di una società. La responsabilità è tutta nostra: a cominciare dai politici che dovrebbero garantire la trasparenza, per finire con chiunque abbia un ruolo dirigente nella società, dagli industriali ai professionisti e ai professori. Giu giù, fino alle famiglie. La questione morale ci riguarda tutti”.

 

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