di Antonello Grassi
C’è qualcosa di patetico nella deriva dei cinque stelle, ma anche di fatale. Perché una cosa va detta: quello dei 5 stelle, con tutte le sue ingenuità e il suo analfabetismo, è stato, ed è, un fenomeno spontaneo e largamente popolare
Per la prima volta, forse, l’Italia profonda, quella di coloro che non hanno santi in paradiso, quella che l’altra Italia fa finta di non vedere, la vera Italia che incontriamo negli autobus e sui treni affollati, nelle periferie degradate, nella provincia cementificata, nei luoghi del turismo di massa, per la prima volta, insomma, questa Italia ha provato davvero a darsi una rappresentanza e a contare nei luoghi che contano.
E tuttavia, anche questo va detto, di questo fenomeno popolare, più lirico che politico – come sempre da noi accade -, ha tentato di approfittarsi la parte peggiore della nostra borghesia, quella borghesia solida, antica e parassitaria che trova alleati in giornali, televisioni e circoli culturali, a loro volta parassitari.
È la borghesia impermeabile e ipocrita del “tutto cambi perché nulla cambi“: e che proprio sulla naivéte del movimento, e sulla sua inesperienza, fa cinicamente affidamento per puntellare il proprio potere eterno.