Antonello Grassi

Antonello Grassi

Giornalista e scrittore. Ha lavorato per molti quotidiani, ultimo il Quotidiano della Basilicata di cui ha diretto la redazione materana

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La sinistra in via d’estinzione

di Antonello Grassi

È andata come ci si aspettava che andasse. Cioè non benissimo per Renzi. Si sapeva da settimane che a Milano tra Sala e Parisi ci sarebbe stato un un testa a testa; mentre a Roma Giachetti era in recupero sulla Raggi, che avrebbe avuto un buon risultato  e in vantaggio sulla Meloni

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E che nella anomala realtà napoletana la strategia tutta politica di De Magistris, che ha avuto buon gioco a non farsi chiudere in una campagna sulla carente – per non dire nulla – amministrazione della città, stava dando evidenti risultati (e nessuno si è mai fatto illusioni sulla Valente, azzoppata dall’inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, dopo aver perso l’appoggio di una parte del partito e avendo subito l’ostilità dei bassoliniani).

Presentazione del nuovo gruppo parlamentare "Sinistra italiana"

Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre e Nicola Fratoianni

Quel che forse non ci si immaginava è l’assoluta irrilevanza della sinistra, il cui elettorato immaginario si è in gran parte astenuto o ha optato per i 5 stelle.

A Milano, non ci fosse stato Sala, ma una candidatura politica di sinistra-centro, come auspicava una parte del partito, probabilmente Parisi avrebbe stravinto.

E a Roma: che Giachetti abbia convinto un quarto dell’elettorato votante (benché si sia giovato della spaccatura del centrodestra: ma il voto a Marchini non è solo di centrodestra), è stato un successo se si considera come era messo il Pd qualche settimana fa.

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Renzi e la banana

Data la situazione in queste città, non si capisce che cosa avrebbe potuto fare Renzi in una battaglia elettorale che, inclusa Milano (dove si è tentato di giocare la carta dell’expo), è stata giocata fatalmente sulla difensiva.

Il confronto con le amministrative di cinque anni fa è del tutto fuori luogo se si considera l’assenza, allora, di un competitor come il M5s e che una parte non piccola dei voti raccolti cinque anni fa dai sindaci del cosiddetto rinnovamento sono oggi confluiti su quel movimento (tanto è vero che uno dei sindaci vincitori di quella tornata elettorale, De Magistris, ha potuto riaffermarsi, sia pure senza imporsi al primo turno, in assenza di un vero antagonista grillino).

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Quando Letta e Bersani sorridevano

Del resto, nella campagna politica e mediatica anti Renzi, dettata spesso dal puro spirito di autoconservazione, si nasconde – per calcolo o per incoscienza – quale sarebbe, oggi, lo stato del Pd se esso fosse rimasto nelle mani del duo Bersani-Letta, con un Marino agonizzante a Roma e con una complicata gestione del dopo Pisapia, e mentre il paese annaspa nella crisi. È dal partito che ha fallito nel 2013 in contemporanea con l’ascesa, largamente incompresa, dei 5 stelle, che occorre partire per spiegare la situazione di oggi.

Dagli esiti di quel fallimento, che si accompagnò all’emergere di pulsioni nelle quali si mescolano frustrazione sociale e riflessi d’ordine (come avviene nella formazione dei movimenti fascisti) ci ha distratto soltanto il vorticoso attivismo di Renzi. E si fa finta di ignorare che quelle pulsioni revansciste di ceti impoveriti o emarginati dalla crisi e dalla fine dell’assistenzialismo, sono tuttora attive e operanti col rischio di conseguenze gravi sul futuro di tutti. Che l’argine renziano, esaurita la formidabile spinta delle Europee, funzioni ancora, nonostante tutto, dovrebbe stare a cuore anche alla sinistra, se una vera sinistra esistesse.

 

 

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