di Giuseppe Crimaldi
A Napoli si spara ogni giorno. Si puntano le armi nel mucchio prima di premere il grilletto, tanto l’importante è fare paura. Quel che conta è fare “punti, morti e soldi”, come diceva uno dei protagonisti del film “Gomorra”. In alcune zone, come Ponticelli e Traiano, un napoletano su tre risulta essere pregiudicato. Napoli e la camorra: chi parla di quattro parassiti, c’è chi invoca l’esercito…
“Non lasceremo Napoli a quattro farabutti e parassiti di camorristi e delinquenti. Non possono essere questi farabutti e parassiti che vanno sparando in mezzo alla strada a mettere in discussione il valore, il prestigio, le potenzialità e la storia di Napoli”. Guido Marino, questore di Napoli, 12 maggio 2015.
“Chi si ostina a invocare l’esercito a Napoli come soluzione dei problemi, non capisce niente. Non so trovare un modo più elegante per dirlo ma non credo che i napoletani abbiano bisogno dell’Esercito. Se siamo invasi dai turisti tutto l’anno, ci sarà pure un motivo o sono tutti votati al sacrificio perché smaniosi di venire a Napoli per essere derubati e scippati? Non ci credo. Vuol dire, invece, che Napoli ha ben altro da offrire che non 4 parassiti, basta ricordarselo”. Guido Marino, questore di Napoli, 30 giugno 2015.
“E’ evidente che a Napoli ormai gli equilibri tra i clan camorristici sono completamente saltati. Di fronte a fatti di criminalità continui, evidenti e tragici, con attentati e sparatorie in pieno giorno al centro della città, è urgente che lo Stato tuteli la sicurezza del cittadino estendendo la presenza dell’Esercito nelle strade“. Federico Cafiero de Raho, 7 settembre 2015.
Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente, diceva Mao Tse Tung . Massima forse perfetta in tempi di rivoluzione ma non di emergenza criminale. A Napoli è in corso una guerra, e poco importa se a combatterla siano bande di ragazzini con la pistola facile piuttosto che i famigerati killer cutoliani o quelli della Nuova Famiglia. A Napoli si spara ogni giorno e un po’ ovunque. A Napoli si ammazzano gli innocenti, si puntano le armi nel mucchio prima di premere il grilletto, tanto l’importante è fare paura. Quel che conta è fare “punti, morti e soldi”, come diceva uno dei protagonisti del film “Gomorra” di Matteo Garrone.
Ci sono zone – come Ponticelli o il Rione Traiano – in cui la percentuale dei controlli delle forze di polizia indicano che un napoletano su tre risulta essere pregiudicato: percentuale altissima e preoccupante; e ci sono quartieri indifesi, privi della minima copertura di impianti di videosorveglianza.
Poi c’è un questore che continua a ripetere sempre la stessa frase: quello che succede a Napoli è colpa di quattro parassiti; e che di fatto dà dell’imbecille (“uno che non capisce niente”) a chiunque osi di contrastare il suo pensiero, di dirsi preoccupato per la situazione ai limiti dell’incontenibile, o – peggio ancora – di invocare l’invio dell’Esercito magari solo per liberare poliziotti e carabinieri da inutili ronde di controllo sotto monumenti, obiettivi sensibili, case di personalità esposte a potenziali rischi eccetera.
Peccato che tra costoro ci sia anche un magistrato serio, impegnato da tempi non sospetti nella lotta alle mafie: si chiama Federico Cafiero de Raho – oggi procuratore a Reggio Calabria – e per anni coordinatore di quel pool di pm che sono riusciti a smantellare il clan dei Casalesi in Terra di Lavoro. Uno tosto, Cafiero, che non le manda certo a dire, uno che non usa parafrasi per arrivare al punto. E che cosa dice Cafiero? Quello che pensa la maggioranza dei napoletani onesti: invoca l’invio dei militari nella città sotto assedio dei clan.
Non è ancora finita. perché poi, un giorno, a Napoli arriva la commissione antimafia, e il suo presidente si permette di parlare della camorra come “fatto costitutivo” del genus napoletano. Apriti cielo. Rosy Bindi viene lapidata ancor prima che i giornali correggano il tiro su una frase che non ha mai pronunciato (“La camorra è nel Dna dei napoletani), diventando il bersaglio più facile di un benpensantismo da salotto che continua ancora oggi a essere il primo vero nemico dello sviluppo civile, morale e materiale della città. Vuoi vedere che forse aveva davvero ragione Mao?