di Antonello Grassi
Pare che de Luca, così scrivono i giornali, non sia più centrale nell’inchiesta per la quale ha ricevuto un avviso di garanzia. Non più corruttore, come hanno titolato sulle prime i quotidiani che dicono di basarsi sui fatti, il suo ruolo è stato derubricato a quello di indagato di un reato tutto da provare, quello di concussione tramite induzione (in applicazione della recente norma che punisce anche chi “induca taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità”) per poi appannarsi al punto da non ritenersi utile, da parte dei giudici, un suo interrogatorio.
Nel frattempo si scopre che non esiste alcuna intercettazione della presunta telefonata con cui il giudice Scognamiglio – dalla camera di consiglio – avrebbe avvertito il marito dell’esito della sentenza che riguarda De Luca (ma ce ne sono numerose altre, compromettenti) mentre assumerebbero una maggiore consistenza, accanto a quelli di Menna e Mastursi, i ruoli di coloro che si proponevano come intermediari tra Scognamiglio e il governatore.
Flebile, per ora, sul piano giudiziario, il caso De Luca, ad opera delle opposizioni e dei quotidiani che si basano sui fatti, diventa politico e investe in misura diversa il Pd e lo stesso de Luca, al quale si contestano soprattutto due cose: l’essersi circondato di figure opache, assecondandone le manovre; e di aver mentito in occasione delle dimissioni di Mastursi. Se la prima accusa fa sorridere chiunque abbia percezione di come funzioni non da oggi la politica, soprattutto in periferia, e di quali persone la frequentino; per quanto riguarda la seconda contestazione – il fatto che De Luca abbia mentito – soltanto un ingenuo non vede l’uso strumentale, a fini politici, di coloro che fingono di scandalizzarsene (non occorre essere un fan di House of cards, o degli studiosi di Machiavelli, per sapere di quali arti si nutra la politica).
Ma poi: è credibile che un combattente politico e un amministratore navigato come De Luca, nascondendo la vera causa delle dimissioni del suo capo staff, potesse pensare di evitare l’ormai imminente bufera mediatico-giudiziaria? E’ così inverosimile che a indurlo a tacere, accampando la scusante dell’abbandono per incompatibilità da parte di Mastursi, siano state ragioni di opportunità politica ma anche giudiziaria (ergo: difendersi meglio) dal momento che, peraltro, l’indagato non soltanto avrebbe diritto alla riservatezza ma che, anzi, è tenuto egli stesso al segreto finché non venga a conoscenza di tutti gli atti che lo riguardano? E per lui, come per tutti, non dovrebbe valere fino a prova contraria la presunzione di innocenza, senza che scattino processi sommari basati su illazioni a mezzo stampa per scopi che nulla hanno a che vedere con la ricerca disinteressata della giustizia?
Il paradosso è che mentre al governatore si rimproverano modi spregiudicati in politica (si veda la ridicola nota di Merlo su repubblicatv), modi che tuttavia gli hanno permesso di resistere a vari magistrati scassatutto; i giornalisti che si basano sui fatti e gli anchormen che si proclamano portavoce della società civile montano un caso che, distorcendo i pochi dati noti dell’indagine, fa leva, soprattutto, sulla presunta inadeguatezza, per motivi legalistici e antropologici, di De Luca a governare. Personaggetti.