Giulio Di Donato

Giulio Di Donato

Politico, commentatore politico, avvocato

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Pasqua di morte

 di Giulio Di Donato    

Non bastava la tragedia dell’incidente in cui sono morte le 13 ragazze dell’Erasmus in Spagna, ci volevano le 33 vittime dei kamikaze dell’aeroporto e del metrò di Bruxelles per fare di quella di Pasqua una vera settimana di passione. Morte, terrore, orrore. Sui media si discute di come affrontare il terrorismo, la terza guerra mondiale come ha detto papa Francesco, e se ne sentono di tutti i colori

gisisDai lepenisti salviniani ai penitenti dell’ultrasinistra è un tripudio di fesserie che vanno da “cacciamoli tutti” a “siamo noi i colpevoli”. In queste condizioni stiamo freschi. Che fare, dunque.

Primo. L’immigrazione è una cosa il terrorismo è un’altra. Chi mette insieme le due cose sbaglia e rafforza il fronte islamico a noi ostile. Quindi, ferma restando la necessità di fermare i flussi e di redistribuirli secondo piani europei (e qui la Ue deve essere all’altezza, cosa che fino ad ora non è sempre avvenuta, ma che tuttavia non ha alternative) la linea resta quella della inclusione e integrazione.

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Giulio Di Donato

Solo che bisogna farlo con grande severità pretendendo il rispetto non solo delle nostre leggi ma dei nostri usi costumi tradizioni e stili di vita, senza alcun indulgenza o buonismo. Una integrazione/inclusione seria, rigorosa, senza concessioni e senza cedimenti. Siamo una società democratica, aperta, tollerante, multiculturale, che rispetta i diritti delle donne e delle minoranze e sono loro che si devono integrare con noi (pur mantenendo la loro identità), non viceversa.

conflitto-iran-arabia-saudita-751758Secondo. Nell’Islam c’è una guerra religiosa e politica (il controllo del mondo arabo) tra sciti e sunniti e all’interno di queste confessioni, dove proliferano fondamentalismi e fanatismi. Nel mondo cristiano qualcosa del genere accadde con la guerra dei trent’anni (1618-48) tra cattolici e protestanti quindi, tutto sommato, niente di nuovo sotto il sole. Poiché però essa ci coinvolge per tantissime ragioni, la cosa peggiore che potremmo fare sarebbe di ignorarla e non difenderci. O peggio pensare di averne qualche responsabilità (che non abbiamo) e quindi autoflagellarci in un mea culpa.

Al contrario, dobbiamo agire e difenderci con determinazione. Che non significa dichiarare guerra a nessuno (tanto sono loro che lo fanno) ma usare  intelligence e diplomazia, mettendo in conto che prima o dopo ci toccherà mettere anche “gli stivali sul terreno”. Oggi l’intelligence Ue è un colabrodo e la sua diplomazia inesistente. A complicare le cose ci sono gli interessi russi (Siria e Ucraina), quelli turchi (il separatismo curdo), lo scontro estremisti–riformisti in Iran e quelli dinastici in Arabia Saudita e Qatar, per citarne solo alcuni.

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Putin e Assad

Molti errori sono stati commessi in passato, gli ultimi in Siria (bisognava intervenire subito per chiudere la guerra civile), in Afghanistan e in Iraq (si è consentito alla maggioranza scita di emarginare la minoranza sunnita), in Libia contro Gheddafi e, in generale, sulla illusione della “primavera araba”. Tutto questo in Usa ed in Ue lo sanno benissimo solo che non sanno come uscirne.

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Obama

Mancano leadership in grado di decidere e coordinare. Obama è in uscita, sullo sfondo c’è il disastro Trump, nel pollaio di Bruxelles ognuno canta per conto suo. Ora però, col nemico dentro casa, Usa e Ue dovrebbero ragionare seriamente, con Putin, che non dovendo dar conto a nessuno è stato quello più efficace, e con tutto il mondo arabo che è la principale vittima del terrorismo.

Serve una unica intelligence occidentale, un solo punto informativo, una avveduta azione diplomatica che tenga conto delle sfere di influenze e punti ad un equilibrio stabile. E, se servirà, e servirà, predisponiamoci senza isterismi e sceneggiate pacifiste a mandare l’esercito, con compiti mirati e nel quadro di una strategia di pace duratura. Non lasciamo che vinca l’Isis, sarebbe imperdonabile.

 

 

 

 

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