Lidio Aramu

Lidio Aramu

Si è occupato sostanzialmente di agricoltura e di marketing agronomico, ha collaborato con quotidiani e periodici. Ha scritto tre libri

Posillipo

Posillipo, il dolore non ha più pausa …

Si fa molta fatica ad immaginare che in un tempo non molto remoto, l’estrema propaggine occidentale del Golfo di Napoli sia stata anche una ferace landa agricola ove si producevano ortaggi precoci e frutta in grande abbondanza dalle incomparabili qualità organolettiche.

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Riva Fiorita

Le fragranze di cedri, aranci e limoni, che fiorivano due volte all’anno, si effondevano dintorno rendendo unica l’aria che si respirava. Lungo la collina, tra giardini, boschetti ed antiche vestigia, sparse qua e là graziose ville, rinomate osterie (Trattoria della Schiava, dello Scoglio delle Sirene, di Donn’Anna, della Rotonda, quella famosissima dello Scoglio di Frisio), borghi abitati da pescatori lungo la costa e casali agricoli verso l’interno. La costa tufacea adagiata in un mare dalle tonalità oscillanti dall’azzurro turchino al verde smeraldo, si snoda tra piccoli seni, grotte ed anfratti sui cui troneggia la mole fanzaghiana del Palazzo Donn’Anna.  A fare da controcanto all’incomparabile bellezza del sito, il Vesuvio e la penisola sorrentina, le isole di Capri, Procida, Ischia, Nisida, Capo Miseno ed i Campi Flegrei.

Così il promontorio di Posillipo, dal greco Pausillypon, che significa pausa dal dolore, si mostrava alla metà dell’Ottocento. E tale sostanzialmente rimase sino all’inizio del ‘900, anche se la strada con le sue diramazioni (Via Posillipo) voluta da Gioacchino Murat (1812) per collegare i due versanti della collina, una volta persa questa funzione in seguito alla costruzione di un tunnel di collegamento tra Piedigrotta e l’area flegrea, favorì la “valorizzazione” del sito con un’intensa attività edilizia. Una cementificazione che via via ha confinato l’amenità del verde nel ricordo letterario, nei ristretti muri perimetrali di ville e su alcuni lembi di terra miracolosamente scampati per chissà quale arcano motivo alla speculazione edilizia. L’estesa privatizzazione del paesaggio e la sua profonda trasformazione non hanno tuttavia cancellato le seduzioni naturalistiche del colle, anche se oramai bisogna andarsele a cercare trattandosi di “bellezze da balaustra”.  Una bellezza che è tutta racchiusa nel magico connubio terra/mare e nel sinuoso abbraccio tra i due elementi e che si può ammirare per alcuni tratti dall’alto delle grandi arterie stradali o, in tutto il suo splendore, dal mare. Si è costruito dappertutto, persino sugli speroni tufacei a picco sul mare.  E lungo la linea di costa, tra grotte ed isolotti, sopravvivono antiche e moderne leggende.

palazzo donn'anna

Palazzo Donn’Anna

Il mare ed il vento incuneandosi nelle grotte che si trovano al di sotto del Palazzo Donn’Anna riproducono suoni a somiglianza di voci lamentose. La leggenda popolare vuole che lì, in quegli anfratti, vaghino le inquiete anime degli amanti della dissoluta regina Giovanna la quale, dopo averli scelti tra i pescatori del luogo ed “utilizzati” per tutta la notte, all’alba del nuovo giorno li faceva precipitare dall’alto per sbarazzarsene con rapidità e senza troppe complicazioni. Di fronte allo splendido sobborgo marinaro di Marechiaro altri fantasmi hanno fissato la loro residenza in quel che rimane dell’Odeon della villa imperiale di Pausilypon di Publio Vedio Pollione, il Palazzo degli Spiriti. A fronteggiarlo, poco distanti, tre isolotti di tufo, il maggiore dei quali, è sormontato da una villa signorile costruita nella metà dell’Ottocento. La Gaiola, deve il suo nome alle numerose piccole grotte (dal latino caveola) disseminate lungo la costa antistante.

Palazzo degli Spiriti  parco delal gaiola

Marechiaro

 Pur essendo uno dei posti più incantevoli di Napoli, viene ricordato dai napoletani per la leggendaria maledizione che sembra colpire i proprietari della villa. Tanti illustri personaggi ne subirono l’influsso sinistro: Orazio Nelson, Oscar Wilde, Wolfgang Göethe…
All’inizio degli anni Venti, ne era proprietario il tedesco Hans Braun. Fu trovato morto, avvolto in un tappeto, con la testa trapassata da un proiettile, mentre la sua donna morì annegata per il cedimento della corda della teleferica che collegava l’isoletta alla terra ferma. Questa la radice della leggenda posillipina dello spireto ‘e Lucietta che, ancora oggi, sembra si aggiri sulla Gaiola nelle notti di tempesta innalzando al cielo il suo lugubre lamento.
La villa passò quindi nelle mani dello svizzero Maurice-Yves Sandoz, brillante imprenditore farmaceutico suicidatosi in un manicomio svizzero. Fu poi la volta del tedesco Otto Grunback, il quale morì d’infarto mentre soggiornava nella villa. Al Grunback subentrò un altro tedesco, il barone Paul Karl Langheim, un magnate dell’acciaio. Nei circa venti anni in cui abitò alla Gaiola, circuito da amicizie poco affidabili, dissipò circa trenta miliardi di lire in sfarzosi ricevimenti. Finito in miseria, fu costretto a cedere la proprietà dell’isolotto a Gianni Agnelli. Il manifestarsi di coincidenze negative sull’andamento delle sue attività, convinse l’imprenditore torinese a disfarsene vendendola al miliardario americano Paul Getty.  La storia del rapimento del nipote a scopo di riscatto avvenuto dopo pochi mesi dall’acquisto è ancor vivo nella memoria collettiva. L’ultimo proprietario della Gaiola è stato un uomo d’affari napoletano, Giampasquale (Ninni) Grappone, travolto dal dissesto finanziario della società di assicurazione “Colombo” finì in galera per bancarotta. Dal 1983, il sito e la villa sono di proprietà della Regione Campania dimostratasi, alla prova dei fatti, refrattaria ad ogni leggendaria maledizione.

Il promontorio di Posillipo termina con un’altura di circa 150 metri sul livello del mare. Costituito prevalentemente da tufo giallo, un materiale piroclastico molto friabile, il colle è caratterizzato da un’alta franosità diffusa, richiamata tra l’altro nella sua denominazione di Monte Ricotta. Ed è proprio in quel frequente precipitare in mare di massi che prende corpo la leggenda popolare dei Ciclopi. E’ proprio qui, infatti, sull’estremità del promontorio di Posillipo, che Omero ambienta la scena dell’accecamento di Polifemo per mano di Ulisse e dei suoi marinai. Ambientazione ricostruita in modo credibile nel 1929 da Victor Bérnard – uno storico che si occupò dei viaggi di Ulisse – il quale individuò in Nesis (Nisida), l’isoletta ove pascolavano le capre e nell’ingresso della grotta di Seiano – versante golfo di Napoli – l’antro ricoperto di lecci in cui viveva Polifemo.

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Parco delle Rimembranze

La sommità dell’altura è stata però anche luogo di memoria, in quanto l’Alto Commissario per la città e la Provincia di Napoli, nel 1930, dando seguito alla circolare del 27 dicembre 1922 firmata da Dario Lupi, volontario di guerra e sottosegretario alla Pubblica Istruzione, realizzò il Parco delle Rimembranze dei Caduti in Guerra. Un’area sacra dedicata al culto della Patria e di coloro che caddero per Lei ove gli scolari avrebbero poi piantato un albero per ogni figlio di Napoli caduto sui fronti di guerra e custodita da una guardia d’onore di giovanissimi alunni come stabilito dal Regio Decreto del 9 dicembre 1923, n. 2747. L’area fu oggetto di notevoli lavori per la costruzione dell’ingresso monumentale, i viali di accesso ed il ponte della Vittoria.

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Villa Rosbery

Alla fine degli anni Trenta, le alte sfere della politica locale avevano ipotizzato di realizzare in questo sito l’Esposizione Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare. Avevano previsto persino la costruzione di due capienti ascensori che dalla baia di Trentaremi avrebbero dovuto portar su i visitatori provenienti, via mare, dal porticciolo di Santa Lucia. Un’ipotesi questa fermamente scartata da Mussolini che volle l’Oltremare realizzata nel Rione Flegreo per dare concretezza all’espansione della città verso occidente. Al parco fu evitata così una irreversibile e delittuosa cementificazione.

Nel dopoguerra, mutati i valori e venuta meno la sua funzione sacrale, il sito è stato oggetto di numerose trasformazioni e degli utilizzi più vari e bizzarri, da circuito automobilistico di Posillipo a sede per grandi eventi culturali. La stessa denominazione, pur non avendo alcun nesso con il vate mantovano, è stata mutata da Parco delle Rimembranze in Parco Virgiliano, probabilmente lo si deve alle atmosfere mitologiche che si respirano dall’alto delle sue terrazze vulcaniche che inducono lo sguardo ad indugiare sulla splendida location del Canto VI dell’Eneide: i Campi Flegrei, terra di fuoco e di Titani.

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14 pensieri su “Posillipo, il dolore non ha più pausa …

  1. Marfisa Vittorio

    Molto interessante ed esauriente.non sapevo di Polifemo,pur essendo nato e vissuto per 24 anni al Parco Elena.Saluti Vittorio

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  2. Francesco Vetere

    Davvero un bell’articolo!complimenti!
    Vorrei sapere se esistono libri che parlano di Posillipo e della Gaiola!grazie

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    1. lidio aramu

      Su Posillipo esiste una vasta bibliografia. Di recente è stata pubblicata una monografia dal titolo “Posillipo. Storia e mito”, scritta da Ivan Varriale per i tipi della Valtrend. Potrebbe rispondere alle sue esigenze.
      La ringrazio per i complimenti. Al prossimo articolo.
      Cordialmente
      Lidio Aramu

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    2. Fabiana C

      esiste un testo intitolato “fantasmi a napoli” di annamaria ghedina che trovo molto affascinante e parla dei miti e delle leggende di napoli ….è suddiviso per quartieri e parla anche della Gaiola e ovviamente di Posillipo

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  3. Stefano

    invito a modificare la didascalia della foto denominata ” parco marino della gajola ” poichè in realta’ è una foto di marechiaro

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  4. Giuseppe Osc i

    Complimenti bellissimo articolo scritto molto bene e piacevole da leggere.
    Un posillipino !!

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  5. Marina paternostro

    Un articolo con tante informazioni interessanti per posillipini doc. Grazie di aver condiviso con noi il suo lavoro.

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  6. Giovannella Sansone

    UN articolo piacevolmente intrigante e pieno di fascino per chi ha nel cuore Posillipo,la sua storia,i suoi miti !Bravo come sempre Lidio Aramu a catturare l’interesse del lettore ! Giovannella Sansone

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  7. Giovannella Sansone

    Vorrei segnalare che il Parco delle Rimembranze sia stato chiamato Virgiliano dal racconto popolare che Virgilio ( ritenuto mago dai napoletani )abbia salvato la città di napoli dall’invasione, se non erro ,dei Saraceni .Virgilio ,si dice avesse previsto tale invasione e avrebbe fatto nascondere la popolazione appunto nelle grotte di Seiano .Ancora si dice che tali grotte comunicassero ,per vie sotterranee ,con il centro di Napoli . iovannella SansoneG

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  8. lidio

    Virgilio è al centro di numerose leggende che lo vedono come protettore della città. Le confesso di non conoscere quella alla quale lei fa riferimento e che giustificherebbe la nuova denominazione del Parco delle Rimembranze. E anche se fosse quella la ragione, la grotta di Seiano non ha sbocchi sulla sommità del Capo di Posillipo. Ed al vate mantovano da tempo è dedicato il parco ove si trova il suo cenotafio. Continuo a pensare che con il cambio di denominazione abbiano voluto eliminare un altro pezzo della memoria storica di Napoli.

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  9. John Lockwood

    However difficult for me to read, the grammar and the adjectives are a little advanced for my level of the Italian language, I found it to be exquisite. It is written with firm erudite
    and deep knowledge. Complimenti

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  10. Sandrina Segresti

    Un articolo educativo,interessante che affascina.
    Tante leggende o no, contribuiscono a renderlo
    seducente e intrigante!!!! scritto sempre con
    sagace maestria…..
    Bravo Lidio complimenti!!!

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