Lidio Aramu

Lidio Aramu

Si è occupato sostanzialmente di agricoltura e di marketing agronomico, ha collaborato con quotidiani e periodici. Ha scritto tre libri

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Ma la Metropolitana
la stanno facendo
o la stanno cercando?

  di Lidio Aramu

A proposito dei numerosi cantieri e della lunghezza estenuante dei tempi della costruzione del Metrò, a Napoli, circola una simpatica spiritosaggine: “Scusate, ma la Metropolitana la stanno facendo o la stanno cercando?”. In realtà la battuta centra i due aspetti fondamentali del procedere negli scavi: recuperare laddove è possibile le tessere della memoria storica della città sepolte nel sottosuolo partenopeo e arricchire la rete della mobilità con un’importante infrastruttura, la quale potrebbe risolvere le annose problematiche della viabilità cittadina.

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La prima parte del disegno può dirsi molto soddisfacente giacché sono state riportate alla luce importanti testimonianze d’epoca romana, sveva, aragonese, angioina…

Per quel che concerne la metropolitana c’è da dire che oltre le stazioni dell’arte – alcune veri e propri capolavori – il materiale rotabile e la sua organizzazione risultano poco rispondente ai parametri di un trasporto passeggeri degno di questa definizione.  Vagoni affollati al punto da distruggere la teoria dell’incompenetrabilità dei corpi, corse saltate, avarie e quant’altro concorrono non poco a rendere il gioiellino poco efficiente.

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Sebastião Salgado

Sebastião Salgado

Ma di questo scriveremo in altra occasione. Al momento, osservando dall’alto il procedere dei lavori per il collegamento al porto della tratta della linea metropolitana Piazza Dante- Centro Direzionale, la grande piazza compresa tra il Palazzo di Città e la Stazione Marittima, tra il teatro Mercadante ed il Maschio Angioino è un enorme cantiere a cielo aperto, in alcune giornate sembra di rivedere, in sedicesimo, le immagini della Sierra Pelada fissate da Sebastião Salgado, con due rilevanti differenze: in piazza Municipio non c’è né oro e neanche il brulichio delle larve umane alla disperata ricerca di una pepita per poter sopravvivere.

Tuttavia, a fine lavori, il biglietto di presentazione di Napoli dal mare muterà profondamente ed in positivo mentre i rinvenimenti archeologici renderanno ancora più corposo – anche se scarsamente valorizzato – il patrimonio storico-architettonico ed artistico cittadino.

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Ad onor del vero, la trasformazione è già iniziata. La parte prossima a Palazzo San Giacomo, dove prima svettavano cedri, pini, prati ed altre essenze botaniche, è stata tramutata in un grande ed arso spiazzo nel centro del quale – dopo averla trasferita dalla Piazza della Borsa a Via Medina – è stata collocata, si spera definitivamente, la fontana “pellegrina” del Nettuno.

La campagna di scavi effettuata nell’area compresa tra la porta della cittadella e via Acton ha riportato alla luce preziose testimonianze di epoca romana, sveva, angioina e aragonese oltre a tutto ciò che il progetto dell’Assessore al decoro urbano – il conte Pietro Municchi – approvato nel 1921, per l’isolamento del Maschio Angioino, aveva ricoperto con una lunga e larga teoria di aiuole. I lavori, cominciati nel 1923, continuarono con gli Alti Commissari Castelli e Baratono fino agli Anni ‘30. Furono così demolite le superfetazioni elevate sul castello, le fabbriche e i capannoni sorti a ridosso dei bastioni.

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Dopo il porto di età romana, le imbarcazioni ed oggetti di uso comune, ecco affiorare quel che fu il Molo Angioino con tutte le modifiche strutturali subite nel corso dei secoli, dalle dominazioni straniere (Angioini, Aragonesi), e dagli italiani dell’Ottocento.

Durante i lavori di scavo, tra l’altro, sono venuti alla luce alcuni vani interrati ed un ossario facenti parte della chiesa di Santa Maria del Rimedio al Molo Grande, abbattuta alla metà dell’Ottocento per ampliare gli spazi destinati alle attività portuali.

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Il sottosuolo di Piazza del Municipio, quindi, si è rivelato una vera e propria miniera di pregiati reperti archeologici al punto che il loro insieme consentirà di costituire il Parco Archeologico al centro del quale si svilupperà la lunga galleria con tapis roulants del collegamento tra il porto e la stazione Municipio.

Salvatore Settis

Salvatore Settis

Anche se la campagna di scavi ha richiesto uno scotto in termini di allungamento dei tempi e lievitazione dei costi dei lavori, oggi si può affermare che il ponte romano sulla via Antiniana (Stazione Salvator Rosa), le ceramiche sveve e angioine (Stazione Dante), le fortificazioni edilizie aragonesi (Stazione Toledo), i resti della fortificazione bizantina (Stazione Università), un tempio di epoca romana (Gymnasium), colonne, parti del frontone, resti di un pavimento a mosaico , parte delle balaustre in marmo di una scala (Stazione Duomo), mura di epoca romana (Stazione Garibaldi), conferiscono al patrimonio culturale napoletano sparso sul territorio cittadino quella capacità di attrazione data dalla “Presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte – come scrive Salvatore Settis – conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sede abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt’uno con la nostra lingua, la nostra musica e letteratura, la nostra cultura, […] la nostra memoria, la nostra anima. Ed è proprio questo tessuto connettivo che rende il patrimonio inestimabile anche sul fronte dell’immagine e della valorizzazione. Il nostro bene culturale più prezioso è il contesto, il continuum fra monumenti, le città, i cittadini”.

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A Napoli – ma in tutto il resto del Paese anche se in misura molto, ma molto minore – l’anello debole è dato dalla mancata valorizzazione dei beni culturali. Il pensiero va alla Crypta neapolitana, il cui restauro si è fermato dinnanzi alla solita cronica carenza di fondi disponili, e alla città greco-romana tutta ancora sotto terra per la scelta di tenere in piedi i “primariati” del Primo policlinico, un complesso obsoleto e poco frequentato dall’utenza napoletana.

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E’ noto, infatti, che il turismo culturale, e non quello plebeo che ammiriamo sul lungomare “liberato”, cresce in misura esponenziale laddove sono operativi piani di valorizzazione imperniati sull’ampliamento e la riqualificazione dell’offerta. Il ruolo del patrimonio culturale indiscutibilmente costituisce un prezioso fattore di sviluppo economico e in termini di occupazione diretta ed indotta. Ma tutto questo sembra che le classi dirigenti napoletane – e non savoiarde – non ne abbiano percezione, primo fra tutti il rivoluzionario sindaco De Magogistris.

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Le vicende dei restauri mai realizzati è storia antica ed incancrenita. Sembrava che “Il grande progetto per il centro antico” finanziato dall’Unesco potesse costituire una svolta epocale, ma ancora una volta, oltre il fragore delle chiarine e dei tromboni della retorica, il nulla.

A questo punto, il rischio che l’Unesco ritiri la disponibilità a finanziare è oltremodo concreto e Napoli, grazie all’incapacità e all’accidia dei suoi dirigenti, registrerà l’ennesima occasione di sviluppo perduta.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Un pensiero su “Ma la Metropolitana
la stanno facendo
o la stanno cercando?

  1. Giovannella Sansone

    Questa vicenda dei restauri che a me ,come a tanti Napoletani sta a cuore , viene descritta da Lidio Aramu in modo chiaro e con critica obbiettiva . Come sempre un acuto e onesto scrittore della nostra vita ! Grazie Lidio Aramu

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