Lidio Aramu

Lidio Aramu

Si è occupato sostanzialmente di agricoltura e di marketing agronomico, ha collaborato con quotidiani e periodici. Ha scritto tre libri

L'incantesimo delle idee
I partigiani dei vincoli urbanisti e le nuove mani sulla città  
di Lidio Aramu

L’incantesimo delle idee

di Lidio Aramu

Tra le tante singolarità Napoli annovera quella di avere il Centro storico più ampio delle città europee. Estensione – è bene ricordarlo – che deriva dalla somma delle superfici della città museo, patrimonio dell’umanità (700 ettari) con quelle dei centri storici degli ex Comuni periferici, aggregati alla città nei primi Anni ’20, e di ampi comprensori urbanizzati tra l’Ottocento ed il Novecento (1204 ettari). Un’enormità.

Il Comune tuttavia è riuscito, nei fatti e nel tempo, a vanificare la dotta e fondata distinzione tra Centro antico e storico fatta da Roberto Pane, avendo confuso gli elementi caratterizzanti le parti in un unico scandaloso ed intollerabile stato di degrado. Lo stillicidio di piccoli crolli e quelli probabili d’interi fabbricati ha dato origine a censimenti di cui si sono perse le tracce, mentre gli edifici storici continuano a disgregarsi inesorabilmente nella totale indifferenza ed in un crescente clima di insicurezza sociale.  Alle preoccupate contestazioni delle associazioni civiche, le autorità rispondono con le opere previste dal “Grande progetto per il centro antico” e finanziate con 100 milioni di euro. Un progetto non ancora avviato e che comunque avrà effetti appena percettibili per l’ampiezza complessiva dell’area da salvaguardare e rivitalizzare.

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Mmiezo ‘a Parrucchiella

Contrariamente ai suoi predecessori, Luigi de Magistris, fin dal suo avvento a palazzo San Giacomo, ha dato prova di grande attenzione al patrimonio storico-paesaggistico della città. Anzi, ad onor del vero, per essere maggiormente incisivo, dopo qualche timido accenno ad un suo impegno nella valorizzazione turistica dell’ex area industriale di Bagnoli, si è dedicato animo e corpo alla “libberazione” del lungomare.

E lo ha fatto con la massima determinazione, trasformando quello che il Piano traffico considerava, sbagliando, un asse primario di collegamento in una location per eventi internazionali d’incerta rilevanza. Nautica e tennis hanno monopolizzato la fu via Caracciolo trasformandola di volta in volta in una singolare tribuna ed in monumentale campo di tennis. Ma che fatica. Quante ordinanze, troppi tempi morti da riempire tra un evento e l’altro.

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Il  Lungomare Libberato

Ma lui va a “carrarmato”, travolgendo le proteste dei posillipini e delle associazioni di cittadini attivi, sfidando la Soprintendenza, anche a costo di sacrificare la storica Villa comunale, l’area monumentale dedicata ad Armando Diaz e le prospettive paesaggistiche del luogo-simbolo di Napoli.

Napoli è la città della tolleranza.Sopportazione che si sintetizza visivamente nella formula “Tutt’ quant’ amma’ campà”. Una concezione filosofica rinunciataria che impedisce di andare oltre il contingente, ma che apre le porte alla cosiddetta “arte di arrangiarsi”, alla ricerca di un modo per sopravvivere. Una sopravvivenza che assume le forme più disparate dagli indecorosi banchetti della Caracciolo, ai gruppi di colletti bianchi che orientano le scelte della politica o sono funzionali ad essa.

In questi giorni, con un quotidiano a far da cassa di risonanza, si parla molto del futuro del lungomare “libberato”. A dar fiato alle trombe, apparentemente, non è stato il sindaco di Napoli, ma l’Associazione Napolicreativa con la quinta edizione del Premio “La convivialità Urbana”. Un concorso d’idee per progettare il futuro strutturale e funzionale dell’asse stradale compreso tra Largo Sermoneta e Via Nazario Sauro.

Si tratta di un luogo sottoposto a più vincoli di tutela, una condizione questa che rende illusoria qualsiasi ipotesi di trasformazione. “Nel caso della via Caracciolo – ricorda l’architetto Isabella Guarini, per lunghi anni espressione autorevole del mondo accademico e portavoce del Comitato Civico Posillipo, Ambiente e Fauna – c’è il precedente del concorso bandito dal Comune di Napoli nel 1999, con una spesa di 50 milioni di lire. Non ci furono vincitori, proprio per la particolare delicatezza del sito, che non ammette altro se non la sua conservazione!”.

quartieri spagnoli

Quartieri Spagnoli

Ma l’Associazione Napolicreativa sembra avere una particolare predilezione per i siti vincolati – Piazza San Luigi, il Casale di Posillipo, Piazza Mercato e la Mostra d’Oltremare – e questa volta è affiancata dall’Ordine degli Architetti Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori di Napoli e Provincia e dall’Acen Associazione Costruttori Edili Napoletani.

Ricompare all’orizzonte quel blocco sociale “residuo lazzaronesco e feudale” secondo la definizione che ne ha dato Pasquale Saraceno. Quel blocco sociale che ostacola ogni programmazione di lungo termine e di vasto respiro affinché prevalga “il ricorso sempre più frequente a procedure e strumenti speciali e derogatori” strade maestre “della rapina e del saccheggio della pubblica ricchezza da parte di forze che nulla hanno a che fare con autentiche forze produttive». Ma a proposito, de Magistris non aveva scassato?

Tutti insieme appassionatamente quindi per sostenere il maniacale disegno dell’amministrazione comunale. Segno di una mutazione dei tempi e dell’avvento di un Regno del possibile? O forse perché – come argutamente ha ipotizzato Isabella Guarini – sono proprio i vincoli che si vogliono far cadere attraverso l’incantesimo delle idee? Comunque sia, il confronto d’idee su quello che potrebbe essere un futuro da Acquapark free time per via Caracciolo, potrebbe rimanere una mera esercitazione accademica.

soprintendente Giorgio Cozzolino e il sindaco Luigi de Magistris

Stretta di Mano fra Cozzolino e De Magistris. Ma…

 

A meno che il braccio di ferro instaurato tra il sindaco valorizzatore ed il soprintendente Cozzolino non si concluda con l’allontanamento di quest’ultimo dal suo delicato ufficio. E, dati i precedenti storici, pensarlo non è un azzardo.

Andando in giro per Napoli, con lo sguardo alto, rivolto agli innumerevoli edifici storici, ci si rende conto che quello del soprintendente è un mestiere difficile. Gli abusi permanenti che deturpano le armonie delle antiche architetture sono in genere giustificati con il monotono ritornello della mancanza di uomini e di risorse e della volontà politica che tende a ridurre i poteri degli organi periferici del Ministero per i beni e le attività culturali. Ma è solo una parte della verità. Per completarla c’è da dire che esistono tre diverse tipologie di sovrintendenti: i collusi, gli inetti, gli ininfluenti. Alle prime due appartengono coloro che hanno consentito le manomissioni dei beni architettonici e paesaggistici della città. Un ricordo per tutte: gli scempi della storica Villa comunale. Giorgio Cozzolino appartiene senz’altro alla terza tipologia.

Nel prendere possesso del suo ufficio, affermò con estrema chiarezza, dopo il laissez faire del suo predecessore, che il rispetto dei vincoli tornava ad essere la condizione essenziale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico napoletano. E alle parole ha fatto seguire i fatti. Più volte ha formalmente ricordato a de Magistris i tre vincoli che insistono su via Caracciolo, l’indifferibile rimozione dei famigerati baffi della scogliera antistante alla rotonda Diaz ed il restauro della Cassa armonica di Enrico Alvino solo per restare ai temi più dibattuti nell’era dell’amministrazione arancione di Napoli.

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Il Nutella day

Ma i confronti sull’utilizzo anomalo di altri luoghi simbolo della città non mancano. Sono ancora nell’aria gli echi della recente contrapposizione tra sindaco e soprintendente sull’opportunità di occupare piazza del Plebiscito con strutture commerciali per il Nutella-Day. Un contrasto nato da un equivoco, da difetti di comunicazione. Forse. Fatto sta che si fronteggiano da un lato, un “burocrate”, che assolve il dovere di far rispettare le leggi di tutela del patrimonio monumentale e  d’impedire lo sfruttamento commerciale dei luoghi più rappresentativi di Napoli. Dall’altro, un politico proteso ad ottenere il massimo profitto in termini di visibilità e di consenso elettorale ad ogni e basso costo.

Sembra di essere tornati indietro di qualche secolo, quando a scontrarsi erano i plenipotenziari della Napoli illuminata e quelli della componente lazzara e plebea del popolo delle feste e della farina. La città non ha memoria, i napoletani sono refrattari alle lezioni della storia. Si limitano a mugugnare o a lanciare anatemi. Ricordano bene, anche grazie al capolavoro di Francesco Rosi, la speculazione edilizia d’epoca laurina, ma non vanno oltre la retorica delle mani sulla città. Come se la speculazione edilizia si fosse esaurita con l’eclisse politica del Comandante. In realtà, le gigantesche periferie dell’abusivismo edilizio e l’infinità di abusi, dimostrano l’esatto contrario ponendo in evidenza l’esistenza di una feconda reciprocità – diretta o indotta – tra speculazione e politica.

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Vista Vesuvio con Jolly Hotel

Non c’è napoletano che, osservando il panorama della città dall’antico Corso Maria Teresa d’Austria, non rilevi il forte impatto paesaggistico determinato dal grattacielo del Jolly Hotel che s’interpone tra il punto d’osservazione ed il Vesuvio. Le pietre parlano e quelle hanno una storia da raccontare che ben pochi conoscono.

I Guantai Nuovi per lo stravolgimento dell’antica trama urbanistica e delle normative che regolavano le altezze dei fabbricati, ben rappresenta l’archetipo urbano della speculazione edilizia. Da questo bailamme architettonico, nel 1953 si elevò una torre – progettata da Stefania Filo Speziale per conto della Cattolica Assicurazioni –  di oltre 100 metri d’altezza.

Una ziqqurat fuori contesto, che altera con forza lo skyline della città. La sua edificazione fu oggetto di un duro dibattito politico ed urbanistico, fatto di aspre e dure critiche, di sospetti sulla legittimità delle licenze edilizie e dell’opposizione intransigente del soprintendente del tempo, Antonino Rusconi. Un’autorità assoluta in materia di restauro. A lui si deve, tra i tanti edifici storici recuperati dalle macerie della guerra, il restauro della chiesa di Santa Chiara, duramente colpita dalle bombe anglo-americane. Dopo aver negato alla società costruttrice il benestare della Sovrintendenza ai Monumenti, il granitico sovrintendente, bloccò tutte le attività del cantiere edile. Ma la Cattolica Assicurazione, disponeva di solidi appoggi in quella Dc che nel ’48 aveva sbaragliato ogni opposizione, per cui al valente soprintendente non rimase altro che accettare l’invito a tornare nel suo Trentino.

C’è da sperare che a sostegno dell’impegno dell’architetto Giorgio Cozzolino cresca un forte e tangibile consenso popolare affinché questa volta il soprintendente non venga lasciato – come avvenne per Antonino Rusconi – in balia dello strapotere arrogante della politica, nell’interesse della città e dei napoletani che verranno.

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2 pensieri su “L’incantesimo delle idee

  1. Bona Mustilli

    Grande pezzo molto esaustivo e chiaro, secondo me sarebbe ora che il Sindaco se ne andasse e ci liberasse veramente

    Replica
    1. isabella guarini

      Lidio , ha detto tutto! Ormai il processo di banalizzazione del Centro storico di Napoli e dei siti paesaggistici è in atto , per cui se non s’interviene , diventerà irreversibile! Per quanto attiene alle iniziative di Napoli creativa, mi sorge il sospetto che il fine sia quello di dimostrare che i vincoli si possano eliminare con la forza delle idee, perché tutti gli sponsor hanno interesse, non solo a intervenire solo nelle zone pregiate, ma anche alla sanatoria dell’abusivismo! Non si spiega altrimenti il sostegno a un’associazione privata che promuove progetti lì dove non si possono realizzare, specialmente da parte dell’ACEN!

      Replica

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