Antonello Grassi

Antonello Grassi

Giornalista e scrittore. Ha lavorato per molti quotidiani, ultimo il Quotidiano della Basilicata di cui ha diretto la redazione materana

I Sassi in bocca  
 Matera capitale della cultura, una scommessa forse persa in partenza   
 
di  Antonello Grassi

I Sassi in bocca

 di Antonello Grassi

Con sette voti su 13 membri, la giuria presieduta da Steve Green, come è noto ha votato Matera come Capitale Europea della Cultura per il 2019 superando la concorrenza di Cagliari, Lecce, Perugia-Assisi, Siena e Ravenna. Ma che significato ha per il Mezzogiorno questa proclamazione, quale effetto può avere per lo sviluppo del territorio? E, soprattutto, arriviamo attrezzati all’appuntamento? Antonello Grassi ha affrontato questi temi con Emilio Nicola Buccico, l’uomo che lanciò, da sindaco di Matera, la candidatura della città. Un’intervista-reportage in due puntate per vedere dal di dentro come stanno le cose…

Imponente come Nero Wolfe, voce da baritono quale si conviene a un principe del foro, Emilio Nicola Buccico mi riceve nel palazzo di famiglia che lui ha trasformato in uno studio legale e dal quale dirige le battaglie processuali di potenti ed ex potenti della regione. Un fortino dal quale Buccico, classe 1940, ex sindaco, ex senatore, ex presidente nazionale del Consiglio forense, ex componente del Csm, osserva e giudica la città: di cui dice di conoscere ogni pietra, e che costituisce l’oggetto perenne dei suoi studi (attualmente sta scrivendo quella che lui definisce la storia-antistoria di Matera).

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Nicola Buccico

“Dove è finita la borghesia di una volta? Dove sono le famiglie che hanno fatto la storia di Matera? Che ne è dei Ridola, dei Gattini, dei Duni, dei Giura Longo, nomi che evocano storie irripetibili, eroismi impensabili? Non c’è più niente, tutto finito. La città era a un bivio decisivo. E dire che la candidatura di Matera a capitale europea della cultura nel 2019, candidatura che io lanciai per scommessa quand’ero sindaco, doveva essere un’occasione per tentare di ricostruire un’egemonia culturale in città. Un’occasione che il comitato non ha voluto sfruttare, chiudendosi in una lettura parziale, miope, provinciale dell’evento.”

Qual è l’occasione perduta? Sarebbe stato necessario aprire un dibattito corale, ampio e profondo; e mettere sul tavolo questioni radicali: che cosa sono i Sassi? qual è l’anima della città? Si sarebbe dovuta prospettare un’interpretazione, offrire una visione. Gli intellettuali? Non mancano, ma ognuno va ormai per la sua strada. E la classe di governo ha completamente abdicato al suo ruolo.  Ecco perché ai tanti che mi chiamano perché mi impegni in politica rispondo: basta, quel tempo è finito e non torna. Pessimista? Certo. E da conservatore inveterato la penso come Gramsci che contro le sacrosante ragioni del pessimismo invocava l’ottimismo della volontà”.

Qual è la prima cosa che le viene in mente, quando pensa a Matera? L’umidità. Colpa del tufo, l’elemento primordiale della nostra storia. La nostra è un’umidità genetica. La storia di Matera nasce il giorno in cui l’uomo comprende che questa natura è docile, si lascia addomesticare. La morbidezza del tufo permette l’escavazione di gallerie, con la creazione di vani e cisterne, con l’accumulo di detriti per la costruzione delle case. E’ così che nasce l’architettura spontanea dei Sassi.

i-sassi-di-matera-d0b9e09b-774e-49a7-a137-5e95970cec59“Matera non è i Sassi. Ed i Sassi non sono Matera. Chi non capisce che non è così, non ha capito niente “

 

E questo ne fa un caso unico? No. Ciò che fa di Matera un caso straordinario è che questo è l’unico luogo al mondo in cui tu hai la percezione fisica, visiva di quello che è stato il cammino dell’uomo dagli inizi della sua storia a oggi. Se, scendendo per i Sassi, guardi di fronte, all’altro lato della gravina, hai lo spettacolo dei primi insediamenti primitivi e, insieme, la testimonianza viva di sistemi ancestrali, tuttavia ingegnosissimi, per l’irreggimentazione naturale delle acque nei Sassi: una scoperta che si deve all’architetto Pietro Laureano, e che ci permise di ottenere l’iscrizione di Matera alla lista delle città-patrimonio dell’Unesco.

Che cosa pensa dell’equazione Matera-Sassi? Che è un grosso errore. I Sassi sono solo un pezzo della nostra storia. Materia è altro. E’ anche molto altro.

La Civita

La Civita

Mi sembra pessimista..  No, sono realista. Oggi Matera è una città sepolta; quelli ai quali assistiamo sono solo fuochi d’artificio: non porteranno a niente. Siamo destinati in ogni caso al fallimento. Lei per caso vede una strategia? No, c’è solo un susseguirsi di piccoli eventi ai quali viene apposto il timbro: Matera 2019.

E invece che cosa si dovrebbe fare? Matera 2019 doveva essere un’occasione per invertire una tendenza letale per la città: quella dello spezzettamento delle intelligenze e della diaspora dei cervelli, alla quale ormai assistiamo impotenti. Badi, io non parlo per me. E poi non mi va di far polemiche con il Comitato di Matera 2019. Ma mi domando: è possibile intraprendere un’esperienza come questa senza farne un’occasione per tentare di riunificare la città intorno a un progetto? Eppure intellettuali ne abbiamo ancora. Insomma: occorreva proporre un’interpretazione della città. Fare di quest’iniziativa un’occasione collettiva per rileggere la propria storia e incardinarla in una prospettiva per il futuro. Ma per fare questo occorre una classe dirigente.

A chi si riferisce? Ai tanti, anche di diversa estrazione politica, che da anni sono impegnati in un prezioso lavoro di analisi storica e culturale della città: da Raffaello De Ruggeri a Giovanni Caserta, da Mimmo Calbi (che ha scritto un bellissimo libro, “Il pathos della lucanità”, presentato qualche mese fa a Palazzo Lanfranchi) ad Alfonso Pontelandolfi che conduce un prezioso studio sulla ricostruzione delle classi dirigenti a Matera, anche durante il fascismo…Ma ce ne sono anche altri. Andavano coinvolti tutti…

E invece? Invece si è preferito assecondare una visione elementare, semplicistica della città. Si cerca di sfruttare l’onda lunga della riscoperta dei Sassi, ma in una chiave puramente turistica e spettacolare. Così si rischia di avallare una rappresentazione cartolinesca di Matera. Ma poi, dico io: vi volevate giocare la carta turistica per dare qualche chance di ripresa alla nostra economia? Allora non ci si può limitare ad assecondare una microeconomia spontanea fatta di innumerevoli bar, ristorantini, bed and breakfast.

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 Questa è la terra dei re orientali, siamo la frontiera dei Paesi dell’est. Siamo la terra della libertà

 

E che cosa bisognava fare? Occorreva darsi una strategia di lungo respiro. Organizzare pacchetti turistici in modo che chi viene a Matera si fermi per almeno tre giorni. Imparare dai vicini pugliesi. Se uno va a Castellana, che fa? Vede le grotte, vabbé. E poi? C’è un’organizzazione turistica che crea circuiti, tiene collegamenti, organizza trasferte in pullman (tant’è che molti visitatori arrivano a Matera da lì). Noi, invece, ci stiamo giocando tutto su una carta debole: su un turismo spontaneo che oggi c’è e domani chissà. E come? Puntando tutto sul binomio Sassi-Matera. Ma l’offerta poteva e doveva essere molto più ampia.

Lei che avrebbe fatto? Guardi che la candidatura di Matera 2019 l’ho lanciata io quand’ero sindaco. E la mia proposta partiva da un presupposto tutto diverso. Prima di tutto si trattava di capire che cosa sono i Sassi. Per questo tentai di dar vita, insieme con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, al Museo demoantropologico, e venne qui l’allora vice presidente del Cnr, lo storico Roberto De Mattei. Ma poi quell’esperienza è stata lasciata morire…

Ma se non bisognava puntare tutto sul binomio Sassi-Matera che bisognava fare? Occorreva allargare la prospettiva. Vede? Come dicevamo prima, i Sassi rappresentano l’orma dell’uomo, la traccia della sua apparizione e del suo cammino sul territorio. Ma c’è dell’altro. Noi materani non siamo lucani, siamo basilicatesi. E che cosa è la Basilicata? Se stiamo all’etimologia più semplice, Basilicata è “la terra dei re orientali”. Come dire che siamo una frontiera, la prima frontiera murgica per i popoli che vengono dall’est. Dunque rappresentiamo il cammino dell’uomo nello spirito della grande accoglienza, della libertà, dell’accoglienza, della tolleranza.

E quindi? Avremmo dovuto candidarci come capitale del Sud dell’Europa, presentarci come la terra sulla quale l’uomo ha cominciato a camminare, a organizzarsi e ad accogliere gli altri. Un messaggio di unità lanciato dai luoghi solcati, non per caso, da Federico II, l’imperatore che nei libri di storia è indicato come puer Apuliae, figlio della Puglia. Un messaggio nel quale avrebbe dovuto riconoscersi tutto il Mezzogiorno. Occorreva stabilire legami che andassero oltre i confini di questa regione duale. Qui non si tratta di chiedere un contributo, faccio per dire, a Potenza o a Montescaglioso. La Basilicata non è la Lucania. Noi non abbiamo niente a che fare con l’alto potentino. D’altra parte, lo stesso poeta romano Orazio, che era di Venosa, non diceva di sè “anceps lucanus o appulus”? E cioè che era incerto se considerarsi lucano o appulo, pugliese? Se noi non avessimo guardato sempre, e naturalmente, verso la Puglia, come avremmo potuto essere la capitale di terra d’Otranto?

(1 continua)

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