di Adolfo Mollichelli
L’Europa del calcio sa di piscio e di ubriachi fradici, di naziskin e di barbari, di incompetenti e di piagnoni, di puncicatori e di poliziotti incazzati, di sognatori che blaterano chi rompe paga e di facce di bronzo che replicano vi avevamo avvisati.
L’Europa del calcio sa di già visto – tipo Psg-Chelsea e Schalke-Real Madrid – e di sogni destinati a sgonfiarsi, di partite scarse di contenuti tecnici, di club che sperano di fare un altro passettino in avanti perché pecunia non olet, di squadroni – a volte collezioni di figurine – messi su grazie ai petrodollari degli sceicchi nel pallone o dei tesori dei capitalisti di Stato.
Aveva capito già tutto Rino Gaetano: spendi, spandi, spandi, spendi effendi. L’Europa del calcio ha due facce, ancipite. Quella della Champions che una volta era Coppa dei Campioni e quella dell’Europa League che era stata Coppa Uefa e prima ancora delle Fiere. Sacrificato da tempo il torneo riservato alle squadre vincitrici delle coppe nazionali. In nome di una ricercata concentrazione di un elevato numero di club nobili, o decaduti.
La nostra Europa ha 6 rappresentanti, un buon numero. Come Inghilterra,
Spagna e Germania. Non male. La Juve in Champions. Roma, Napoli, Fiorentina, Torino e Inter nell’Europa League, reduci dagli incontri d’andata dei sedicesimi. Ha vinto, stravinto, soltanto il Napoli. Pareggi per le altre: in casa Roma e Torino, fuori Inter e Fiorentina.
La Juve proverà ad entrare nel G8 del pallone, ad approdare ai quarti. Dovrà superare il Borussia Dortmund (andata martedì a Torino, ritorno il 18 marzo) di Klopp, il Conte tedesco. E di Ciro Immobile, il “figlio” ripudiato, prelevato dal
Sorrento, punta di diamante di una Primavera bianconera che vinse tutto, torneo di Viareggio compreso. La laurea in centravanti bomber la consegue a Pescara seguendo i corsi di mastro Zeman, Immobile-Verratti-Insigne, il trio delle meraviglie.
Verratti a illuminare gli incroci di Ciro e di Lorenzo, uno spettacolo. Capitò una volta che Immobile non avesse tanta voglia di correre, Zeman lo chiamò a sé accanto alla panchina. Gli disse semplicemente: “Ciro, stai facendo onore al tuo cognome”. Da allora non s’è fermato più.
Un passaggio breve alla casa madre. Debutta in A con la maglia bianconera (14 marzo 2009). Scende in B, tra Siena e Grosseto. Il boom a Pescara. Poi, il Genoa ed il Torino.
In curva Filadelfia si stropicciavano gli occhi: Immobile e Cerci come Graziani e Pulici, i gemelli del gol. E ne fecero tanti di gol. Così Cerci partì per Madrid, sponda Atletico, rispedito in Italia al Milan di Inzaghi. Immobile resiste a Dortmund. Partenza lanciata e poi viene coinvolto nella crisi – oramai alle spalle – della squadra giallonera. Segna 4 reti in Champions e 3 in campionato. Ma non bastano. I tifosi cominciano a fischiare le prestazioni del Ciro nazionale (in azzurro 9 presenze e un gol). Ingrati, non sono mica Lewandoski! Già. Che fare? L’orgoglio è smisurato: non farò come Cerci, resto a Dortmund. Klopp lo relega in panchina.
Ciro s’impegna come al solito. Sbollisce un po’ di rabbia dando lezioni di maleparole in napoletano ai compagni di squadra. Forse è un modo per esorcizzare il momentaccio. Grosskreutz è l’allievo prediletto, in pochi minuti riesce a pronunciare un fermo chi t’e mmuorto (la lezione privata è gettonatissima su YouTube). Il Ciro nostro litiga con la lingua tedesca ma tra le poche parole imparate ce n’è una che pronuncia alla perfezione: arschloch, che vuol dire coglione e qualcos’altro. Da dedicare a personaggi diversi, se dovesse giocare e magari segnare alla Juve o se dovesse sedere in panchina o peggio.
La Juve arriva al match d’andata col Borussia in una fase di stanca. Il più pimpante, ma non gioca, sembra essere Max Allegri che ha già fatto meglio di Conte che l’anno scorso uscì dopo il gironedi qualificazione e cedette al Benfica nella semifinale di Europa League. Il Borussia è in netta ripresa in Bundesliga e in Champions si trasforma: ha fatto benissimo sinora. La stella è Reus. La sorpresa è l’ex milanista Aubameyang, devastante negli spazi larghi. Due partite tutte da giocare, a patto che Tevez torni a fare il fenomeno.
In Europa League, il Napoli è l’unica squadra ad avere già la certezza del passaggio agli ottavi. Troppo scarsi i turchi del Trabzonspor per Higuain e compagni. La squadra azzurra ha una rosa di attaccanti di valore mondiale, grazie all’acquisto di Gabbiadini, giocatore elegante e potente come pochi. Rischia la Roma a Rotterdam. Come il Toro a Bilbao. La Fiorentina può farcela con il Tottenham. L’Inter di Shaqiri eliminerà certamente il Celtic. Un augurio al nostro contingente in Europa. A tutte le squadre.