Adolfo Mollichelli

Adolfo Mollichelli

Giornalista. Ha lavorato con il Roma ed il Mattino. Ha seguito, tra l'altro, come inviato speciale cinque Mondiali, altrettanti Europei, nove finali di Campioni-Champions e l'Olimpiade di Sydney

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Lo scudetto della mascherina

di Adolfo Mollichelli

E tutto finì. Il campionato di Augusto, l’imperatore, iniziato in un agosto normale e concluso in un agosto pandemico, ha sancito la nona della Vecchia Signora dei solisti, nulla a che vedere con la nona di Beethoven che si chiama la corale. Ha detto che l’Inter di Conte ‘o ‘ncazzuso è tornata a far punti come quella di Mourinho, che l’Atalanta detta Dea è scesa dall’Olimpo ed è tornata sulla terra, che la Lazio è brillantemente quarta. Tutte in Champions, Roma e Napoli – di diritto avendo vinto la coppa Italia – in Europa League, Milan ai preliminari. Addio alla A per Lecce, Brescia e Spal, si salva il Genoa e secondo il mio modesto parere avrebbe meritato di scendere in B al posto della squadra salentina ben guidata da Liverani, che cosa volete: amo il Barocco leccese.

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Ciro Immobile

Ultimi scampoli di emozioni pr gli impegni dell’Inter (Getafe) e della Roma (Siviglia) nell’Europa minore ed emozioni forti per Napoli (Barcellona) e Juve (Lione) che mirano a raggiungere l’Atalanta ch’è già nei quarti. Auguri a tutte di andare avanti. Certo le sfide thrilling sono quelle che attendono il Napoli e la Juve. Gli azzurri di Ringhio partono dal pari con gol del San Paolo ed hanno tutte le carte in regola per poter fare centro, poi si vedrà, anche a casa di Messi, dove non tira una buona aria avendo i blaugrana perduto la Liga, con l’oltraggioso sorpasso subìto da parte dei rivali di sempre del Real Madrid.

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Adolfo Mollichelli

Sul filo del rasoio c’è senz’altro la Juve di c’era Guevara, semplicemente penosa nelle ultime di campionato.

Se il Lione – che parte col vantaggio di un gol – dovesse segnare anche a Torino, per la Juve dalla difesa colabrodo potrebbe essere notte fonda. Ma potrebbe essere la notte dei solisti: di Dybala, se giocherà, e soprattutto di CR7 che già sogna la sua Lisbona.

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Maurizio Sarri

Riavvolgiamo il nastro, ho dei flashes che mi lampeggiano davanti agli occhi. Sarri il comandante non è riuscito nel compito per il quale era stato ingaggiato. Avrebbe dovuto far rivivere a Torino schemi, triangoli e settebellezze che avevano reso bello da vedere e da godere il suo Napoli. Niente, soltanto qualche raro accenno: proprio contro gli azzurri, all’andata, per un’oretta quasi vanificando il triplice vantaggio e se non ci fosse stata l’autorete finale di Koulibaly, chissà. E contro l’Inter all’andata, con quei 24 passaggi consecutivi che portarono alla rete da tre punti di Higuain. Poi, più nulla. Salvato dalle reti di CR7 e dai lampi di genio di Sivorino Dybala che Paratici e Nedved (complimenti) avevano tentato di sbolognare in tutti i modi. La Juve sarriana è stata quasi sempre di una noia mortale. Certo, c’è da dire che tanti suoi uomini si sono rivelati degni ospiti del Pio Albergo Trivulzio, vecchietti e meno giovani dai muscoli di seta.

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Antonio Conte

Anche con Conte, l’Inter non ha rinunciato alla prerogativa che la definisce “pazza”. Ha sprecato punti preziosi in casa, ha legnato di qua e di là squadre nettamente inferiori, ma ha perduto i due confronti diretti con i bianconeri che hanno pesato come un macigno sul sogno di defenestrare gli eterni rivali. Lukaku e Lautaro valgono il Dybaldo, a centrocampo la Beneamata era più attrezzata della Juve, per numero e per qualità dei singoli, per non parlare della difesa, nettamente più forte di quella guidata da Bonucci. E che cosa ti combina Antonio Conte da Lecce?

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Beppe Marotta

Sbotta contro la proprietà cinese, contro il diesse Ausilio, contro tutti, rimarcando che se ha vestito di nerazzurro Lukaku – che per scherzo definisco il Petagna di colore – il merito è esclusivamente suo. Conte è uno che nel suo lavoro ci mette l’anima, ma anche tanti veleni nei merletti. Dicono che vorrebbe tornare alla casa madre, la Juve, resta da vedere se Andrea Agnelli lo perdonerà per la fuga estiva dopo il terzo scudetto consecutivo.  Giorni caldi e vedremo come Zhang si comporterà. Sì, sta spesso in Cina, ma si sa che la Cina è vicina, non per Conte naturalmente.

La squadra dell’anno è stata l’Atalanta, senza alcun dubbio: gran gioco e gol segnati in quantità industriale. Fino alla crisi esistenziale di Ilicic. Con il Papu Gomez semplicemente stupendo nella capacità e nell’intelligenza di assumere la posizione in campo più favorevole ai suoi compagni e più ferale per gli avversari. Ha fatto di tutto, e bene: l’attaccante, il trequartista, il tornante.

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Stefano Pioli

Avrebbe meritato qualcosa in più del quarto posto la Lazio di Ciro Immobile da Torre Annunziata, Scarpa d’oro con i suoi 36 gol che lo affiancano ad Higuain, un record che sembrava difficile da eguagliare e in cì breve tempo.

Stupefacente il postcovid del Milan che ha beneficiato di un irresistibile Ibra che ha ancora tanta voglia di stupire, tra gol, colpi di tacco e di taekwondo. Chiamatelo ancora vecchio e lui per dispetto giocherà fino a 50 anni.

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Rino Gattuso

E il Napoli di Ringhio? Bello a tratti, svagatino nelle coperture, ma sempre capace di puntare al gol con trame interessanti, di buona fattura. Il settimo posto è figlio delle troppe sconfitte subite: dodici. Eppure, in organico vi sono mediani votati sia all’impostazione sia alle coperture. Gennarino Gattuso potrà gestire un precampionato tutto suo ed avrà modo – lo conosco fin troppo bene, una vita da mediano – di arrivare ad un maggiore equilibrio di squadra. Intanto, potrà godersi Osimhen, l’attaccante nigeriano per il quale Aurelio Primo non ha badato a spese. Personalmente, so di lui ben poco, rare immagini di repertorio. Credo che sia portato a “riempire” l’aria di rigore perché è questo che è mancato al Napoli, la parte l’ha assunta spesso Milik almeno fino a quando il polacco non s’è perduto al canto delle sirene tentatrici.

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