di Alessio Buccafusca
Soltanto pochi anni fa la Chiesa vietnamita venne costretta a chiudere circa duemila istituzioni educative, dagli asili alle scuole superiori, ai collegi universitari, come l’istituto pontificio di San Pio X a Da Lat, dove in passato hanno studiato il cardinale di Hanoi, Peter Nguyễn Văn Nhơn e il nuovo arcivescovo di Ho Chi Minh City Paul Bùi Văn Đọc
Quando con il mio fiore di loto, simbolo di purezza del cuore, della parola e della mente, mi sono avvicinato a quella splendida donna bionda che al tavolino affianco al mio, sorseggiava un cappuccino che sapeva d’europeo, un po’ mi sono sentito un cretino. Per fortuna Gertrude, si chiamava così la bionda, ha sorriso, spostato i cinque sei giornali che aveva sparsi sul tavolino, mi ha fatto un po’ di spazio e mi ha invitato a sedermi, con tanto d fiore di loto e macchina fotografica.
Gertrude è della bassa Sassonia, nordest della Germania, l’ottavo per estensione fra i sedici Bundesländer, e fa la giornalista. Base Saigon si muove preferibilmente in tutto il sud est asiatico, ama il Vietnam ed è pronta a scommettere sul futuro di queste zone e di questa gente. “Hồ Chí Minh nei prossimi dieci anni diventerà una delle più importanti metropoli del mondo, questo è un popolo straordinario, hanno la forza dei tedeschi e l’intelligenza e la costanza dei giapponese e, soprattutto, una voglia di riscatto e di ripresa. Stanno facendo passi da giganti, il pil cresce vorticosamente, le condizioni del Paese sono in grande ascesa. E’ un Paese nuovo. Sia chiaro con questo non voglio dire che non ci sono più problemi, anzi…”.
Il paese sta cambiando velocemente, ma sarebbe sbagliato credere che sia calato una sorta di sipario sulla guerra. Sono passati 40 anni eppure molte ferite di allora sono guarite solo in superficie. E’ vero oggi ad Ho Chi Minh City si respira con il capitalismo, ma questo non vuol dire che c’è stato un ribaltamento culturale. Võ Văn Kiệt ex primo ministro vietnamita ma, soprattutto, l’uomo dei grandi processi di innovazione e trasformazione del Paese una volta ebbe a dire: “Ricordando la guerra del Vietnam , un milione di persone si sente felice. Ma un altro milione di persone si sente infelice ”.
Il processo di profonda trasformazione del Paese, quello che si avverte in modo palpabile, è l’apertura al mondo cattolico. Una svolta, sembrerebbe. Basta ricordare quello che avvenne nel 1975, per rendersi conto del profondo mutamento (almeno apparentemente) che è avvenuto.
Nel 1975 i comunisti di Hanoi attuarono una forte politica di repressione, soprattutto nei riguardi delle religioni. Veniva controllata, spiata, osservata ogni forma di assemblea, compresi i raduni religiosi, le manifestazioni di culto. Il vescovo del tempo di Saigon, Francis Xavier Nguyen Van Thuan venne imprigionato dal governo comunista vietnamita per 13 anni, dei quali 9 in isolamento. Poi liberato, esiliato, divenne in Vaticano presidente di Giustizia e pace, e elevato a cardinale da Giovanni Paolo II.
Soltanto negli anni ottanta le autorità consentirono ai vescovi cattolici del Nord e del Sud Vietnam di incontrarsi e discutere del ruolo e dell’identità della Chiesa Vietnamita. L’assemblea che si svolse ad Hanoi alla fine di aprile del 1980 produsse la nota Lettera pastorale dell’episcopato che è tuttora una pietra miliare nella storia della Chiesa vietnamita. Cioè la facoltà di “vivere il Vangelo all’interno della nazione”
Grazie a Gertrude ho conosciuto Thi-Hoai Pham un giornalista cattolico, responsabile di un sito web molto popolare in Vietnam. “A prima vista le cose sono cambiate. E molto anche. Le chiese sono sempre più piene. I fedeli possono andare in chiesa e incontrare in libertà i loro pastori, possono incontrarsi e organizzare lo studio del catechismo e il loro apostolato. Le cose sembrano appianarsi sempre di più. Sono stati permessi grandi raduni religiosi. Però, non è tutto come sembra. Lo spazio per la stampa cattolica è sempre ristretto; si vive nella paura e nello sgomento soprattutto perché ancora esistono situazioni di persecuzione come ad esempio i vietnamiti del Redemptorist Media Institute.”
Thi-Hoai Pham mi mostra una inchiesta di Asia News dove si legge che “Il governo tenta di mostrare che vi è un reale miglioramento della libertà religiosa per essere riconosciuto come un partner credibile nella comunità internazionale. Per questo nel 2015 il governo centrale ha applaudito la decisione di papa Francesco di portare alla nomina di arcivescovo di Hanoi, Peter Nguyen Van Nhon. La verità è che ll Partito comunista si serve del Vaticano per riacquistare credibilità sul palcoscenico internazionale”.
Voglia di esserci, voglia di contribuire. Alla giornata mondiale della famiglia svoltasi a Philadelpia con Papa Francesco ha partecipato una delegazione ufficiale della Chiesa del Vietnam composta dal cardinale Peter Nguyễn Văn Nhơn di Hanoi, l’arcivescovo di Ho Chi Minh City Paul Bùi Văn Đọc, Lê Quốc Thăng, presidente della Commissione di giustizia e pace di Ho Chi Minh City, 16 sacerdoti e un gruppo di fedeli. “La Chiesa del Vietnam ha un posto in quella universale. È stato molto emozionante quando suor Maria Hồng Quế ha letto la seconda lettura in lingua vietnamita e il nostro idioma è risuonato anche nelle preghiere e nei canti”
Fra non molto prenderà vita il primo Istituto cattolico, sorgerà a Ho chi Minh city, si stanno mettendo a punto i dettagli di un progetto che si auspica segnare il definitivo ritorno della Chiesa nel campo dell’istruzione dopo decenni dal sistema educativo monopolizzato dallo Stato.
Maestosa, solenne, imponente davanti a me la Basilica Cattedrale di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione, comunemente Notre-Dame , dove c’è la statua di una madonna realizzata alla fine degli cinquanta in Vaticano. Dieci anni fa questa statua si è ritrovata al centro di una vicenda particolare, molti fedeli avevano segnalato che la statua versava delle lacrime. Successo il finimondo, venne bloccato il traffico, recintata la zona, tutti volevano vedere la Vergine Maria che piangeva. Sono passati dieci anni e sono ancora molti che sperano di scorgere la lacrima che scorre lungo la guancia destra della statua. Un’occhiata gliel’ho data anche io. Non si sa mai…