di Antonello Grassi
Checché se ne dica, nei talk show della Sette si applica rigorosamente il principio della par condicio. Lunedì da Formigli il protagonista era Alessandro Di Battista; ma ieri sera Floris ha rimediato aprendo la trasmissione con una lunga intervista a Luigi di Maio.
E stasera, finalmente, un indignato Di Battista ci spiega, essendosi astenuto dal votarla, la legge sui diritti civili, dovendosela vedere con quei molossi della Gruber, di Padellaro e di Severgnini.
Poi, sempre sulla sette, per rimarcare ulteriormente il ruolo super partes e altamente etico del programma del martedì sera, abbiamo assistito a un edificante colloquio tra Floris e il noto intellettuale Gianluigi Nuzzi. Si è sottolineata, con vigore, la solita irredimibile furfanteria dei politici: i quali, tuttavia, oltre a essere costantemente nel mirino della magistratura e dei media, sono gli unici dirigenti del paese sottoposti periodicamente al giudizio dell’opinione pubblica. A differenza dei Floris e dei Nuzzi: rappresentanti, al pari dei magistrati, delle vere caste di intoccabili del paese; e dunque conservatori per vocazione e necessità.