Carlotta D'Amato

Carlotta D'Amato

Consulente legale in aziende italiane ed internazionali, ha scritto numerosi articoli in materia di diritto. Le sue passioni sono politica, cultura, moda.

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La “trilogia della frittura”

di Carlotta D’Amato

Il mondo delle televisione è ricchissimo di serie tv che hanno segnato il costume e le abitudini degli spettatori. Beverly Hills 90210 ha influenzato la nostra adolescenza, Twin Peaks ha turbato i nostri sogni, House of Cards ed Il Trono di Spade per arrivare alle più recenti ci tengono incollati allo schermo e monopolizzano le conversazioni e le pagine internet di milioni di utenti

Gomorra

Ma una, in particolare, detiene il record nel nostro Paese: Gomorra. O meglio Gomorra 1 e 2.  La serie tv della saga dei Savastano è la più seguita in assoluto tanto da diventare un cult. I protagonisti, illustri sconosciuti o poco più sul grande schermo, ma affermati attori di teatro,  eccellenti studenti della scuola napoletana di arte drammatica sono diventati famosissimi in una sola stagione, hanno migliaia di fans sui social network e prestano già il volto a campagne pubblicitarie.

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E’ Gomorra Mania ovunque: si guarda Gomorra ma soprattutto si “parla” come in Gomorra. Infatti, i personaggi, grazie alle sceneggiature spesso crude e senza filtri, usano un linguaggio che si è affermato immediatamente tra i fanatici della serie, fatto di frasi ed espressioni utilizzate oramai da chiunque. Mi riferisco a espressioni quali “Deux frittur” o “Biv’ aggià verè s’ m’ pozz fidà e’ te” citate nell’ordine da due personaggi chiave della serie, Salvatore Conte e Pietro Savastano, due boss che si contendono il dominio sul traffico di stupefacenti e sul racket degli appalti, che vengono riproposte da chiunque e riadattate secondo le esigenze.

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Complice poi i comici di The Jackal che si sono imposti al grande pubblico grazie a Youtube, il “gomorra linguaggio” ha superato le barriere di Napoli e della Campania.

Il collettivo napoletano dei The Jackal, esattamente con l’obiettivo di smitizzare la figura dei boss della Camorra, ha recitato le frasi dei boss, imponendo una chiave di lettura dissacrante, che annichilisce la carica violenta delle minacce recitate. I ragazzi in questione, infatti, soprattutto Ciro Priello, sono protagonisti di alcuni divertentissimi video dove mostrano “gli effetti di Gomorra sulla gente” collezionando più di 10 milioni di visualizzazioni in quella che loro stessi chiamano “la trilogia della frittura”.

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Certo è che, nonostante non siano propriamente delle brave persone dedite agli affetti e alla famiglia, dai personaggi di Gomorra si rimane affascinati. Non è un caso che la serie tv sia stata venduta in tutto il mondo e, che sia stata paragonata alla serie made in the Usa dei Soprano’s che, come Gomorra, raccontava uno spaccato impietoso della violenza della camorra e della mafia italoamericana nel New Jersey che passava anche da Palermo e da Napoli con intrecci affaristici internazionali, gioco d’azzardo, riciclaggio dei rifiuti e prostituzione.

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I Soprano’s

I Soprano’s sono considerati la serie di maggior successo nella storia della televisione americana destinata forse a superare addirittura se stessa se l’interprete della saga, il boss Tony, l’implacabile capo delle famiglie mafiose del nord America vittima di continui attacchi di panico, (James Gandolfini nella realtà) non fosse morto improvvisamente mentre si trovava in vacanza con il figlio a Roma.

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Le frasi cult di Gomorra, basti pensare all’ormai abusato “stai senz’ penzier”, già dopo la 3 puntata della tanto attesa seconda stagione, si sono moltiplicate. Tanto per citarne qualcuna “c’amma piglià tutt’cos” espressione che il latitante Pietro Savastano per motivare i suoi a riprendere il controllo sulla città a “amm mis a lantern mman e’ cecat” come sostiene Salvatore Conte intendendo che i suoi nuovi alleati non sanno gestire il traffico della cocaina, al personaggio di Scianel (scritto alla napoletana) la lady Camorra regina delle piazze di spaccio di Secondigliano ed esperta di profumi (da qui il suo soprannome) che con frasi del tipo “puzzi e sai perché? Perché t’ mis l’eau di stronz cumm a tte” è diventata già storia.

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Il messaggio intimidatorio contenuto nelle frasi intercettate ai boss sanguinari viene ridicolizzato, sterilizzato, depotenziato dalla carica esplosiva di una minaccia iperbolica recitata fuori contesto, o semplicemente non mantenuta.

Insomma, Gomorra “gomorrizza”. Si, ma solo il linguaggio, a discapito di quanti pensano che possa influenzare le nuove generazioni spingendo i giovani ad emularli. Gomorra è una serie televisiva spesso realistica ancora più spesso surreale talmente surreale da diventare a tratti tristemente comica.   E’ questa l’accusa che è stata lanciata alla serie: non solo Gomorra renderebbe attraente il male, ma non mostrerebbe il bene, per spettacolarizzare e inseguire l’audience.

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Riflettiamo. Non è che dopo il Padrino I, II e III si sia assistito in America ad un’ondata di morti di equini le cui teste mozzate siano state ritrovate tra le lenzuola insanguinate. Oppure dopo Breaking Bad, il cui protagonista Water White abbandona gradualmente le aule di chimica, per confezionare la metanfetamina più pura degli Stati Uniti, le cronache americane non riportano casi di professori di chimica entrati nell’Olimpo dei più grandi spacciatori e produttori di anfetamine. Ad oggi, pare che le velleità dei professori di chimica italiani siano restate confinate nelle aule scolastiche.

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Ma nonostante il rischio emulazione, nel concreto, risulti quantomeno difficile da argomentare, a destare apprensione resterebbero comunque gli atteggiamenti sprezzanti mutuati dalle serie tv. Sembra che gli adolescenti non facciano altro che assumere il ruolo dei boss e mitizzare le figure criminali proposte da serie tv come Gomorra.

Eventualmente, sarebbe comunque difficile imputare cotanta responsabilità ad un drappello di sceneggiatori o alla bravura immensa degli attori. Basterebbe, per una volta, spegnere davvero la tv e non voltarsi dall’altro lato.

 

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