di Franz Krauspenhaar
Berlusconi, il Dottore, il Berlusca, il Presidentisssimo. Lo scopritore della TV commerciale, del Milan dei balocchi, di Paperissima, in certo senso di Tina Cipollari. Un uomo che ha costruito case, cioè certezze, e poi sogni. Produttore e allenatore del popolo, il costruttore della Standa come la Casa degli Italiani. Un Dux due la vendetta che impialla Milano 3, residenza del riccastro milanese tipo. Berlusconi è stato il vendicatore del bancario, la riscossa del Fantozzi impiegatizio. Il Chikatilo del potere centennale. L’uomo nuovo al comando della corsa, il milanese al contempo cavaliere del lavoro e giocatore del poker con uomini. Berlusconi è stato il debosciato da crociera e il superuomo da gran premio
Ha rappresentato, come sol uomo, una Milano che esplode negli anni Sessanta, il baby boom, o boomy baby, che anticipa Trump in tutto, nel lavoro e nella politica. Avvinto a Craxi come l’edera, il Dottore non ha nel dna la democrazia, ma nemmeno un vero autoritarismo. Ha sempre il dialogo come arma vincente, il sorriso devastante, l’appeal da piccolo grande uomo. Sa valutare gli uomini come nessuno, sa ricordare tutto degli uomini e delle donne che incontra anche a distanza di decenni.
Questa capacità enorme di assorbire tutto come un computer e di tirarlo fuori al momento giusto ha fatto la sua fortuna. La capacità di gestione, ma anche di comunicare entusiasmo a senso di appartenenza.
La politica l’ha salvato ma l’ha anche condannato. Una politica simile alle strombazzate di Uomini e Donne, lontana anni luce dalle Tribune degli anni Settanta.
Berlusconi è uomo per tutte le stagioni più di Bruno Vespa, suo cantore porta a porta: ha attraversato almeno mezzo secolo di storia di Italia e ne è venuto fuori vivo.
Torturato dalla procura di Milano e da quel Di Pietro che da Salvatore della Patria è divenuto un morto politico. Silvio resiste comunque, gli avversari e i finti amici, come Fini, navigano cadaverici alla sua vista da sponda fluviale.
Nel finale, la riabilitazione nella casa anziani, la cessione del Milan, il suo fiore all’occhiello nel mondo, la messa all’angolo politica, il delicato intervento al cuore.
Ora Silvio ha ottant’anni e appare, oltre il make-up, logoratissimo. Uomo discusso e discutibile, maestro della gestione della propria simpatia e della propria smisurata ambizione, può confessare sin d’ora di avere vissuto. Anche se, conoscendo la sua tempra, può essere facile per noi auguragli un Canale pieno di tanti anni ancora da vivere.