di Franz Krauspenhaar
A me non fa paura il virus, e nemmeno una guerra, solo che vorrei crepare in battaglia, da eroe. Non come mio padre, soldato Cavalleria Wehrmacht di 18 anni, che portò a casa la pelle e i durissimi traumi davvero per miracolo. Io penso di assomigliargli, anche se sono 30 anni che perdio non lo vedo più, e mi manca.
A me fa paura il viscido della società letteraria di questo torbido paese, di questo paese assolato per un’allucinazione, ma in realtà buio. E non come nel Medioevo, perché allora il grande schiacciava il piccolo ma andava a combattere le guerre per primo.
È un’epoca di codardi, un mondo nel quale la sinistra si è suicidata ridendo e però la cultura è ancora di sinistra, cioè essa esiste mentre il catafalco marcio su cui poggia non c’è più.
Qui ci vorrebbe una rivoluzione, ma come quella francese, e che duri pure due anni come quella, e poi andiamo tutti a morire. Almeno avremo cambiato la nostra storia, e di questo paese monarchico nelle ossa, nel costato, nel cuore sfiancato.