di Ottorino Gurgo
Non c’è ancora traccia di attuazione delle molte promesse formulate nel corso della campagna elettorale dal duo Lega-Cinquestelle. La loro unica produzione legislativa da quando questi due forze politiche si sono assunte l’onore di governare il nostro paese è stato il decreto pomposamente denominato “decreto dignità ” dal contenuto a dir poco controverso e i cui effetti, a sentire esperti non di parte, saranno sostanzialmente più negativi che positivi.
Così, mai come in questo caso, se si ha riguardo alla mole degli impegni presi, può esser valido il vecchio detto secondo cui “la montagna ha partorito il topolino”.
Sbaglierebbe, tuttavia, chi accusasse di indolenza i due alleati di governo. A prescindere dallo straordinario attivismo di Matteo Salvini, impegnato a tempo pieno a far la faccia feroce nei confronti dei migranti, non si può dire che leghisti e pentastellati se ne stiano con le mani in mano. Si può anzi dire che essi siano dotati di un eccezionale dinamismo finalizzato al raggiungimento di un unico obiettivo: quello di occupare il maggior numero possibile di posti di potere.
Sono prepotentemente entrati nel mirino dei due partiti governativi la guida della Rai Tv, della Cassa depositi e prestiti, delle Ferrovie dello Stato, dell’Eni. E ci limitiamo nello stilare un elenco che è certamente assai più lungo.
Né si può dire che questa “caccia al posto” sia indolore poiché essa ha finito con lo stimolare al massimo lo spirito di concorrenza tra i due partner che non perdono, peraltro, occasione per punzecchiarsi reciprocamente.
È lecito, a questo punto chiedersi quando Lega e Cinquestelle penseranno di porre finalmente mano all’attuazione di quel “contratto”, stipulato con tanta determinazione per indurre Sergio Mattarella a dar via libera al loro governo.
Ma, soprattutto, è lecito chiedersi sino a quando l’opinione pubblica che, stando ai sondaggi, continua a dar loro credito, si renderà conto che per governare non bastano gli slogan e che, a ben vedere, la loro “fame di potere” non ha nulla da invidiare a quella di coloro che li hanno preceduti.
In una situazione di “normalità “, molto probabilmente, un governo come l’attuale non avrebbe vita lunga e, forse, il buon Conte non arriverebbe a mangiare, da presidente del Consiglio, il fatidico panettone.
La situazione italiana, tuttavia, è tutt’altro che “normale”. Le democrazie, infatti, vivono di alternanze e, quando una maggioranza si rivela inadeguata, è l’opposizione a prendere il suo posto. C’è un vecchio sonetto di Giuseppe Giusti che così recita: “che i più tirano i meno è verità / posto che sia nei più sennò è virtù / ma i meno, caro mio, tirano i più/ se i più trattiene inerzia o asinità “. L’anomalia italiana è tutta qui: che sia i più che i meno sono trattenuti da “inerzia e asinità”.