di Adolfo Mollichelli -
Etcì, etcì, etcì, scusate ma mi sono addormentato leggendo sul Daily Mail la notizia che il Qatar sarebbe interessato ad acquistare il Napoli e m’è venuto, etcì, etcì, un bel catarro. Tra le braccia di Morfeo ho fatto strani sogni. Ho visto il DeLa che passeggiava per le vie di Los Angeles incontrare Prévert tutto vestito d’azzurro. Il DeLa, meravigliato, gli chiede: anche tu tifi per il mio Napoli? Jacques senza guardarlo in faccia recita: padrone nostro che sei tra le stelle. E restaci.
Il DeLa sorride ma non è che ci abbia capito poi tanto. Va nel suo ufficio da produttore cinematografico e sprofonda in una poltrona damascata. Chiede alla segretaria: s’è fatto vivo il qatariota? la risposta è no.
Allora il DeLa decide di fare il primo passo e chiama Al Thani a Parigi. Gli risponde la segreteria telefonica: l’emiro è in questo momento assente, sta facendo la sua solita passeggiata tra Montmartre e Montparnasse. Richiamare più tardi. Il DeLa sbuffa e riattacca. Cede ad un pisolino e sogna Amleto che gira sui camminamenti di Castel dell’Ovo e si macera nel dilemma: vendere o non vendere, questo è il dilemma.
Il DeLa viene svegliato dal trillo del telefono, dall’altro capo c’è Al Thani: mi ha chiamato? Sì, volevo verificare se la notizia data dal Daily Mail fosse vera o una boutade. Il qatariota conferma che l’idea gli è davvero frullata per la testa. Allora il DeLa subito rilancia: pagare moneta, vedere cammello. Al Thani è scosso da una risata ciclopica: e lei mi parla di cammelli, ma lo sa che nel mio emirato ne abbiamo a bizzeffe e che per tenerli in forma organizziamo pure una corsa di otto chilometri famosa in tutto il mondo?
Il DeLa si pente della gaffe: emiro, io l’ammiro, scherzavo. Allora Al Thani si ricompone e fa: parliamone. Quanto offre, si sbilancia il DeLa. Non più di 650 milioni di euro. Ne voglio 800, ribatte il DeLa. Troppi, replica il qatariota, non dimentichi che il suo Napoli vive su una polveriera.
E allora nisba, sbotta il DeLa. Nisba, concorda il qatariota. Aspetti, aspetti, ci ripensi urla il DeLa: ‘o lassato è perduto. E il qatariota: non mi frega, e le rispondo in napoletano, lingua che ho imparato in poche ore: comm te l’aggia dì ca nun è cosa!
Ho sognato ancora che mentre aspettavo il C33 si è materializzata la figura di CR7 che ha un anno in più della circolare. Il campione portoghese cercava di togliersi gli orecchini di brillanti che gli pendevano dai lobi. E urlava: troppo pesanti, perciò non corro più come una volta e stento a segnare proprio nel momento in cui quel dannato argentino ha ripreso a farne due, tre a partita e se va avanti così me lo posso scordare il sesto pallone d’oro e magari mi onorano con il pallone gonfiato che hanno già istituito.
Sarri amaldicoado (maledetto) che mi ha sostituito due volte di seguito e chi mi è subentrato ha risolto partita e incontro: amalicoados! Epperò gliene ho dette, quante gliene ho dette a quel tizio che a Napoli chiamavano ‘o comandante! Tanto non avrà capito un’acca del mio portoghese stretto. Ed è in questo preciso momento che si materializza la figura del nuovo condottiero bianconero, fumantino assai tant’è che ha tre sigarette accese tra le dita e rivolto a CR7 gli sbatte in faccia in lusitano strettissimo un focoso a sua irma (a soreta).
Ho sognato, poi, che Conte Antonio da Lecce detto ‘o chiagnazzaro rideva a più non posso (evento rarissimo a verificarsi) mentre offriva a Zhang ed a tutta la rosa della Beneamata una cena in un ristorante cinese chiamato Lanterne, lussuosissimo, da mille euro a persona.
Rideva ‘o chiagnazzaro e alla richiesta di Marotta di spiegare questo inusitato scoppio d’ilarità, il tecnico col parrucchino, che percorre più chilometri nell’area tecnica di quanti ne percorrano tutti i suoi giocatori messi insieme durante un match, infine, svelava l’arcano. Ecco, pensavo ai titoli del giornale in rosa quando mi comprerai Kulusevski.
E allora? fa Marotta che con l’occhio buono lo fissa e con l’altro guarda il pesce. Suvvia direttore, immaginatelo: un Kulusevski per Lukaku e giù un’altra rintronante risata. Fino al pianto isterico quando il direttore gli fa: ma non è scontato che si possa acquistare il macedonsvedese già a gennaio. Ed è a questo punto che ‘o chiagnazzaro lascia i commensali e urla: pagatevela voi la cena.
Ho sognato, infine, che il Cagliari di Maran vinceva lo scudetto e che Michela Murgia osannava la vicenda con il bestseller Cinquant’anni dopo. E che il Comune del capoluogo sardo celebrava l’avvenimento disegnando sulla bandiera quattro Maran al posto dei quattro mori.
Esco dal sogno. Per dire che attualmente la squadra sarda è quella che pratica – insieme con l’Atalanta che però s’è un po’ afflosciata – il più bel calcio del campionato italico. Sarebbe bellissimo mezzo secolo dopo Rombo di Tuono (ancora auguri, caro Gigi, per i tuoi primi 75 anni) e Nené, Domenghini e Albertosi, Martiradonna e Niccolai, Cera e Zignoli, Tomasini, Gori e Greatti. Un gruppo stupendo guidato da Manlio Scopigno detto il filosofo.