Michele Caccamo

Michele Caccamo

Cittadino del mondo perché pratica l’unica lingua universalmente conosciuta: la Poesia

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Il giornalista epilettico

 Ingoierò una palla di lana, e non parlerò più. Mi basterà un sottotitolo: io sono innocente

E parlo dell’uomo esistente dal vero, autonomo in quel reame dimensionato nella fantasticheria, con la coscienza finemente corrotta dalla sua astrazione mentale.

Chi, a suo tempo, introdusse la notizia giornalistica non avrebbe mai immaginato di creare una religione. Un grado supremo di giudizio: avendo o meno la conoscenza dei fatti. Non avrebbe mai creduto che dando la possibilità di raccontare degli accadimenti avrebbe risvegliato: nevrosi, psicodrammi privati, onanismi, frustrazioni in esseri ossessionati dal fragore. E così un foglio di giornale è diventato il ritrovo della congregazione del ghigno. Ogni forma sembra si innalzi, si metta a rilievo, ti sfotta, ti condanni, ti esponga alla gogna.

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Scrivere, articoli di cronaca in particolare, è diventata un’impresa volutamente distruttiva, un’alterazione degli eventi per vendetta o personale goduria. L’accaduto viene abbandonato all’equivalente del creatore degli inganni, a quel tiranno che sa vivrà sempre sotto luce, ma che si sente forte come fosse il Dio degli Ercoli.

Non gli manca nulla per completare il suo esaltato vocabolario, è sufficientemente stupido. Non è crudele sia chiaro: perché la crudeltà sa ben raggiungere i livelli del sapere e della scienza. Il suo è un semplice valore vigliacco: sembra gli abbiano dissolto il midollo, lasciandogli, nella schiena la canna del nulla. È un uomo asservito al furore cieco della legge, senza avere idee: macina solo uomini, privo com’è di ogni dubbio, di ogni scrupolo.

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È alla sua mano rozza che hanno affidato l’usura del pensiero, e giammai si dica non abbia saputo accontentarli. Io credo sarebbe un bene che lui iniziasse a onorare i vocaboli, dimenticandoli tutti. È in piena epilessia quando ha una foto, una notizia e il corredo dei nomi. Si innalza sul trono e ci sta, superbo: come fosse riuscito a separare l’aria inferiore da quella superiore, il bene dal male. La sua invece è un’opera da parassita, un’eccedenza fastidiosa. Io credo che dentro al suo petto sia irriverente anche la vergogna.

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Il meccanismo della giustizia dovrebbe proteggerci, imporgli un’etica professionale, ovvero: di non pubblicare foto segnaletiche; di riportare solo le iniziali degli indagati o imputati; di non annunciare con certezza una notizia che ancora merita di indagini e di processi; di non influenzare con giudizi propri l’opinione pubblica, tantomeno quella giudiziaria; di non riportare mai, evitando così di creare falsi quanto inadatti miti, i nomi dei giudici che conducono indagini e processi.

Di riportare insomma semplicemente la notizia tenendo a bandiera il doveroso e intimo rispetto per le persone: mantenendo il riserbo sulle identità fino alla condanna definitiva. Ma sarebbe da saggi, da normalmente civili. Diceva Cioran che l’ingiustizia non è un mistero, ma un’evidenza universale ed è quanto di più palese ci sia quaggiù. Ma è tutto inutile e io sono al cordoglio: il giornalista è un fido caprone, una mente nuda”.NEWS_175254

datemi un termine

comunemente buono

che sia diverso dall’incubo

voglio renderlo incomprensibile

perfino alla memoria

voglio sia talmente elevato

da pacificare la mia cella

come avviene con le invocazioni o con le parole d’Amore

 

inedito de “La parabola del mio esilio“ tratto da  

“Le prove di esilio di Michele Caccamo e Franz Krauspenhaar” 

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2 pensieri su “Il giornalista epilettico

  1. Luisella Pescatori

    Per un problema tecnico di FB, condividendo l’articolo dal tasto social di FB appare un’immagine che NON è relativa all’articolo. Ci scusiamo per il disguido e vi invitiamo a rimuovere l’anteprima in fase di condivisione.
    Grazie
    LP

    Replica

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