(da destra) il Direttore Ferruccio De Bortoli, Gaetano Afeltra, Indro Montanelli, Enzo Biagi e Arrigo Levi

Afeltra, Dumas e il corricolo

Perché riproporre vecchi articoli, reportage, interviste? Volando alto con Giorgio Manganelli potremmo dire che “una civiltà letteraria non è fatta di letture ma di riletture”. Più semplicemente il ripresentare alcuni articoli rappresenta una grande opportunità, un modo per scoprire giornalisti o protagonisti di un’altra generazione, di conoscere o ricordare fatti dimenticati.

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di Gaetano Afeltra

Fra le tante “stranezze” napoletane che colpiscono visitatori italiani e stranieri, ci sono i motorini che, normalmente adibiti al trasporto di due persone, a Napoli servono a far intrufolare nel traffico cittadino piccole comitive di tre, quattro, anche cinque passeggeri, intere famigliole in bilico su due ruote, in un precario equilibrio tra incoscienza e fiducia nella buona sorte. Nella Napoli ottocentesca, qualcosa di simile lasciò stupefatto Alexandre Dumas padre, l’autore dei Tre moschettieri: un “corricolo”, un piccolo calesse destinato al trasporto di una sola persona, che a Napoli ne portava almeno dieci, era trainato da due cavalli anziché uno, e grazie a questo doppio «motore» e alla foga dei vetturini raggiungeva velocità inimmaginabili. Questa ed altre esperienze napoletane di Dumas sono raccontate nel Corricolo: quasi 600 pagine di aneddoti, episodi di colore, tradizioni locali, superstizioni, leggende, come spesso avviene nei “romanzoni” dumasiani, dove verità e invenzione sono così strettamente intrecciate da diventare indistinguibili. Non per niente Benedetto Croce definì Dumas “scrittore fertile di romanzevolissime fantasie”.

Alexandre Dumas

Alexandre Dumas

Alexandre Dumas aveva 33 anni quando visitò Napoli per la prima volta. Dal suo “Albergo della Vittoria”, situato nell’omonima piazza, Dumas vedeva la Villa Reale, “la passeggiata di Napoli” e ne restò affascinato. “La Villa Reale è senza dubbio la più bella e soprattutto la più aristocratica passeggiata del mondo”, scrisse. “I popolani, i contadini e i lacchè ne sono rigorosamente esclusi e possono mettervi piede solo una volta all’ anno, il giorno della festa di Piedigrotta. Perciò quel giorno la folla si ammassa sotto i viali di acacie, nei boschetti di mirto, intorno al tempietto circolare. Ognuno, uomo e donna, accorre, per il raggio di venti leghe, nel proprio costume nazionale: Ischia, Capri, Castellammare, Sorrento, Procida mandano in deputazione le loro ragazze più belle, e la solennità di quella giornata è così grande, così ardentemente attesa, che si ha l’abitudine di aggiungere nel contratto nuziale l’obbligo del marito di condurre la moglie alla passeggiata della Villa Reale l’8 settembre di ogni anno, data della festa di Piedigrotta”.

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Piedigrotta

I coiffeurs e i pasticcieri dovevano essere rigorosamente francesi, meglio ancora parigini. In piazza San Ferdinando c’era la Boulangerie et pâtisserie française. In via Toledo spiccavano insegne di “pâtissiers, liquoristes et confiseurs”. Per Dumas, via Toledo, brulicante di carrozze, ristoranti, caffè, botteghe, modernamente illuminata a gas come Londra e Parigi, era il legame che congiungeva la città poetica alla città industriale.

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Via Toledo

Accanto alla classica osteria con le tendine punteggiate di mosche, un galante pasticciere francese esibiva “la bella moglie, le sue brioches e i suoi babà”. In piazza Carità c’era la bottega del famoso sorbettiere siciliano Vito Pinto, delle cui specialità era goloso Giacomo Leopardi, assiduo frequentatore del locale durante i suoi anni napoletani.
Dumas, che amava Napoli, vi tornò nella primavera del 1860, alla vigilia dell’impresa garibaldina a cui prese parte. Aveva conosciuto Garibaldi alcuni mesi prima, e ne era rimasto ammirato al punto che, quando gli nacque una bambina da una sua giovanissima amante, la chiamò Josepha. Il generale ricambiò la sua stima nominandolo direttore del Museo Archeologico di Napoli e degli scavi di Pompei. A bordo di quel formidabile “corricolo”, lo scrittore esplorò tutto il circondario napoletano. Visitò i Campi Flegrei in cerca dei luoghi che avevano ispirato i versi di Virgilio. Pur rapito da tanto fascino, non dimenticò i piaceri della buona tavola, fermandosi a Pozzuoli per gustare ostriche del Lucrino e vino di Falerno. Arrivati all’ultima pagina del Corricolo, non è irriverente dare ragione a quello scrittore napoletano che disse: “In fondo dite quello che volete, ma Alexandre Dumas sapeva campare”

(Corriere della Sera 2003)

*(nella foto in alto: da destra Ferruccio De Bortoli, Gaetano Afeltra, Carlo Azeglio Ciampi, Indro-Montanelli, Enzo-Biagi e Arrigo Levi)

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