Lidio Aramu

Lidio Aramu

Si è occupato sostanzialmente di agricoltura e di marketing agronomico, ha collaborato con quotidiani e periodici. Ha scritto tre libri

La Mostra nel Mito 
 Da porta del Mediterraneo a centro di quartiere, il declino di un sogno       
di Lidio Aramu

La Mostra nel Mito

di Lidio Aramu

L’uno di fronte all’altro, come due immobili sentinelle, Posillipo e Miseno, vegliano sulla terra dei miti. A conferire un carattere soprannaturale ai “Campi ardenti” sono le suggestioni esercitate sull’umana immaginazione dagli antri di Cuma, dai laghi d’Averno, Lucrino e Fusaro, dalle falesie tufacee e dai fenomeni del vulcanesimo contrastati dal verde rigoglioso di una natura straordinaria.

Capo Miseno visto da Posillipo

Capo Miseno visto da Posillipo

Per chi riesce ad andare oltre le superficiali apparenze ed a percepire il genius loci non ha difficoltà ad avvertire la presenza di Ulisse ed Enea, della Sibilla Cumana e di Tifeo con i suoi fratelli, di Ercole e dei buoi di Gerione, l’ingresso dell’Ade ed i Campi Elisi.

L'antro della Sibilla cumana

L’antro della Sibilla cumana

Vagare con la mente sulle orme della mitologia classica flegrea, per chi come me ha respirato aria frammista ai vapori di zolfo della Solfatara, significa ripercorrere la storia greco-romana di questi luoghi, dagli ecisti euboici di Cuma alla Dicearchia dei Sami e, risalendo per i rami della storia, alla fondazione di Partenope. E’ solo l’inizio di uno stupendo viaggio nella memoria. Un viaggio che trovava nel padiglione di “Roma antica sul mare” – uno tra i tanti che componevano l’Esposizione Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare – una mirabile sintesi visiva.

ani 50

La Mostra, 1950

La stessa Triennale rappresentava la conclusione di un lungo processo mitopoietico innescato nell’immaginario collettivo dalla vuota retorica e dalle sterili promesse della politica post-unitaria di una “Napoli porto dell’Oriente” con la quale s’intendeva risarcire la città per la perdita del ruolo di capitale di un regno. Processo che, in realtà, cominciò a materializzarsi soltanto dalla metà degli Anni Venti con la realizzazione di grandi opere che trasformarono radicalmente alcune parti della città arricchendola di edifici pubblici, strade scuole, ospedali e, soprattutto, con l’ampliamento e l’ammodernamento del porto intorno a cui, sviluppando il disegno industriale di Nitti, fu creato un rilevante polo industriale e con la costruzione della sede della Triennale.

Mostra d'oltremare,anno 1953,decorazione del padiglione Serra dei fiori Arch. Carlo Cocchia

Il padiglione Serra dei fiori

A quest’ultima fu affidato il compito di presentare in una sintesi panoramica, da aggiornare ogni tre anni, le ragioni della nostra presenza storica al di là del Mediterraneo ed oltre, i risultati delle iniziative intraprese in tutti i campi della promozione sociale e culturale, della produzione e dell’urbanizzazione in Africa ed in Italia per le sue colonie. Nel contempo, essa svolgeva una vera e propria opera di promozione culturale con l’assegnazione di premi letterari, la celebrazione di congressi, la pubblicazione di opere originali scientifiche ed artistiche, le rassegne teatrali, cinematografiche e musicali, alimentando così l’interesse popolare sui temi cari all’africanismo.

Cubo d'oro

Il Cubo d’oro

Definita la funzione, la costruzione della Città dell’Impero fu affidata ad un gruppo di tecnici e di artisti molto giovane ed altamente qualificato guidata da Marcello Canino protagonista delle grandi trasformazioni urbane a Napoli tre le due guerre. Con lui collaborarono Emilio Notte, Enrico Prampolini, Bruno La Padula, Giovanni Brancaccio, Alberto Chiancone, Carlo Cocchia, Luigi Piccinato, Giulio De Luca, Stefania Filo Speziale, Giorgio Calza Bini e tantissimi altri con eccellenti risultati.

Placati i venti di guerra si cercò di dare nuova vita all’Oltremare, assegnandole una nuova funzione e riattivando in qualche misura il patrimonio strutturale danneggiato per circa il 60 per cento. Nel 1948, infatti, l’ente fu trasformato in “Ente Autonomo Mostra d’Oltremare e del Lavoro Italiano nel Mondo” con il duplice obiettivo di documentare e promuovere il lavoro italiano in tutti i continenti e di arricchire l’offerta turistica di Napoli. Il ripristino del complesso fu curato da Luigi Tocchetti, da alcuni architetti che avevano già lavorato all’edificazione della Triennale – Canino, Cocchia, Piccinato, Pane, De Luca – e da una consistente rappresentanza della new generation di architetti: Michele Capobianco, Alfredo Sbriziolo, Delia Maione, Elena Mendia, Gerardo Mazziotti per ricordarne alcuni.

il Teatro dei Piccoli nella Mostra d'Oltremare

Il Teatro dei Piccoli

 

Dopo due anni di apprezzabile attività la Mostra chiuse i battenti. Senz’alcun dubbio quello fu l’ultimo grande colpo d’ala. Poi furono gli anni della Fiera della Casa e della sua inarrestabile parabola discendente. Agli inizi degli Anni ’80 la svolta. Il presidente Salvato individuò tra le priorità per il rilancio delle attività dell’Oltremare la privatizzazione dell’ente fieristico e la suddivisione della sua funzione, sino allora unitaria, in tre ambiti di attività: fieristico-espositivo, turistico-congressuale, culturale, spettacolo e sportivo.

Fontana dell'Esedra

Fontana dell’Esedra

L’auspicata e realizzata trasformazione della Mostra d’Oltremare in una S.p.a., in realtà, riportava le attività dell’ente alla mera gestione del patrimonio immobiliare, anche se ad ogni cambio della guardia ai vertici dell’ente, si riascoltava (e si riascolta) l’immutabile annuncio di un mitico ed irrinunciabile rilancio in grado di esaltare le potenzialità della Mostra in funzione di non meglio specificati rapporti con l’Europa ed il Mediterraneo. Pura mitologia.

untitled

Quella Mostra, purtroppo, sopravvive unicamente nell’immaginario collettivo. Basta varcare uno degli accessi per rendersi conto immediatamente dell’amara realtà. La riqualificazione di un esiguo numero di edifici procede solo grazie a cospicui finanziamenti della Comunità europea e, non di rado, i fabbricati ristrutturati restano desolatamente inutilizzati. La quasi totalità dei padiglioni che costituivano il comparto geografico si trovano in uno stato di vergognoso degrado. Del complesso strutturale, alcune parti sono state cedute a vario titolo a privati. Altre, pur rivestendo un rilevante valore architettonico, sono state barbaramente abbattute. Le stesse superfici hanno subito gravi rimaneggiamenti.

edenlandia_original-2

I suoli extra moenia (650mila mq), in origine destinati agli ampliamenti futuri della Mostra, sono stati alienati.  Sorte migliore non è stata riservata ai 450mila mq compresi nei confini storici. Significative superfici, per effetto di vendite, convenzioni o locazioni sono state, di fatto, staccate dal “corpo” originario della Mostra.

Su tali misfatti sono stati versati fiumi d’inchiostro e riempite pagine di atti parlamentari, quotidiani, volantini, manifesti, convegni, mostre. Ma tutti i tentativi per arginare la lenta ma inesorabile decomposizione della Mostra si sono infranti sul muro di gomma elevato dai soci – di maggioranza e minoranza – della S.p.A. e dall’indifferenza della politica.

La Torre di Venturino Ventura

La Torre di Venturino Ventura

La cancellazione della funzione unitaria ha indubbiamente accelerato il processo di decadenza nonostante il recupero strutturale di alcuni edifici storici trasferiti d’emblée dalla dimensione di bene comune a quello di bene privato. La Torre di Venturino Ventura potrebbe, ad esempio, una volta restaurata, ospitare un singolare ristorante multietnico con veduta sul litorale flegreo. Costituirebbe senza ombra di dubbio, uno strumento perfetto per realizzare profitti per il concessionario e l’immobiliare Mostra S.p.A. ma non arrecherebbe alcun beneficio all’economia sociale del contesto territoriale.

imagesCA5BY5UZ

Quella che doveva essere il punto d’incontro tra economie e culture delle genti mediterranee e la vecchia, cara Europa si va ormai configurando, per volontà dell’amministrazione comunale che spera così, di surrogare le carenze di spazi a verde e servizi di Fuorigrotta-Bagnoli, come un centro di quartiere. Un processo a questo punto inarrestabile.

Quando tutto sarà compiuto la singolarità dell’impianto urbanistico, l’imponenza delle costruzioni di questo pregevole brandello di città e soprattutto oltremare ostentato nella ragione sociale e quel Mediterraneo della denominazione del teatro maggiore, al pari del vasto parco archeologico dei Campi Flegrei, riporterà alla mente il racconto di un sogno irrealizzato, di un’utopia invano perseguita, di una Napoli mediterranea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CondividiShare on Facebook0Tweet about this on TwitterPin on Pinterest0Share on Google+0Share on LinkedIn0Email this to someone

2 pensieri su “La Mostra nel Mito

  1. giovanni luigi panzetta

    Un bell’articolo….stiamo assistendo ad uno smantellamento e a una indefinito cambio di destinazione di uno dei più belli spazi urbani di Napoli.

    Replica
  2. giancarlo porcini

    GRAZIE DI CUIRE A LIDIO ARAMU PER L INTERVENTO E LE FOTO CHE RITRAGGONO LA MOSTRA D OLTREMARE COSI COM ERA NEL 1956,..QUANDO CI ANDAVO CON I MIEI GENITORI,..ABITAVO ALLORA A VIALE AUGUSTO ,..I COLORI DELLA FONTANA DELL ESEDRA SONO INDIMENTICABILI …GRAZIE INFINITE A LIDIO ARAMU,..!!!!

    Replica

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Altri post dello stesso Autore