di Adolfo Mollichelli
Boccata d’ossigeno per il calcio di casa nostra. Ora l’azzurro è un po’ meno tenebra. Nella stessa giornata l’Under 21 di Di Biagio e l’Italia di Conte hanno centrato i rispettivi obiettivi: i play off per la fase finale degli Europei di categoria l’una, partenza lanciata nel girone di qualificazione a Francia 2016 l’altra.
I ragazzi di bella speranza hanno maramaldeggiato contro Cipro a Castel di Sangro (7-1), i “grandi” fino a poco tempo fa senza speranza hanno piegato la Norvegia (2-0) ad Oslo, nello stesso stadio dove avevamo vinto una sola volta, nel 1937, Piola e Meazza i marcatori, quando i cronisti dell’epoca chiamavano gli azzurri “camerati”.
Linguaggio buffo. Come quello esibito da Tavecchio nell’intervallo del match di Oslo. Con tanto di coppola alla Peppino (De Filippo) o alla Fantozzi, scegliete voi. Per la serie: quando si ferma la macchina del tempo. A Prandelli si sarà ancor più imbiancata la barba che in terra turca fa più Islam. Dalla terrazza della casa che s’affaccia sul Bosforo avrà pensato: allora si poteva fare qualcosa di buono in Brasile.
L’ex ct era partito benino. Poi s’è perduto perché sconfitto dal suo stesso avvilimento, inevitabilmente trasmesso alla truppa. E dalle concessioni a ritiri da favola nei quali perfino l’onnipresente Lotito di questi tempi avrebbe scelto di appartarsi su un’amaca in riva all’Oceano, a rileggere Catullo.
Da Cesare che non si decideva mai a trarre un benché minimo dado ad Antonio senza il prenome Marco ma con un soprannome unico: l’Agghiacciante. Anche per il contratto strappato alla Figc ed alla Puma, siamo sui 6 miliardi, tutto compreso. Antonio Conte da Lecce, primo ct del Sud. Una vita da mediano a Torino. Il primo successo da allenatore a Bari e i leccesi non gliel’hanno mai perdonato tant’è che una volta tentarono d’accopparlo in strada. Il grande salto sulla panchina della sua Juve che era reduce da due settimi posti consecutivi e da guide sghembe. I tre anni di successi e di record alla guida della Vecchia Signora. Il gran rifiuto per il campi di Vinovo in pieno luglio. L’abbraccio opulento con l’azzurro. La grande sfida. Chi ha fame mi segua. Chi ha fama soltanto, tremi.
Fuori Balotelli testimonial della Puma che paga tre quarti di ingaggio al ct. E che ricorda su siti e giornali che Balo è un emblema della Nazionale. Conte lascia il ragazzo muscoloso che viaggia in Ferrari nella villa sontuosa di Liverpool, tutta vetri (chissà interi fino a quando) e con eliporto nel giardino.
Quando Conte diramò le prime convocazioni, critici ed appassionati (diciamo così) persero il loro tempo lasciandosi andare a risolini ironici ed a qualche sberleffo. Il concetto era: ma dove va con questi elementi! Dopo il successo nell’amichevole con l’Olanda, si disse: oranges in dieci dopo neppure un quarto d’ora, che bravura! Dimentichi che con Prandelli l’unica amichevole vinta fu quella che giocammo con San Marino. Vediamo come va in Norvegia,
riattaccarono i soloni della critica. Fatto: successo netto, come
quella volta di 77 anni fa.
Di Immobile (mi auguro che tu non faccia onore al nome che porti, gli
disse Zeman ai tempi del Pescara) Conte conosce vita e miracoli. Il boy di Torre Annunziata è stato più volte sul punto di tornare alla casa madre, poi i vertici juventini hanno deciso di capitalizzare. Il capolavoro di Conte è stato l’impiego da titolare di Zaza. Che il ragazzo avesse talento, il ct lo sapeva avendo avallato il suo acquisto (comproprietà) e quello di Berardi prima di lasciare basito Andrea Agnelli e sempre più strabico Marotta.
Simone Zaza è stato il jolly vincente scoperto da Conte sul tavolo al verde del calcio azzurro del dopo Brasile. Ripagato! Con l’Olanda, due reti sfiorate per un soffio e rigore (con espulsione del difensore orange) procurato che sarà trasformato da De Rossi. Con la Norvegia, primo gol azzurro (con aiutino), una traversa che ancora trema, una dolce danza su avversario e portiere e pallone rinviato poco prima che superasse la linea di porta. Che Conte, nel suo furore, abbia rivisto nel ragazzo barbuto il clone di Anelka? Certamente, al ct saranno piaciuti i suoi tatuaggi ed avrà pensato: questo qui è fatto di pasta buona.
Simone Zaza, la Basilicata nel cuore, tra Policoro e Metaponto, e la storia della sua terra sulla pelle. Le Tavole Palatine tatuate sulla gamba sinistra, i resti del tempio dorico dedicato ad Hera risalente al VI secolo a.c. A Conte è stato sufficiente per promuoverlo. Magari, un giorno si farà tatuare Kronos da qualche altra parte ed insieme sosterremo il mondo sulle spalle!
Conte non dimentica i suoi ragazzi prediletti. Giaccherini è uno di questi. Si oppose alla cessione del tuttofare tascabile protagonista del primo dei tre scudetti consecutivi in bianconero. Le strade si divisero per necessità. Il ragazzo avrebbe guadagnato molto di più al Sunderland e salì sull’aereo della British. Conte non avrebbe voluto cedere il suo prezioso jolly. E se qualcuno ironizzava sul valore del giocatore, rispondeva piccato: se si chiamasse Giaccherinho gli daresti fisso otto in pagella.
Senza Pirlo, Barzagli, Chiellini, e Marchisio tutt’insieme lo schema Juve (3-5-2) sarebbe potuto naufragare. E poi, Florenzi e Giaccherini pur bravi non sono Vidal e Pogba. La bravura di Conte consiste nelle motivazioni che sa dare. E nelle certezze che sa infondere, soprattutto una: tutti necessari, nessuno indispensabile. E ancora: chi merita, gioca. Sarà (è) pure un martello. E i suoi giocatori, specie questo gruppo nuovo, hanno il piacere di essere mossi come pedoni sulla scacchiera.
E penseranno anche: ma se si sbatte tanto il nostro ct nell’area di competenza, beh facciamolo anche noi. Fondamentale nel calcio moderno, con tre sostituzioni possibili, operare i correttivi necessari – cioè quelli che contribuiscono a migliorare il rendimento della squadra – come l’ingresso in campo di Pasqual (per Darmian) e conseguente spostamento di De Ciglio sull’out di destra. Il pressing,
l’idea di base di difendersi attaccando, sono simili all’impostazione data da Conte alla sua ex Juve. Con una differenza netta: la ricerca frequente della verticalizzazione improvvisa.
Ultima annotazione. In Italia nascono e crescono ancora ottimi giocatori. Basterebbe farli giocare. L’Under è stata da sempre il serbatoio della Nazionale maggiore. Tra i ragazzi di Di Biagio vi sono elementi di sicuro avvenire. Cito Zappacosta, Rugani e Bianchetti (difensori), Sturaro, Viviani,(centrocampisti), Belotti, Bernardeschi, Longo (attaccanti). E in questa squadra giocano anche i più affermati Bardi (portiere) e l’ormai celebre Berardi.