di Adolfo Mollichelli
Il Pallone d’oro si assegna tenendo conto delle gesta che i campioni compiono nell’anno solare. E si tiene conto dei successi ottenuti. Se sei Ronaldo e giochi nel Real Madrid fresco di Decima (la conquista della decima coppa con le orecchie), sei già sul podio. Se sei Messi e giochi nel Barcellona, una valanghetta di gol e qualche successo e ti avvii sul podio. Se sei Neuer e giochi in porta – ma non solo – e vinci il campionato del mondo in casa del Brasile, immagini che il podio possa essere tuo. Ma non vinci.
E ti vien da pensare che il Pallone d’oro non è solare. Che segue l’onda del momento, privilegia chi segna tanto, cerca il campione personaggio che fa la gioia della squadra d’appartenenza, del procuratore di riferimento, degli sponsor.
Se avessi fatto parte della giuria, avrei votato per Manuel Neuer il portierone del Bayern e della nazionale tedesca, eletto numero uno dei numeri uno al mondiale brasiliano. Perché è semplicemente mostruoso. Perché ha il volto pulito del tedescone. Perché è un portiere che gioca anche da mediano. Perché para spesso l’impossibile con una semplicità disarmante. Perché il Pallone d’oro ha bisogno di novità. Perché il mitico Lev Jascin non rimanesse l’unico portiere ad aver vinto il prestigioso trofeo. Perché già fu negato a Buffon, eroe indiscusso dell’Italia campione del mondo in Germania.
Nel 2006 vinse Fabio Cannavaro, con grande merito. Ma fu Buffon l’autentico uomo in più, decisivo in numerosi interventi. Fu battuto soltanto due volte in tutta la competizione: autorete di Zaccardo e rigore di Zidane. Strepitose parate sulle bordate di Nedved. Altrettanti interventi miracolosi nella semifinale di Dortmund con la Germania. Il neo interista Podolski si sta ancora chiedendo
come abbia fatto Buffon a sventargli quel tiro indirizzato sotto la traversa.
Almeno Neuer (29 anni il prossimo 27 marzo) avrebbe meritato di succedere al sovietico Jascin, ragno nero della Dinamo di Mosca e dell’Urss, centocinquanta rigori neutralizzati! Un monumento tutto vestito di nero, con due mani grosse e forti come tenaglie. Piazzamento e voli sublimi. Dopo ogni intervento stringeva il pallone con una mano sola e gli avversari lo guardavano ammirati e timorosi.
Avrei votato per Neuer perché il ruolo del portiere è diventato sempre
più difficile. I regolamenti gli hanno cambiato la vita, in peggio. Ed anche la tattica. L’azione comincia sempre da chi sta tra i pali (mi viene in mente Rafael che con le mani pesca Hamsik che lancia Higuain, gol) e dall’avvento di Sacchi è considerato un giocatore come gli altri. Solo che gli altri non sono chiamati anche a parare.
Grande parata di un portiere e tutti a dire ed a scrivere: vale quanto
un gol segnato. Già, poi i giurati del Pallone d’oro se ne dimenticano. Nel Bayern un po’ di più, ma anche in nazionale, Neuer è il mediano in più. Quando la squadra ha il possesso palla, Neuer gravita ben oltre la propria area di rigore. Numerosi ed efficaci i suoi interventi da libero d’altri tempi. Ha due piedi dolci e braccia di ferro, i suoi rinvii con le mani superano gli ottanta metri. È grazie alle sue doti di calciatore che il Bayern può concedersi anche l’inferiorità numerica. Tra i pali e nelle uscite (sia basse che alte) è semplicemente mostruoso. Ha un fisico statuario e movenze da felino. Resta in piedi fino ad un secondo prima che l’avversario scocchi il tiro ravvicinato.
Fargli gol dalla distanza è utopia. Durante gli allenamenti gioca spesso a centrocampo. Ha chiesto a Guardiola di poter giocare uno spezzone di partita da mediano. E il tecnico catalano gli ha promesso che esaudirà questo suo desiderio. Magari segno e il prossimo anno, forse, mi daranno il Pallone d’oro. Avrà pensato Manuel Neuer da Gelsenchirken, il più grande portiere annoiato di tutti i tempi. La solitudine del numero uno.