di Adolfo Mollichelli
La Cina è vicina era lo slogan di qualche tempo fa. Superato dagli
eventi: interi quartieri delle città italiane – dalle metropoli a quelle di provincia – popolati da cinesi, grandi e piccoli commercianti, per lo più.
Siamo stati invasi da prodotti e merci contraffatti. Ora anche l’industria calcio sarà nelle loro mani: diritti televisivi, merchandising, sponsorizzazioni, più in là anche la costruzione degli stadi. In un Paese che vive (muore?) tra intrallazzi e conflitti d’interesse, tra pochi che occupano decine e decine di poltrone d’oro e i troppi che assistono impotenti – pur avendo qualità eccelse – una delle principali industrie (il mondo del calcio) non poteva sfuggire alla logica del potere per il potere.
Tanto da consegnare la Lega ad un banchiere, Beretta, e la Figc al ragionier Tavecchio, il nemico degli Opti Poba’ che mangiano banane, novello scrittore da ventimila copie in un opla': acquistate per migliaia dalla “sua” Figc. Verrebbe da sorridere ma prevale il pianto, lo scoramento. Non mi pare che Figc e Lega abbiano a cuore le sorti del calcio italiano più di tanto. Una rete di maneggioni legati all’affare da concludere quanto più presto possibile, senza la minima capacità di scegliere una linea programmatica in grado di assicurare vantaggi autentici al sistema calcio. Il potere per il potere, questo conta.
E guai a chi con una presenza inopportuna, diciamo così, potrebbe far diminuire la quota introiti. La telefonata registrata di Lotito (mentre parla con Pino Iodice, dg dell’Ischia, un lungo passato nel Napoli) è solo l’ultimo episodio indicatore di una politica sportiva votata ad intrallazzi vari. Beretta che “conta zero”. Macalli che “tra un anno l’accompagno a casa”. L’avviso ad Abodi: “Se salgono in A Carpi e Frosinone, chi comprerà i diritti tv fra due o tre anni?”. I cinque milioni destinati alla Lega Pro? “Ce li semo già magnati”.
Cadono le braccia. Sfacelo ed approssimazione. E pressappochismo. Un
esempio su tutti: la fine del Parma. Chi doveva e poteva vigilare, approfondire, capire e cercare di non arrivare al crac, s’è ben guardato dal prendere la pur minima iniziativa.
Il governo del calcio (ricco, tanto da acquistare libelli a peso d’oro) votato alle dismissioni. Va letta così l’apertura alla Cina. L’acquisto di Infront Italia da parte di Wanda Group, il colosso immobiliare di proprietà di Wang Jianlin il secondo uomo più ricco della Cina, il capitalista di Stato che dona il Capitale di Marx ai suoi ospiti e che colleziona opere d’arte – due anni fa ha acquistato un Picasso per 28,2 milioni di dollari – esibite in un maestoso museo appositamente fatto costruire a Shanghai.
Infront Italia, una storia cominciata sette anni fa. Quando Antonino Matarrese presenta la società alla Confindustria del pallone come possibile advisor per la vendita collettiva dei diritti televisivi, la cassaforte dei club. Sono in pochi nel 2008 a sapere che cosa sia Infront, dove voglia arrivare. Tra questi, Lotito e Galliani. Il geometra rossonero conosce Marco Bogarelli (presidente) e l’intero management della società. Sono i gestori della ex Media Partners, costola del gruppo Fininvest. Naturalmente, Infront s’aggiudica l’asta.
E diventa advisor della Lega per i diritti tv e ad ottobre anche della Nazionale. Gestisce marketing e pubblicità per Inter, Milan, Lazio, Udinese, Genoa, Sampdoria, Palermo e Cagliari. Il consenso dei club diventa una necessità. Come si ottiene? Un osservatore interno ai fatti della Lega l’ha spiegato così:
Infront compra i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere spazi nei propri stadi, sovrastimandone il valore di qualche milione; la cifra pagata in eccesso è il prezzo per il voto in Lega
del presidente del club. È grazie ai voti della scuderia Bogarelli che
Beretta è Tavecchio sono al comando. Mi viene da dire: lode per i
presidenti di Juve e Roma, unici ad opporsi.
Giochi, giochini e manovre per il potere. Mentre la Premier League batte tutti i record senza affidarsi alla Cina, un affare d’oro: ceduti a Sky ed a BT Sport i diritti televisivi per il triennio 2016-2019. La cifra? Sette miliardi di euro!