Carlotta D'Amato

Carlotta D'Amato

Consulente legale in aziende italiane ed internazionali, ha scritto numerosi articoli in materia di diritto. Le sue passioni sono politica, cultura, moda.

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Welcome Pigs, maiali

di Carlotta D’Amato

Dodici milioni di abitanti, trecento lingue parlate, un terzo della popolazione nata all’estero. Londra dovrebbe essere il modello dell’integrazione. Pari opportunità e pari discriminazione. La contraddizione è che la maggiore criticità si riscontra con i cittadini europei.

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New-Design-Toscano-Pink-Pigs-Welcome-Sign-Garden-Statue-Figure-Garden-Ornament_700_600_55OY0 Con dodici milioni e mezzo di abitanti nell’area metropolitana, trecento lingue parlate, Londra si attesta la città più multietnica del pianeta, anche più di New York, con un terzo della popolazione nata all’estero e che solo per il 45 per cento si considera White British.

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La società inglese si presenta così, pronta ad accogliere chiunque, diventando luogo dell’integrazione, quando fornisce, pari opportunità a tutti, ma anche luogo della discriminazione. I punti di maggiore criticità non riguardano i cosiddetti “extracomunitari”, bensì la presenza massiccia di persone provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea: la Polonia, la Bulgaria, la Romania. Eppure questo determina dei problemi, legati alle diverse culture di cui sono queste persone sono portatrici. E chi crede che questo fenomeno un po’ xenofobo non riguardi gli italiani, sbaglia di grosso.

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Park Lane è il punto di ritrovo di rumeni, e bulgari

Negli ultimi anni, infatti, Londra è stata invasa, da un numero sempre più grandi di immigrati dall’Europa meridionale soprattutto proveniente dalle nazioni più colpite dalla crisi dell’eurozona. Li chiamano “P.I.G.S.” per indicare i paesi da cui provengono cioè Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, ma pigs in inglese significa “maiali” e certo a pensare che suoni come un insulto non si fa tanta fatica. Complici poi la crisi economica che non ha risparmiato l’Inghilterra e la disoccupazione, la tolleranza degli inglesi verso gli immigrati è ai minimi storici.

Noi però ai Londoners siamo ancora simpatici, per via del nostro carattere solare, della nostra esuberanza e della battuta sempre pronta. Siamo il popolo degli spaghetti e della pasta, del bel tempo e dei monumenti e della moda; ma non mancano prese in giro meno bonarie. Agli occhi degli inglesi, infatti, per via dei soliti luoghi comuni, mafia, politica e disorganizzazione, sembriamo poco onesti e ancor meno efficienti.

Ma loro, invece, come sono in realtà? Il londinese di Londra, ormai raro come “il romano de Roma”, è come siamo abituati ad immaginarcelo? L’eleganza di James Bond, la classe e l’aplomb così british, esistono davvero, o questi se la cantano e se la suonano, ma poi alla fine, sono come noi, se non peggio?

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Vediamo; il londinese, non è simpatico, non è per definizione galante, ed anche un po’ spilorcio. Non ti apre la portiera della macchina e difficilmente ti offre la cena, perché “la parità l’hai voluta e ora ben ti sta”, non sono romantici, né affettuosi. Ragion per cui, molte inglesi sarebbero pronte a dar via la nonna e la casa per sposarsi con un italiano. 1 a zero per noi.

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I londinesi bevono, bevono ad ogni ora, nei pub, a casa, in pausa, alle feste, nei ristoranti…insomma, dovunque. Donne e uomini, le prime soprattutto, arrivano alla soglia del coma etilico, perdendo ogni forma di dignità e di amor proprio col mascara che cola, i capelli arruffati e la camminata a zig zag. Gli uomini o fanno a botte nei pub, ubriachi persi, o parlano di calcio e fanno a botte per la squadra, o litigano e fanno a botte per le offese, o fanno a botte e basta.

Eccezione fatta per qualche londinese di buon gusto e con il portafoglio gonfio, vestono male. La maggior parte si mette quello che trova sulla sedia accanto al letto, non indossano calze, portano i sandali anche a meno dieci incuranti dell’ipotermia, la giacca di jeans è un must pure a gennaio, le ragazze non si pettinano dal 2001 ma hanno sempre le ciglia finte pure alle 8 del mattino (non so come facciano a metterle perché anche io le ho comprate e quelle due volte che avevo deciso di metterle, ho incominciato alle 7 per uscire alle 9, ndr) e non spiccano certo per gusto estetico. Ecco perché, nel bene o nel male, un italiano che vive a Londra lo riconosci a 500 metri di distanza, o per il profumo o per i vestiti. E vinciamo anche su questo fronte.

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L’organizzazione; bene. Gli inglesi sono organizzatissimi, i trasporti funzionano, tutto nel complesso va alla grande. Certo è che i treni ritardano anche lì, qualche bus salta le fermate, la metro si blocca, ci sono ritardi, deviazioni, ecc… Insomma, cose normali in una città gigantesca che non fanno di certo Londra una città inefficiente, sicuramente, ma non siamo a Ginevra. Non ci si può lamentare su questo fronte, come su quello della sicurezza.Screen-Shot-2012-11-27-at-18_05_31-220x150Telecamere ovunque, persino nei locali e nei ristoranti, per strada e sui mezzi pubblici; la tessera della metro ha un chip che ti consente di ripercorrere il percorso fatto. Si sa dove sei salito e dove sei sceso e quanto ci abbia impiegato, cose che possono sembrare un po’ inquietanti, ma alla fine, lo fanno per la tua incolumità. Dicono. In periferia, il discorso cambia; sono ovviamente meno sicure e meno controllate come da noi, però, in fin dei conti, dati alla mano, ed occhi aperti, a Londra l’orologio di marca lo puoi indossare e, visti gli standard a cui li hanno abituati gli arabi che vivono lì, il tuo Rolex sarà come uno Swatch per lo scippatore.

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Quintessential_LondonGli inglesi sono antipatici; non spiccano certo per simpatica e cordialità, ma negli  ultimi tempi, si sono dovuti adeguare. L’istinto di conservazione ha fatto germogliare il gene dell’affabilità e anche se non raggiungeranno mai i nostri standard, che comunque ci invidiano, apprezziamo lo sforzo ed il fatto che quando chiedi un’indicazione, se parli inglese, te la danno, altrimenti, ti ignorano. Ma su questo non posso dar loro torto, perché, lo sappiamo, gli italiani l’inglese non lo parlano e non si sforzano di impararlo. L’italiano a Londra vuole l’integrazione facile e pronta, vorrebbe essere capito senza doversi mettere a studiare la lingua universale il “general English”, una pretesa che mi sembra francamente eccessiva.

Insomma, miti e leggende, luoghi comuni o realtà, questi inglesi alla fine non sono così tolleranti come crediamo ma neanche così perfetti come millantano e il modello della precisione British un pochino si è incrinato. Tutto fumo di Londra e niente roastbeef? Forse si, ma, si sa, ogni mondo è paese ed il nostro, che a loro piaccia o no, è il più bello del mondo.

 

 

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2 pensieri su “Welcome Pigs, maiali

  1. TARAS

    Chi sa se si ricordano che quando un V2 scoppio in un quartiere di Londra, venne alla luce una stele con l’aquila romana e la scritta “LONDINIUM X LEGIO”
    Ciao

    Replica

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