di Carlotta D’Amato
Non chiamatele casalinghe disperate, ma “lucky ladies”, ovvero donne fortunate, protagoniste della versione italiana del documentario reality lanciato da Fox Life.
Dopo il Boss delle Cerimonie, il regno del “cafonal” a detta di molti, si allarga e arriva fino a Posillipo. Nel reality, verranno narrate le vicende umane, professionali e familiari di cinque signore della borghesia napoletana tra impegni mondani, feste, intere giornate dedicate allo shopping, pranzi al circolo e yacht.
La prima puntata, commentata dalla voce narrante di una di loro, Alessandra Rubinacci, è stata presa di mira sui social network e non si sono risparmiate battute al vetriolo. Piccoli esempi: il trionfo del trash, della ricchezza ostentata e sfacciata tra make up eccessivi, abiti animalier e colori sgargianti poco donanti. Ed ancora: cattivo gusto, ultra-cafonal, sfregio alla povertà. Queste sono state le critiche più “delicate” fatte alla trasmissione che ha, in ogni caso, avuto un impatto violento sui telenapoletani spettatori che, anche se indignati, si sono bevuti lo show fino all’ultima goccia.
Le donne protagoniste ex modelle, campionesse dello sport e mogli (o ex) di uomini facoltosi sciorinano la loro quotidianità senza filtri (o quasi) barcamenandosi tra eccessi e frasi ad effetto come “ amare il lusso si, ma anche andare in profondità e guardare con la giusta distanza i problemi della vita”, che a questo punto, mi chiedo per loro quali siano e soprattutto quanta distanza mettano tra loro e le questioni importanti della vita.
Certo è che i ricchi esistono; pochi, meno, rispetto al passato ma sempre più ricchi e sempre più eccessivi; e questo, a quanto pare, non si perdona alle donne fortunate. Non l’agiatezza in sé, ma il modo con cui ti sbattono in faccia le loro vite glitterate, insulto non solo al buon gusto, ma persino alla vera ricchezza oramai non più di questo mondo, talmente di classe e glamour, da suscitare ammirazione e non certo invidia.
Ma le signore dell’upper class napoletana nemmeno questo suscitano, perché dinanzi all’abito da migliaia di euro e alla casa vista golfo, quello che emerge è una realtà che non piace soprattutto ai napoletani che da queste signore prendono le distanze. Perché quello che spicca è sempre quel lato estremo di noi napoletani, quella caratterizzazione così spiccata che si riduce e ci riduce a ruolo di macchiette, e facendo dimenticare a chi guarda che non siamo solo i protagonisti di Gomorra, re del matrimonio trash o donne botox e Chanel, ma siamo stati e siamo ancora persone di spessore.
“Toglietemi tutto, ma non il superfluo” è il motto delle very lucky ladies, ma a noi non toglieteci la signorilità che ci hanno sempre riconosciuto, quella signorilità del corpo e quell’eleganza dello spirito che qui non c’è, che non abbiamo visto nella prima puntata e non speriamo di vedere nemmeno nelle successive. Il commento più azzeccato è di un utente di Twitter “ Le chiamano Lucky Ladies, a Napoli pernacchie scimanfù”. Date una medaglia a quest’uomo. That’s all.
Chi sono le Lucky Ladies? Vanity Fair le ha presentate così:
La vulcanica Gabrielle Deleuze, 48 anni, due figlie, poliglotta, ex modella e ora manager nel settore moda.
L’adrenalinica Annalaura di Luggo, 42 anni, due figli, campionessa di sci nautico e oggi manager nello stesso settore.
La determinata Francesca Frendo, 45 anni, due figli, affermato architetto, amante dello shopping e dell’arte.
La coraggiosa Flora Nappi, 35 anni, due figlie, avvocato, specialista in diritto di famiglia, campionessa di vela e appassionata di sport estremi.
La romantica Carla Travierso, 39 anni, ex modella, art dealer con una grande passione per gli animali e l’equitazione;
La voce narrante Alessandra Rubinacci, 45 anni, titolare dell’omonima maison di moda, una passione sfrenata per i tatuaggi, il ballo e il canto.