di Gianpaolo Santoro
Il consiglio più utile della sua travolgente vita glielo diede Rudi Crespi: in ufficio, in macchina, in viaggio devi avere sempre due camicie: un’ avventura, una macchia, un bottone che salta all’ultimo, bisogna sempre essere pronti al cambio veloce. E lui, Mario D’Urso, mai lo si è visto con una camicia sgualcita, fuori posto, palesemente usata. Impeccabile.
Mario D’Urso se n’è andato a 75 anni. Con classe: come tutta la sua vita. Se n’è andato sicuramente il più internazionale degli italiani, il più internazionale dei napoletani, un ultimo pezzo di una Napoli che non c’è più. I figli del sole col passaporto del mondo. Vantava un record assoluto: tre capodanni nella stessa notte: Manila, Honolulu, Los Angeles. La rappresentazione della voglia di vivere.
Bello, alto, simpatico, sicuro di se, uno sorriso accattivante stampato in faccia. Piaceva, piaceva molto, affascinava tutti. “Ero il più bel pupo di Napoli”, amava ripetere con nonchalance ed orgoglio. Carisma e cazzimma, le porte per lui erano sempre aperte.
Figlio di Alessandro e Clotilde Serra di Cassano, pagine di storia da questa e dall’altra parte dell’oceano. Fra i suoi antenati, due martiri della rivoluzione del 1799, Gennaro Serra e Domenico Cirillo. Nonni e bisnonni si chiamano Cottrau, Teodoro scriveva canzoni (“Santa Lucia”) mentre Alfredo, progettava ponti: il primo il ponte Sullo Stretto, portava la sua firma. Aveva anche un treno privato, che ogni tanto prestava a re e regine. Un altro bisnonno della mamma Clotilde, George Clymer, di Philadelphia, era stato tra i firmatari della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, il 4 luglio del 1776. Amico personale di George Washington, Clymer spese un patrimonio per sostenere la sua azione politica. E ancora oggi qualche secolo dopo a Philadelpia era riconosciuto l’impegno della sua famiglia, D’Urso aveva una tessera per tram e musei, ma si sa come sono gli americani.Petrolio e carbone i Clymer pur fra alti e bassi erano comunque una famiglia fra le più ricche d’America. E siccome la nobiltà napoletana spesso si ritrovava senza una lira, era abitudine sposarsi qualche ricca ereditiera “per restaurare palazzi di famiglia…” E così fece suo nonno, il marchese Serra di Cassano. Dollari freschi e sangue a stelle e strisce.Mario D’Urso ha sempre avuto il pallino della politica. Ma non l’ambizione della politica. A diciassette anni era il leader del movimento federalista, il suo capo era nientedimeno che Altiero Spinelli, l’uomo della Europa unita.
Ma era troppo avanti, tentò di forzare le frontiere di Francia e Germania con pullman di giovani, per protesta contro le formalità doganali. Erano gli anni cinquanta, impensabile. Toppo rivoluzionario. Con Lamberto Dini , per un anno era stato sottosegretario al Commercio estero, poi nel 1996 divenne senatore:ma Palazzo Madama gli stava troppo stretto.
Laureato in Giurisprudenza con un master negli Stati Uniti, divenne giovanissimo (non aveva neppure 30 anni) uno dei componenti del consiglio d’amministrazione della Lehman Brothers (e lo fu sino al 1995), una delle principali banche d’investimento statunitensi: si, proprio la banca madre delle grandi crisi fallita nel 2008 nel celeberrimo crac di Wall Street.
Affari e dolce vita, non sempre in questo ordine. Giorgio Falck, Gianni Agnelli,Mario D’Urso, attento ai quei tre. Il suo segreto? Trattare le regine come segretarie e segretarie come regine. Un’antica usanza dei gentiluomini del Sud. E amico speciale di donne ingombranti, difficili, complicate. Con Jackie Kennedy andava a correre la mattina presto a Central Park, di nascosto da tutti.
Lei si imbacuccava come una vecchia strega, un paio di occhiali scuri e faceva jogging in mezzo alla gente. Amava non essere riconosciuta. Con Imelda Marcos, passava ore ed ore ad insegnarle il napoletano. Si era messa in testa che voleva impararlo, ma per davvero, non solo due parole qua e là. Ed allora full immersion senza fine. Lei, per sdebitarsi ogni tanto gli consigliava qualche affaruccio non male. Si sa come vanno queste cose. Una volta poi gli dette un consiglio d’oro: “chiudi la casa di Theran”. Sapeva che stava per arrivare la tempesta di guerra, di cui poi gli americani si pentirono amaramente. Con Marella e Susy Agnelli era uno di famiglia, con Marina Ripa di Meana era compagno di merende e di bagordi.
E poi principesse e regine. Frequentava le maggiori case reali del mondo, ospitava principi e regnanti. Speciale era il rapporto poi con Margaret d’Inghilterra, donna capricciosa ma rigorosa, sorella della regina madre Elisabetta. Ogni volta che veniva in Italia Mario D’urso era “precettato”, doveva accompagnarla e farle conoscere gente. Margaret aveva un diario sul quale amava annotare tutto.
Per le Olimpiadi di Roma a casa sua c’era la regina Giuliana d’Olanda: per lei nessuna attenzione particolare, si rifaceva il letto, si lavava gli effetti personali. Giuliana d’Olanda poi era un tipino speciale: ai grandi pranzi ufficiali si divertiva a fare palle di mollica di pane ed a tirarle addosso a questo e quello per vedere chi aveva l’”ardire” di rispondere. Mario D’Urso, non ci pensò due volte e la beccò giusto sul naso… Trattare le segretarie come regine e le regine come segretarie, ricordate?