di Alessio Buccafusca
Phang Nga – Il mare è una tavola e il barchino guizza via veloce, come un aliscafo, e ti chiedi quando si fermerà, perché senti che si fermerà. Al motore manca il pezzo di sopra, è senza copertura, e mette a nudo tutta la sua vecchiaia. E il rumore è quello classico delle cianfrusaglie, un tintinnare che non promette niente di buono. Il mio marinaio ha la classica faccia da marinaio, il volto segnato dal sole e dalla fatica, le rughe che si inseguono e si perdono. Si chiama Atid (ma l’ho subito ribattezzato At) e mai nome mi sembrò più appropriato, visto che da queste parti vuol dire Sole
Atid è uno che si sbatte come un dannato, ha una guida aggressiva, sta in piedi come un gondoliere, e si butta una volta a destra, l’altra sinistra cercando chissà cosa. Ad un tratto At si mette a saltare, felice come un bambino. “Krut, krut, krut…” e continua a saltare indicando il cielo.
Quasi sopra di noi volteggiava un grande uccello, le ali grandi, enormi, sembrava d’oro per i riflessi del sole. Un’aquila reale, krut, appunto, in thailandese. “Lei è un uomo fortunato – mi ha detto con grande eccitazione At- è da più di un anno che non si vedeva l’aquila reale da queste parti… E c’era grande timore, grande appresnione. Perchè se non si fa vedere vuol dire che le cose non vanno bene. Ed oggi, invece, vola proprio sulla nostra testa, come se volesse fare un pezzo di strada insieme a noi. E’ come se ci stesse scortando.L’aquila reale un animale importante nella nostra storia e per tutta la nostra grande millenaria cultura thailandese”.
Già, sono un uomo fortunato… E penso che è vero. Ancora mi batte il cuore stando da queste parti, proprio come trenta anni fa, quando per la prima volta andai alla scoperta del tempio delle scimmie e l’isola, che qui chiamano, di James Bond, l’agente segreto che sfida il tempo.
Io e Marcello (Fontana, il compagno di merende di sempre, quello che mi aiutò ad organizzare anche Miss Patong) lasciammo l’Hotel Pearl con l’animo di Indiana Jones, andavamo alla ricerca di emozioni perdute.
E poi, trenta anni fa, questi luoghi erano davvero selvaggi, al di fuori di qualsiasi circuito turistico, non ci veniva anima viva. Cinquanta chilometri in moto (entrambi con un Honda 500), capelli, molti, al vento, niente casco, figuriamoci.
Comunque dopo poco più di un’ora e arrivammo al “Wat tamsuwanakuha “, ma se dite più semplicemente “Wat Tham” è lo stesso, in quel paradiso terrestre che è la regione di Phang Nga, che se oggi sembra selvaggia ed incontaminata, non potete immaginare neanche che cosa fosse negli anni ottanta, terra incredibilmente vergine, dalla meraviglia della grande, splendida baia alle isole Surin e Similan, alla stupefacente spiaggia sabbiosa di Khao Lak.
E poi, isolotti, grotte sommerse, come quella del Diavolo, magica e maledetta, dove numerosi pescatori hanno perso la vita, e poi ancora formazioni rocciose che si ergono in verticale dal mare che ti ricordano subito i nostri Faraglioni o il fungo di Lacco Ameno.
“Wat Tham” il grande tempio era qualcosa di surreale. Una enorme caverna, immensa, regno dei pipistrelli, più di diecimila, che per fortuna di mattina dormono. Almeno così dicono. Ma come fai a fidarti? Di certo ad ogni passo, ti sembra di sentire un sibilo, suoni acuti e penetranti, insomma uno stridere che lascia inquieto e che ti mette ansia, e non vedi l’ora di uscire di tornare indietro, di riconquistare la luce del sole.
Comunque anche con quell’ansia addosso, “Wat Tham” ti rapisce e ti conquista, con le sue statue dorate, l’immenso grande Budda adagiato su un fianco che sembra parlarti, confidarsi, sussurrarti qualcosa, le due statue gemelle, maestose ed imperiose, i raggi di luce che fendono il buio ed illuminano all’improvviso la grotta regalando squarci suggestivi e mistici.
Ed è proprio rincorrendo la scia luminosa del sole che ritorno all’aria aperta e lo spettacolo è subito strabiliante: é come stare nel pianeta delle scimmie, centinaia e centinaia di scimmie, per niente diffidenti, che ti girano intorno e che puoi conquistare con una banana. O almeno pensi di poter conquistare…
Sarà stata l’ansia, il terrore dei pipistrelli, fatto sta che una volta fuori da quel mistico, fascinoso ma terrorizzante tempio, abbassai ogni guardia e mi feci ingenuamente circondare da un pugno di scimmie.
La più ardita, mi saltò addosso e chissà incuriosita da cosa, tentò di strapparmi, con grande foga, la macchina fotografica: e non aveva paura di niente, avevo voglia di muovermi, di sbracciare, sembrava davvero non avere nessuna intenzione di lasciare la “preda”.
Dovetti mollarle una sberla, ed anche forte, per scrollarmela di dosso. E lei dispettosa saltando giù mi morse una gamba. Ed io per reazione le affibbiai un calcione. Se ci penso, ancora mi viene da ridere. Fu davvero una scena esilarante, il mio amico Marcello rideva, è l’immagine giusta, proprio come una scimmia. Io non sapevo se sorridere o piangere, sarà pericoloso il morso di una scimmia, mi chiedevo dentro di me? Gridai. “Ma cerca di far qualcosa, invece di sbellicarti dalle risate, trova un disinfettante…” e nel dirlo mi resi conto che era una richiesta paradossale. Là oltre a noi due, le scimmie ed i pipistrelli, non c’era nessun altro…
Ma mi sbagliavo. Dal buio del tempio, quasi come una visione sbucò fuori, dal nulla, un monaco buddista. Magro, molto magro, il viso rassicurante, la folta barba bianca, gli occhi avidi di novità. Uno sguardo, comunque, dolce, intenso. Mi sorrise, le mani congiunte, la pelle bruciata dal sole, mi spalmò sulla gamba una pomata (era su unan grande foglia) che sapeva di miracoloso, pochi attimi, un lieve massaggio, prima di sparire di nuovo nel buio…
Sarà stato vero, sarà tutto stato frutto della mia immaginazione, una colossale suggestione? Era tutto vero, sulla gamba avevo questo unguento di non so cosa, oleoso ma rinfrescante, incolore ma persistente… Il segno del morso scomparse quasi all’improvviso, nessun dolore.
Tornando 35 anni dopo nella baia di Phang Nga, mi è rimbalzata in mente tutto, la solenne aquila reale, quella scimmia dispettosa e, soprattutto, la figura silenziosa, mistica di quel monaco venuto fuori dal nulla. Ora voglio rivivere quei luoghi… Come saranno diventati? Ma questa è un’altra storia
(4.continua)
Alessio con la sua penna ti fa vedere posti e snsazioni mai visti e provate. Anche se conosco personalmente quei posti, leggendo queste poche righe, hanno suscitato in me forti emozioni; mi hanno portato in quei luoghi che tanto ho amato, e che, ancora amo. Grazie Alessio.
Bravo alessio mi hai fatto sognare. Grazieeeeee
bellissimo articolo le immagini di Alessio Buccafusca ci fanno sognare ci ha portato con lui con le sue parole se chiudo gli occhi sembra di essere davvero in questo meraviglioso posto !!!!!
Grazie Alessio sei grandissimo quando scatti e scrivi mi piacciono tanto i tuoi articoli perché :veri ,unici,interessanti,divertenti,speciali proprio come te aspetto i prossimi per vivere attimi di emozioni!!!!
Bellissimo ci fa sognare ma quanto sei bravo Buccafusca!!!!